La «grave strumentalizzazione» del caso Bibbiano «ha bloccato il sistema di tutela». E ciò a causa di «una incontrollata comunicazione mediatica». Un allarme lanciato Giovanni Mengoli, religioso dehoniano, presidente del Consorzio gruppo CeIS e Coordinatore della rete tematica minori della Federazione italiana comunità terapeutiche, secondo cui l’interlocuzione tra comunità di accoglienza e servizi sociali sono diventate «difficili e formali».

E mentre «calano le richieste di ingresso dai servizi», afferma, cresce «il disagio degli stessi ragazzi in accoglienza, confusi e destabilizzati per il clima di sospetto che respirano». Ma a lanciare l’allarme è anche l’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, che venerdì si è riunita a Lecce per discutere di devianza e fragilità nei percorsi della giustizia minorile.

Un’occasione che è servita per smentire nuovamente «l’esistenza di un “sistema emiliano” fondato su una gestione di assoluto potere da parte dei servizi sociali in assenza di un approccio critico e valutativo degli altri operatori istituzionali», ma anche per condannare il modo in cui la notizia su Bibbiano è stata offerta all’opinione pubblica. Ovvero «senza alcun filtro, cautele, sufficienti e autorevoli spiegazioni dei percorsi investigativi e della peculiarità del caso», esponendo così il sistema della giustizia minorile e familiare «alle speculazioni e, in qualche ipotesi, anche a comportamenti rivendicativi di soggetti in malafede, catalizzando le istanze di pancia degli scontenti e amplificando l’inutile logica del sospetto su tutto e su tutti, anziché proporre quella saggia del dubbio e dell’attesa».

Comportamenti, affermano i giudici minorili, che hanno determinato «una devastante e generalizzata delegittimazione delle professioni di aiuto, di assistenza, di cura e protezione delle persone di minore età e della funzione del giudice delle relazioni», ribadendo «l’esigenza di salvaguardare con forza l’indispensabilità di un sistema di giustizia minorile e familiare».

Ma la delegittimazione ha riguardato anche il mondo dei servizi sociali. Che al di là delle eventuali «mele marce», sulle quali, come ha evidenziato il presidente del tribunale dei minori di Bologna, Giuseppe Spadaro, «sarà la procura ordinaria a fare chiarezza», rimane un presidio fondamentale per la gestione delle criticità. «Dopo il caso Bibbiano - spiega Mengoli al Dubbio - gli assistenti sociali non decidono più nulla. Le comunità, di solito piene, ora sono quasi svuotate, nessuna interlocuzione sta andando in porto e gli unici accessi che abbiamo sono quelli dei minori che finiscono nelle maglie della giustizia, ovvero quelli con qualche misura cautelare e con la messa alla prova.

I servizi sociali hanno paura a prendere decisioni, si sentono sotto osservazione». Il tutto a svantaggio dei ragazzi, spiega Mengoli, ma anche delle famiglie. «Il disagio tra i giovani è innegabile - sottolinea - Vedremo tra un anno questo immobilismo che effetti avrà prodotto: basterà monitorare i servizi per le tossicodipendenze, il carcere minorile eccetera. Ho il timore che i problemi di abuso di sostanze aumenteranno, perché bisogna ricordare che quello è un sintomo di un malessere».

E ciò, sostiene, implica anche maggiori costi per la comunità. In linea generale, afferma, il sistema funziona e anche bene, ma può migliorare. «Uno dei problemi più seri spiega - è il fatto di lavorare sempre in emergenza. I minori arrivano in continuazione, quindi va aumentato il numero di persone che lavorano in questo settore e quando si fanno degli interventi su un nucleo familiare è importante lavorare anche con i genitori. Servono psicologi, non tanto per valutare, ma per rinforzare».

Un problema di priorità politiche, dunque, oltre che di procedure. Che necessiterebbero di interventi per «ammettere la possibilità del contraddittorio», come suggerito anche da Spadaro. Ma urgente è anche sottolineare «la strumentalizzazione mediatica e politica dell’informazione che, a partire dall’indagine su Bibbiano, sta creando un clima di sfiducia verso le istituzioni preposte alla tutela dei minori - sottolinea - Il pericolo è quello di colpevolizzare tutti i professionisti e i volontari, bloccarne le decisioni e abbandonare i minori a condizioni di violenza. Ricordo che le segnalazioni su presunti abusi, maltrattamenti o inadeguatezze genitoriali partono dalla scuola o da privati cittadini e, attraverso i servizi sociali, raggiungono il Tribunale dei minori che apre un fascicolo sul caso».