«Salvini è disperato. Ha bisogno di parlare di noi per fare notizia». Alla vigilia dell’attesissimo discorso che il premier Giuseppe Conte terrà oggi pomeriggio a Palazzo Madame, Luigi Di Maio convoca a Montecitorio i gruppi parlamentari M5S per fare il punto della situazione.

SOSTEGNO PER CONTE «Quello che vi chiedo di condividere oggi è prima di tutto la piena fiducia nel discorso che farà Giuseppe Conte», dice ai suoi il capo politico, ormai costretto a prendere atto della fine della maggioranza giallo- verde, travolta da una crisi nata in spiaggia «tra un mojito e l’altro». Così, passare dal governo del cambiamento al cambiamento di governo diventa una scelta persino per Di Maio, che aveva legato il proprio destino politico a quello del segretario del Carroccio.

Ma il dado è tratto, soprattutto dopo gli interventi pubblici a sostegno di un’intesa col Pd fatti da Beppe Grillo e Romano Prodi, padri nobili dei rispettivi campi politici, tornati per una attimo nella mischia a dirigere le manovre d’avvicinamento. Bisogna solo stabilire se alla fine prevarrà la mozione “Ursula”, caldeggiata dal professore, con dentro tutti tranne la Lega o il Lodo Bettini, teorizzatore di un governo politico M5S- sinistre.

Del resto, si difende Di Maio, la «colpa» della crisi è tutta di Salvini. «Molti leghisti mi hanno scritto non sapevamo nulla», dice, per placare le ire di molti parlamentari pentastellati, che di Carroccio non ne vogliono più sentir parlare. Come Federico D’Incà, questore della Camera, che non prova alcun «rimorso» per la conclusione del matrimonio con un partito che «ci voleva morti».

TUTTI TRANNE CHE LA LEGA Dunque, porte aperte a tutti adesso, ripetono molti grillini in assemblea, tranne che alla Lega. E pazienza se tra i tutti spicca il nome di Matteo Renzi, il nemico di sempre. «La legislatura durerà cinque anni», sottolinea D’Incà, sconfessando nei fatti lo stesso capo politico che poco prima aveva annunciato: «Mai un governo con Renzi, Boschi, Lotti».

Eppure nelle ore frenetiche della rottura con Salvini erano stati proprio i renziani a avvicinare i parlamentari del Movimento terrorizzati da un ritorno alle urne per rassicurarli sul possibile “ribaltone”. Di Maio, che fino all’ultimo sperava in un ripensamento leghista per non dover rinnegare la linea politica imposta al suo partito nell’ultimo anno e mezzo, questo lo sa bene e prova a salvare il salvabile, per non essere scavalcato dall’ala sinistra del Movimento, capitanata da Roberto Fico.

Se governo col Pd deve essere, che a trattare sia Nicola Zingaretti e non l’ex premier accusato fino a pochi giorni fa dal M5S delle peggiori nefandezze, è il ragionamento del vice premier. Ma i margini di manovra di questa pazza crisi agostana sono strettissimi anche per Di Maio, leader dimezzato nei sondaggi e nel consenso interno. Più d’un eletto grillino, infatti, adesso si aspetta un passo di lato del capo politico, ritenuto responsabile della disastrosa stagione giallo- verde.

DI MAIO INVOCA MATTARELLA «Ho visto che alcuni stanno già facendo proposte a mezzo stampa su aperture ad altre forze politiche. Secondo me è profondamente sbagliato», prova a dettare ancora la linea il vice premier. «Noi dobbiamo affidarci al presidente della Repubblica e al percorso istituzionale che vorrà delineare» .

E mentre il Colle osserva le mosse dei partiti, nei corridoi dei Palazzi romani impazza già il toto nomi sui futuri membri del governo. A partire dal presidente del Consiglio. Se l’ipotesi Conte- bis naufragasse, il nome di Roberto Fico resta il più quotato. La presidenza della Camera, a questo punto, passerebbe al Pd. E Dario Franceschini partirebbe dalla pole position. L’attuale premier potrebbe invece trasferirsi alla Farnesina, visti i rapporti internazionali già coltivati nell’ultimo anno a Palazzo Chigi.

A ballare però sarebbero anche le tre poltrone del capo politico M5S, attualmente vice premier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. I dem potrebbero chiedere lo scalpo di Di Maio come condizione per far nascere il nuovo esecutivo. Sempre che le litri tra Renzi e Zingaretti non facciano saltare tutto all’ultimo minuto.