«Certo non si potrà andare avanti con il canovaccio seguito finora. Credo che se davvero, come sembra, ci sarà una ricomposizione tra cinquestelle e Lega, il centrodestra moderato che noi di Forza Italia rappresentiamo dovrà fare un’opposizione senza sconti all’intero governo, non solo ai pentastellati. Altrimenti il nostro elettorato non ci segue. Certo non gli interessano le nostre beghe e i protagonismi interni: vuole sapere come ci posizioniamo e qual è la nostra offerta politica». Renato Schifani non è pessimista, così come non si era illuso prima che il capo leghista desse segni di ripensamento. Il punto è che da ex presidente del Senato, il parlamentare azzurro conosce meglio di molti altri colleghi i limiti delle procedure e i meccanismi della politica. Però, piuttosto che rassegnarsi, Schifani ipotizza un modo diverso di fare opposizione. «Anche perché», dice con spirito di maggiore fiducia in questo caso, «quanto avvenuto in questi giorni lascerà tracce profonde nel consenso della maggioranza gialloverde, che non potrà certo essere quello di prima».

Ma davvero crede che si possa riavvolgere il nastro della crisi come se nulla fosse accaduto?

Ho imparato che in politica tutto è possibile, anche riscrivere o cancellare una storia come se non si fosse mai realizzata. Sono venuti meno i valori, i principi, a cominciare da quello della coerenza, dell’affidabilità agli occhi degli elettori. Tutto è possibile.

D’accordo: ma si può azzerare tutto e ritrovare il consenso degli elettori lì dove lo si era lasciato?

Ecco, questo no. Il consenso, per l’alleanza M5S- Lega, si è molto indebolito. È fuori di discussione che qualcosa si sia rotto nel rapporto con gli elettori, e non solo in quello ovviamente. Se si realizzerà, la soluzione che a me pare profilarsi, la cosiddetta ricucitura, sarà peggiore del male, perché saranno sempre più profonde le tensioni quotidiane che già hanno paralizzato la governabilità del Paese. Che lo hanno del tutto bloccato, anzi.

Eppure, nel voto unitario del centrodestra sul calendario della crisi, lei aveva intravisto una possibile svolta.

I passaggi in aula sono cose serie. E quello in particolare era significativo. Ma dalle notizie che arrivano, rischia di essere velocemente cancellato da un rientro della Lega in un’alleanza rispetto alla quale la crisi non era stata ancora formalmente aperta. Poi, vede, il centrodestra è unito sul territorio a livello locale, ma ho il timore che i tempi non siano ancora maturi, purtroppo, perché lo sia anche a livello nazionale. E certo non per colpa di Forza Italia.

Ma alla fine secondo lei perché Salvini ha tentato di aprire la crisi? Come si spiega le sue mosse?

È molto semplice in realtà. Salvini, spiazzando tutti, contando sulla volontà di Zingaretti di andare al voto e sulla possibilità di una crisi lampo pre- elettorale, voleva tentare di tesaurizzare il consenso acquisito, fino ad accettare l’alleanza con noi di FI e con Fratelli d’Italia per mettere al sicuro il proprio successo. Non aveva considerato che le dinamiche della politica sono imprevedibili, e che le giravolte degli avversari, come quelle di Renzi, sono sempre dietro l’angolo.

Renzi è stata la variabile imprevista?

Le sue giravolte hanno prospettato a Salvini la concretezza di un nuovo governo tra Pd e cinque stelle, che dietro la finta preoccupazione per il salvinismo antidemocratico nascondevano una mera volontà di difesa dell’esistente e di occupazione del potere. È anche vero che il fatto di aver aperto la crisi proprio all’indomani di una fiducia ottenuta con 160 voti al Senato sulla Tav dà un po’ il senso di una scelta inopinata: considerato che il presidente del Consiglio si era già schierato per l’opera, quella mozione rispondeva semplicemente all’esigenza del Movimento 5 Stelle di piantare una bandiera davanti a chi, sul territorio, a quell’opera si oppone.

Il pallino del gioco è ancora nelle mani di Salvini?

Martedì Salvini potrà limitarsi a condividere le comunicazioni di Conte sull’attività di governo, anche perché parliamo di quello che è il suo governo. Potrà magari aggiungere delle critiche, tali però da non provocare una crisi formale dell’esecutivo. D’altronde la seduta di martedì è convocata per dichiarazioni del presidente del Consiglio, non per una mozione di sfiducia.

Ipotizziamo che tra qualche mese, invece, si torni sul serio dagli elettori: con Salvini leader del centrodestra come farebbe il centro moderato di FI a compensarne le spinte più radicali, per esempio sull’Europa?

Nel centrodestra la presenza di FI, di un centro moderato, è indispensabile per lanciare alcune tendenze anti- europee: noi siamo pilastri del Ppe ma critici nei confronti di questa Europa. Certo, Salvini è sì critico con l’Ue ma non fino a ipotizzare di uscirne: in ogni caso FI sarebbe un elemento di garanzia nella coalizione, anche perché Berlusconi potrebbe svolgere in Europa un ruolo decisivo proprio per la sua autorevolezza nel Ppe.

E come fate col reddito di cittadinanza, perdete voti proprio al Sud dove FI è più forte?

Non credo, eventuali revisioni del reddito di cittadinanza dovrebbero necessariamente accompagnarsi a forti politiche di investimento strutturale nel Mezzogiorno, che creino il presuposto per una crescita economica e quindi occupazionale. Parliamo, certo, di due filosofie diverse: il reddito ha un carattere assistenziale, la nostra invece è una visione economica e produttiva liberale.

Questo se tornate alleati. Se viceversa Salvini fa pace col M5S, se si ricuce tutto, FI continuerà a fare opposizione ai pentastellati ma non alla Lega?

Be’, se davvero questa cosiddetta crisi verrà superata, occorrerà aprire tra noi un dibattito sull’esigenza di una strategia che ci ponga all’opposizione senza se e senza ma nei confronti delle politiche di tutto il governo, e non solo di una loro parte. Sarà necessario perché altrimenti il popolo dei moderati, la base del centrodestra, non riesce a comprendere la nostra proposta. Certo non è interessato alle beghe e ai protagonismi interni: vuole sapere qual è il nostro posizionamento, la nostra offerta politica. E non credo che possiamo avere difficoltà a fare un’opposizione senza sconti, anche considerato che la Lega ha votato provvedimenti dei cinquestelle davvero inaccettabili. A cominciare dall’abolizione della prescrizione.