Se c’è una parte che riesce bene al segretario Nicola Zingaretti, è quella del ricucitore. La parola “unità” viene ripetuta come un mantra taumaturgico durante tutta la direzione pre- vacanziera del Pd, e convince anche il bizzoso Carlo Calenda, che ritira il suo ordine del giorno benedetto da 25mila firme raccolte online.

La relazione del segretario analizza la situazione del governo, definendo i suoi risultati «catastrofici», ma nello stesso tempo Zingaretti si è mostrato cosciente che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro e per questo ha nominato una delegazione ristretta, «per affrontare anche “ad horas” le situazioni che si potranno presentare, in caso di crisi di governo». Una squadra composta dallo stesso segretario, i vice Andrea Orlando e Paola De Micheli, il presidente Paolo Gentiloni, il tesoriere Luigi Zanda e i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio.

L’ALLEANZA COI 5S

Il nodo vero, però, è stato quello rimesso al centro del dibattito da Dario Franceschini: il rapporto con i 5 Stelle. Su questo lo stesso Calenda aveva incalzato la segreteria e Zingaretti non ha potuto sottrarsi al chiarimento della linea: «Un’alleanza con il Movimento non è nelle nostre intenzioni e non è mai stato il nostro obiettivo. Come ho sempre detto, Lega e M5s non sono un monolite, hanno aggregato forze sociali e approcci diversi, ma questa affermazione non è l’anticipazione di accordi di governo». Un chiarimento che però mostra chiare aperture alla linea franceschiniana di non chiudere aprioristicamente le porte all’attuale partito di maggioranza. La prospettiva è quella di parlare più all’elettorato 5 Stelle che alla sua dirigenza, perchè «Il M5s sta esplodendo sotto il peso della responsabilità di governo e anche per la nostra offerta politica - ha aggiunto il segretario - il loro elettorato non si somma più all’elettorato della Lega. Quindi, dobbiamo disarticolare il blocco gialloverde per un’alleanza nuova, di centrosinistra». Una spiegazione che ha avuto lo scopo di abbassare i toni della polemica, sulla quale è intervenuto di nuovo lo stesso Franceschini. «È sbagliato lasciare il M5s nelle braccia della Lega - ha confermato - Ma questo non vuol dire fare il governo con il M5s, sia chiaro, non l’ho mai detto nonostante qualcuno anche internamente l’abbia raccontata così». La sua tesi è quella di «disarticolare la maggioranza, infilandosi nei loro problemi e nelle loro divisioni», perchè «sono elettorati profondamente diversi». Infine, Zingaretti ha teso la mano proprio a Calenda ( che grazie a questa apertura ha ritirato il suo odg, senza metterlo ai voti): «Ho condiviso lo spirito e il contenuto programmatico del’Odg di Calenda. Lo spirito della nostra piattaforma è esattamente questo: mettere al centro temi chiari su cui aprire una battaglia politica che parli al Paese». Insomma, il Pd deve «battere un colpo, mettere in campo una proposta per il Paese costruendola non al Nazareno ma nell’incontro con l’Italia migliore».

«UN TUFFO NEL PAESE»

«Ho chiesto a tutti di partecipare a questo tuffo nel Paese, anche con idee diverse ma con pluralismo», ha spiegato Zingaretti, annunciando per settembre «la nuova App per il partito digitale, ognuno potrà avere il partito in tasca, un nuovo strumento di lotta politica». Insomma, l’agenda va definita in un processo popolare, incontrando l’Italia che produce e che so ffre, perchè «Dobbiamo uscire dalle secche di un dibattito fra di noi».

Zingaretti ha indicato come appuntamento fondamentale la discussione in Parlamento sulla mozione di sfiducia a Matteo Salvini: «Non so cosa accadrà nel voto di fiducia, ma voglio vedere come si comporterà chi ha ritenuto ovvio il dovere di riferire in Parlamento di fronte al rifiuto del ministro Salvini», ha concluso con riferimento ai 5 Stelle.

ASTENUTI I RENZIANI

La relazione è stata approvata con solo 24 astenuti, tutti di area renziana. Il fronte caldo, infatti, rimane quello siciliano con l’approvazione del commissariamento del partito nell’isola, dopo la destituzione del renziano Davide Faraone ( autosospeso dal partito) da segretario. Proprio questo passaggio e le polemiche che ne sono seguite ha incrinato la tesi unitaria di Zingaretti, che ha accolto la richiesta di Lorenzo Guerini di «recuperare a questa comunità» Faraone. Lo stesso Guerini ha di fatto portato il pensiero dei renziani: «Non credo a chi distingue tra Lega e 5 Stelle: c’è un’assonanza culturale di fondo sull’idea della democrazia tra i capi di quelle due forze. E non credo a chi pensa che vada definita una strategia del Pd immaginando elezioni immediate». Eppure, la sintesi di Zingaretti suona come un ammonimento proprio alla minoranza più focosa: «Sono d’accordo che i 5 stelle si stanno sfasciando, ma attenti che, mentre discutiamo che loro si sfasciano, gli facciamo il regalo che ci stiamo sfasciando noi discutendo di loro».