Tornata per le Europee che vai, 80 euro che trovi. O perdi, a seconda dei momenti storici. Ma il destino del bonus introdotto dal governo Renzi nel 2014 e il voto per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo sembra indissolubilmente legato. Se l’allora premier dem fu accusato di concedere mance elettorali per “comprarsi” il consenso, infatti, ora il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sembra intenzionato a “porre riparo” a quel peccato originale, mettendo in discussione gli 80 euro negli ultimi giorni di campagna elettorale.

Il sostegno fiscale per i lavoratori dipendenti con reddito lordo complessivo tra 8 mila e 24 mila euro, per il ministro del Tesoro è «una misura sbagliata». Un giudizio su cui nessuno dei due vice premier si sente di contraddire Tria, vuoi per non essere costretti a riconoscere qualche merito a Matteo Renzi, vuoi perché Lega e 5Stelle puntano a trovare le coperture necessarie a finanziare flat tax ( da un lato) e decreto famiglia (dall’altro).

«Nell’ambito di una riforma fiscale gli 80 euro vengono riassorbiti», dice l’inquilino di via XX settembre. «Tecnicamente è stata una decisione sbagliata, risultano come spese e non come un prelievo», insiste il titolare del Mef, ricordando il costo dell’operazione: Renzi aveva speso «10 miliardi poco prima delle precedenti elezioni europee», aggiunge Tria.

Ma le novità annunciate dal ministro non si fermano qui. C’è spazio, infatti, anche per una notizia che manda su tutte le furie il capo politico del Movimento 5 Stelle: per il decreto famiglia non ci sono le coperture. Perché il miliardo di euro su cui contano i grillini, ricavato da un risparmio sul reddito di cittadinanza, per Tria al momento è solo una supposizione.

«Non sappiamo cosa sia questo miliardo», dice il responsabile del Bilancio. «Se si spenderà meno di quanto preventivato si saprà a fine anno e non adesso. È inoltre chiaro che queste spese non possono essere portate all’anno successivo» , è la dichiarazione che fa imbufalire il ministro del Lavoro.

«L’Inps ci dice che avanzerà un miliardo entro quest’anno perché abbiamo lavorato bene sui controlli e abbiamo escluso un quarto delle persone che non ne avevano diritto», replica a distanza Di Maio. «Quei soldi li destineremo a pannolini, baby sitter, asili nido», spiega il vice premier 5S. In ogni caso, ribadisce il leader pentastellato, «il decreto famiglia è una priorità politica. Quando si decide dove destinare i soldi è la politica che decide non i tecnici, fermo restando che ho sempre apprezzato il ruolo da cane da guardia dei conti», dice Di Maio, relegando Tria nel ruolo di semplice contabile. Difficile, però, che il capo del Mef accetti la parte.