«Questa congiunzione astrale è tipo l’allineamento della cometa di Halley, hai capito? Cioè è difficile secondo me che si riverifichi così. E allora noi, Marcè, dobbiamo sfruttarla sta cosa… ci rimangono due anni». Per il magistrati di Roma si racchiude in questa frase il «manifesto programmatico» della collaborazione criminale tra il presidente del Consiglio comunale di Roma Capitale, Marcello De Vito, e l’avvocato Camillo Mezzacapo, suo intermediario. Il politico, ieri, è finito in carcere, con l’accusa di corruzione. Per lui il gip Maria Paola Tomaselli ha ritenuto sussistente il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio, dato il ruolo ricoperto in seno all’assemblea capitolina. Un ruolo che gli avrebbe consentito, in cambio di un profitto personale, di mettersi a disposizione dei privati, a partire da Luca Parnasi, uomo simbolo dell’inchiesta sulla costruzione del nuovo Stadio, che lo scorso anno aveva assestato un primo scossone alla tranquillità del Campidoglio, con l’arresto del tuttofare dei 5 Stelle Luca Lanzalone.

Sarebbero oltre 230mila euro i soldi effettivamente erogati da vari imprenditori e altri 160mila promessi. Tangenti consegnate sotto forma di consulenze a Mezzacapo, dirottate in buona parte sul conto della società Mdl srl, utilizzata come «cassaforte» per custodire i profitti raccolti dai due. In cambio, il politico avrebbe dovuto tentare di indirizzare il Consiglio ad approvare tutta una serie di delibere in grado di agevolare il progetto collegato allo Stadio della Roma e altri interventi urbanistici in città. Parnasi, tramite l’appoggio di Lanzalone prima e De Vito poi, mirava a raggiungere altri esponenti del Movimento 5 stelle, data la posizione di preminenza politica non solo a livello locale, ma anche e soprattutto nazionale. «Nessun coinvolgimento delle attività del governo a livello centrale», ha chiarito in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo. Ma quella frase «è rilevante perché ci permette di provare l’esigenza cautelare».

Le parole usate dal gip per De Vito sono durissime, addirittura più di quanto non lo siano quelle della stessa procura, che nei casi non direttamente conducibili a Parnasi contesta a De Vito il solo traffico di influenze. Per il giudice, infatti, la corruzione sarebbe più che evidente, essendo il suo ruolo «costantemente strumentale» per il raggiungimento «del massimo dei profitti». De Vito e Parnasi sono, dunque, due facce della stessa medaglia, tanto da dimostrare «una straordinaria coincidenza di obiettivi ed interessi». Sono stati mail, messaggi, intercettazioni e, soprattutto, le dichiarazioni collaborative di Parnasi a chiarire il sistema descritto dall’inchiesta “Congiuntura astrale”. Un sistema ampissimo di relazioni con il mondo politico tessute dall’imprenditore tramite «operazioni di finanziamento sia lecite che illecite, così da garantirsi in ogni ambito un trattamento di favore». Le indagini fotografano quello che il giudice definisce «il grave fenomeno corruttivo che si è realizzato ai vertici di Roma Capitale», un quadro «desolante», in cui il privato, cercando favori, trova un pubblico ufficiale pronto a soddisfare le richieste, ma anche alla ricerca, in prima persona di «conoscenze che possano essere interessate ai favori che lui è in grado di procurare». Una «totale mercificazione della funzione pubblica» portata avanti con una vera e propria attività promozionale, finalizzata a sfruttare la fortunata congiuntura politica.

In tale contesto, Mezzacapo è non solo l’intermediario di De Vito, ma anche il suo «procuratore», cercando in maniera continua e costante contatti utili ai quali offrire un «format» ormai collaudato. E le stesse modalità, infatti, vengono utilizzate anche con il gruppo imprenditoriale dei fratelli Pierluigi e Claudio Toti ( presidente della squadra di basket Virtus Roma) e quello di Giuseppe Statuto, indagati per traffico di influenze. Le tre vicende riguardano la realizzazione del nuovo stadio della Roma, il progetto di riqualificazione dei Mercati di Roma Ostiense e la realizzazione di un albergo presso la ex stazione di Roma Trastervere, questione che inevitabilmente coinvolgono l’amministrazione capitolina.

Compito di De Vito era quello di intervenire, a seconda delle necessità, per indirizzare gli atti del Consiglio e della giunta, rivolgendosi, talvolta, direttamente agli assessori o ai consiglieri secondo i bisogni del privato. Mezzacapo, dal canto suo, rappresenta l’elemento di raccordo: è tramite gli incarichi professionali conferiti a lui e alla cognata e collaboratrice Virginia Vecchiarelli - talvolta inutili e, comunque, più costosi del necessario che i privati versano le «tangenti», poi spostate attraverso un sistema di false fatturazioni sui conti della Mdl Srl, riconducibile a De Vito e Mezzacapo. Soldi che De Vito avrebbe voluto dividere subito, decidendo di attendere, su insistenza di Mezzacapo, a fine mandato. «Cioè la chiudiamo - risponde Mezzacapo a De Vito - distribuiamo, liquidi e sparisce tutta la proprietà... Non c'è più niente e allora però questo lo devi fà quando hai finito quella cosa». Una conversazione, secondo il gip, che chiarisce «in modo inequivocabile il patto scellerato che lega i due» e la riconducibilità dei soldi sul conto della società ad entrambi».

La realizzazione, nella zona della ex Fiera di Roma, di un campo di basket e di un polo per la musica richiedeva una delibera che consentisse di superare le limitazioni imposte dalla delibera Berdini, che limitavano la realizzazione a 44mila metri cubi. Ed è per questo che Parnasi avrebbe affidato, su richiesta di De Vito, «lucrosi incarichi» a Mezzacapo. Il politico, in cambio, aveva assicurato di interessare il capogruppo del M5s in Consiglio, Paolo Ferrara, «così da avere dalla loro parte la maggioranza consiliare», nonché l’assessore Daniele Frongia. A Mezzacapo e alla Vecchiarelli sono andati un incarico da 90mila euro per il perfezionamento di una transazione tra la Acea ed Ecogena e un ulteriore incarico professionale non formalizzato a Mezzacapo per la verifica della fattibilità di un accordo transattivo tra Parsitalia e Roma Capitale, del valore di 10 milioni di euro. Una transazione importante, in vista del progetto di trasferimento della sede Acea presso il Business Park del Nuovo Stadio della Roma. Di questo affare i tre ne parlano il 31 maggio 2018, quando De Vito e Mezzacapo chiedono conto di come entrare nell’affare. Parnasi fa riferimento al «solito schema che conosciamo». L’importante è ottenere «la copertura politica della città», utilizzando la legge sugli stadi, attraverso l’adozione di una specifica delibera da parte del Comune di Roma.

Ma gli stessi meccanismi sono stati utilizzati da De Vito anche con il gruppo Toti, in relazione al progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Roma Ostiense, di interesse della Lamaro Appalti, società del gruppo Toti. Progetto per il quale De Vito e Mezzacapo avrebbero ricevuto, in cambio di un intervento sull’iter amministrativo, 110mila euro, sotto forma di incarichi professionali allo studio legale di Mezzacapo. E anche con Giuseppe Statuto, che in cambio di un intervento per il rilascio del permesso di costruire, con cambio di destinazione d’uso ed ampliamento, di un edificio a Trastevere, avrebbe conferito allo studio di Mezzacapo due incarichi, uno da 24mila euro e uno da 20mila.