Il processo a Salvini si trasforma ogni giorno di più in un regolamento di conti interno al Movimento 5 Stelle. La divaricazione tra ortodossi e governisti non è mai stata così accentuata e a finire nel mirino dei secondi è nientepopodimeno che Nicola Morra, attivista della prima ora e presidente della commissione parlamentare Antimafia. Ritenuto vicino a Roberto Fico, Morra ha sempre goduto di una sorta di “immunità” che lo teneva al riparo da attacchi troppo violenti provenienti dall’ala “pragmatica” del partito. Almeno fino a qualche giorno fa, quando l’ex professore di filosofia esce allo scoperto sul caso Diciotti, con un’intervista poco equivocabile rilasciata al Fatto quotidiano. «È in gioco la nostra credibilità, e quindi la nostra identità», sono le parole del senatore ortodosso. «So che siamo profondamente cambiati rispetto alle origini, ma trai nostri valori c'è la convinzione che chi è nel Palazzo non possa godere di un trattamento differente».

Apriti cielo. Perché un conto è che certe cose le dica Alessandro Di Battista, indossando la consueta divisa del “poliziotto cattivo”, e un conto è che certe libertà se le conceda un fichiano. Per buona parte dei senatori pro salviniani, quello di Morra è un affronto inaccettabile, un pericolo incoraggiamento alla “diserzione” che potrebbe ingrossare le fila dei parlamentari ribelli. «Ognuno si prende le responsabilità delle cose che dice», replica stizzito Mario Giarrusso, capogruppo M5S nella Giunta per le Immunità del Senato e fino a poco tempo fa in lizza proprio per la guida dell’Antimafia. Morra preferisce non controbattere ancora per non finire risucchiato in una discussione da cui sarebbe difficile uscirne con le ossa tutte al loro posto. Ma il presidente della Camera, Roberto Fico, gli fa sentire la sua vicinanza ribadendo il concetto già espresso pochi giorni fa a Che tempo che fa, la trasmissione di Fabio Fazio: «Non entro nei termini di una Giunta per le autorizzazioni del Senato, che è un altro organo costituzionale. Se fosse capitato a me, avrei saputo cosa fare», insiste il leader ortodosso, dissociandosi dall’atteggiamento mostrato dai vertici pentastellati. Una boccata di ossigeno anche per la pattuglia di ribelli a Palazzo Madama - Elena Fattori, Matteo Mantero, Paola Nugnes, Virginia La Mura e Laura Bottici - i primi a esporsi pubblicamente a favore del rinvio a giudizio di Salvini. Il rischio, per i governisti, è che a loro possano aggiungersi altri nomi. «Non siamo pochi, anche più di 15», assicura Paola Nugnes. E 15 voti contro i grillini non possono permetterseli, visto che a quel punto il capo del Carroccio verrebbe salvato solo grazie ai voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Attualmente, infatti, al Senato il governo conta 165 parlamentari, quattro voti sopra la maggioranza di 161. Con le due espulsioni di capodanno, infatti, il Movimento può contare su 107 parlamentari, a cui vanno aggiunti i 58 della Lega. Il governo però può contare anche sul sostegno di altri quattro senatori “supplementari”: due del Maie e due del Misto, ovvero Carlo Martelli e Maurizio Buccarella, due ex pentastellati espulsi in campagna elettorale per lo scandalo delle finte rendicontazioni. Per Di Maio è una brutta grana da gestire, insieme ai mal di pancia di quanti non sopportano più l’atteggiamento di Salvini sulla Tav e sul Venezuela.

Il segretario della Lega osserva il tormento dell’alleato di governo senza muovere un dito. Anzi, la richiesta inviata dal Tribunale dei ministri al Senato è trasformata in un’occasione utile per ridimensionare il socio di maggioranza. «Sull’immigrazione gli italiani sanno come la penso, se devo essere processato perché ho azzerato gli sbarchi lo rifarò, non cambio il mio atteggiamento», dice in diretta Tv il ministro dell’Interno, ostentando serenità rispetto alla decisione che prenderà l’Aula.

E se buona parte dei senatori 5Stelle stanno dalla parte del Viminale, a solidarizzare col presidente della commissione Antimafia, paradossalmente, interviene il Pd. Morra «ha detto che Salvini va processato, perché un ministro non può essere considerato diverso da ogni altro cittadino di fronte alla legge, e per questo il Movimento 5 stelle ora sta processando lui», dice il dem Carmelo Miceli, componente della commissione Antimafia. «Sull’altare dell’alleanza di governo con Salvini, il Movimento 5 stelle di Di Maio sta rinnegando tutto ciò che ha ripetuto per anni, il passo da onestà a immunità parlamentare è stato brevissimo. E chi, come Morra, prova a ricordare ai suoi colleghi cosa dicevano in passato sulle autorizzazioni a procedere, viene attaccato come fosse un avversario politico», argomenta. «L’opportunismo della nuova casta a cinque stelle, ben salda sulle poltrone di governo ma a picco nei sondaggi, è vergognoso».

Forse Morra non sarà contento dell'aiuto "nemico", ma Matteo Salvini e la Lega si sfregano le mani.