Mentre la sinistra è smarrita tra congressi, fazioni e senso di impotenza Alba Parietti sembra l’unica con delle idee chiare in testa. Anzi, «ideologie», come le definisce lei stessa. Si dice orgogliosa della storia del «comunismo italiano», su cui nessuno dovrebbe operare mistificazioni, e si commuove davanti al pugno chiuso di Mimmo Lucano. E se qualcuno aspetta di capira cosa saranno questi benedetti “comitati civici” di Matteo Renzi, Parietti si accontenterebbe di un partitino, anche «scalcinato», in cui potersi riconoscere. E guarda con curiosità a Matteo Richetti.

Dunque davvero potrebbe sostenere Richetti al congresso del Pd perché «è figo», come ha detto pochi giorni fa?

Ma no, era una battuta pronunciata in un contesto in cui si scherzava, alla presenza dello stesso Richetti, tra l’altro. Ho detto una cosa per ridere, anche se sicuramente l’aspetto estetico di un politico è importante. E Richetti è in grado di offrire l’immagine di un partito giovane ma credibile, con una storia alle spalle.

Quindi, battute a parte, sosterrà Richetti?

Non lo so, non ho ancora valutato bene la situazione. So quello che non voglio.

E cosa non vuole?

Non voglio più gente che non somiglia per niente alla sinistra, gente confusa, senza una consapevolezza ideologica. Il pugno chiuso che ho visto alzare qualche giorno fa a Mimmo Lucano per me è un orgoglio. Quindi ha sofferto molto negli anni del renzismo?

Posso essere sincera?

Ci mancherebbe.

Sì, abbastanza. Non lo trovo per nulla rappresentativo della sinistra. Mi ritengo scippata dei valori fondanti della mia educazione, della mia famiglia. E noi non siamo antifasciti per sbaglio, ma da una vita. Essere figlia di un ex partigiano non è una cosa semplice, quel senso di giustizia e libertà lo senti dentro. Allora io rivendico il diritto di avere un partito in cui riconoscermi, che sia il più debole, il più scalcinato, il più umile, ma che rappresenti quell’universo di valori per il quale mio padre ha combattuto. Se appartengo a una ristrettissima minoranza, che rivendico, voglio comunque potermi riconoscere in qualcuno che mi rappresenti.

La storia politica di Richetti, da questo punto di vista, è molto più simile a quella di Renzi che a quella di suo padre...

Berlinguer non si presentava in eskimo, era il dirigente di un partito che poteva dialogare con chiunque. Bisogna mettersi la giacca e cravatta a un certo punto per poter rappresentare meglio i diritti dei più deboli. Richetti proviene da una storia filorenziana, mi auguro che il futuro sia diverso. Mi è piaciuto molto Maurizio Martina quando in piazza ha detto: “Abbiamo capito la lezione”.

Eppure Renzi continua ad avere un peso importante nel Pd...

Infatti non so se la lezione sia stata imparata proprio da tutti. Io non nulla di particolare contro Renzi, ma non si può continuare a non capire che hai un impatto non positivo sulla gente.

È dunque solo un problema di antipatia, come dice lo stesso ex segretario?

Chiunque personalizzi troppo diventa antipatico. Se ci tieni a un’idea non la devi personalizzare, perché va condivisa con tutti, con le fasce più deboli soprattutto. E poi devi mettere in conto che puoi stare sulle scatole alla gente.

La sua collega Lorella Cuccarini è rimasta folgorata sulla strada del sovranismo anche dopo aver letto un libro del neo presidente della Rai Marcello Foa. Se lo aspettava?

Che fortuna. Io queste fortune non le ho mai avute nella mia vita, non sono mai stata folgorata dal potere, neanche mezza volta in vita mia. L’unico Foa che ho conosciuto aveva l’accento sulla “a” finale, Arnoldo Foà, era un mito di mio padre. In ogni caso, io sono sempre stata folgorata dagli ultimi e dagli sfigati. Se c’è un carro con un vincitore sopra io non ci sarò di certo. Pensi che negli anni del renzismo ero considerata antirenziana. Non ho la stessa fortuna di Lorella, il potere mi spaventa.

Anche quello giallo- verde?

Non mi spaventano loro, ma la violenza e la rabbia di certi elettori. Ieri ho fatto un commento su Riace, parlando dell’umanità e della voglia di giustizia di Mimmo Lucano e mi sono sentita rispondere: “Ecco, ve la siete presi in quel posto, guardate quanto abbiamo preso a Trento”. Sembrava stessimo parlando di una partita di calcio, non di persone. È una tragedia. Ciò che mi fa paura non è Salvini in sé, è il Salvini che è in me, perché riesce a tradurre in termini popolari estremamente comprensibili un linguaggio che la sinistra non è più in grado di mettere in atto. Il problema è che la sinistra non ha capito nulla di ciò che stava succedendo nel Paese, così come i democratici negli Stati Uniti, dove l’ascesa di Trump è partita da una barzelletta.

E Lucano è in grado di parlare con parole semplici?

Lucano ha dimostrato che con l’umanità si può ottenere integrazione. Basta sentirlo parlare cinque minuti per capire di che pasta è fatto. Le leggi vanno rispettate, ma sono convinta della sua totale buona fede nell’infrangere delle leggi, se le ha infrante. Lucano ha commesso un reato d’umanità. E quando lo sento parlare torno a emozionarmi, a credere nella politica. Come quando sentivo don Gallo o ascolto don Ciotti. Anzi, più volte ho la sensazione di trovarmi davanti a un uomo di fede.

Ha detto di aver paura del Salvini che è in lei. Teme anche il Di Maio?

È uguale temo anche il Renzi che in me.

«NON NE POSSO PIÙ DI GENTE CONFUSA CHE NON SOMIGLIA PER NIENTE ALLA SINISTRA. IL PUGNO CHIUSO CHE HO VISTO ALZARE QUALCHE GIORNO FA A MIMMO LUCANO PER ME È UN ORGOGLIO»