L’avvocato in Costituzione? «È la giusta chiusura del cerchio». Parola del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che giovedì è intervenuto al Castello svevo di Trani al Congresso nazionale straordinario dell’Aiga, l’Associazione italiana giovani avvocati. Il ministro, che si è confrontato, rispondendo alle domande del giornalista Francesco Giorgino, con il presidente del Cnf Andrea Mascherin e il presidente dell’Aiga Alberto Vermiglio, non ha fatto promesse, non essendo il tema inserito nel contratto di governo, ma ha garantito il massimo impegno per poter arrivare al Congresso nazionale forense di Catania, ad ottobre, con una risposta positiva. «Sto cercando di capire qual è la volontà del governo - ha spiegato -, la mia opinione personale è che sia la giusta chiusura del cerchio di una Costituzione che con il diritto di difesa, all’articolo 24, e poi con magistratura, dagli articoli 101 in poi, dà alla giustizia un ruolo importante». Un tema introdotto nel corso della giornata da Mascherin, che ha evidenziato il peso in Costituzione della magistratura, «molto forte, autonoma e indipendente», non controbilanciato, però, da quello attribuito all’avvocatura, il cui ruolo nello Stato di diritto «va ricostruito», per ridare punti di riferimento ad una società che «vive di incertezza e l’incertezza crea paura». Complice una politica che non interpreta più le esigenze della collettività, in quanto «ha abdicato a ogni confronto di idee verso uno scontro di affermazioni spesso fondato sugli slogan, facendosi condizionare dal linguaggio d’odio» ; ma anche una magistratura che ha smesso di essere punto di riferimento, in un momento in cui l’avvocatura ha subito «provvedimenti legislativi che non sempre ne hanno favorito le sorti», ha spiegato il presidente della Corte d’appello di Bari, Francesco Cassano. Secondo cui ridare slacio all’avvocatura vuol dire ridarne anche alla tutela dei diritti. «Accanto a voi, in questo momento, non avete la magistratura - ha avidenziato -, presa da visioni corporative che perdono di vista il punto di vista della società. E questo rende il vostro compito ancora più complesso».

Bonafede ha affrontato il tema delle riforme, sulle quali Mascherin ha messo in guardia la poitica: non sono queste, che «rischiano di essere messaggi politici» alla ricerca del consenso, ha chiarito, a rendere più efficace la giustizia, ma gli investimenti per sopperire a un’edilizia giudiziaria al collasso, alla mancanza di cancellieri e di magistrati. Ma l’azione del nuovo governo, ha garantito Bonafede, è già rivoluzionaria: «il primo cambiamento - ha detto - lo vedo nel fatto che per la prima volta dopo tanto tempo ci si interessa alla giustizia» con argomenti che riguardano «davvero gli operatori del diritto. Il mio primo approccio è stato: basta parlare di giustizia come entità che le parti politiche tirano per la giacchetta da una parte e dall’altra, distraendo l’attenzione da quelli che sono i veri temi». Ed è rivoluzionaria a partire dallo stop al provvedimento sulle intercettazioni, che «rendeva impossibile non solo la vita» di chi le fa, «ma anche l’attività dell’avvocato che deve difendere il diritto alla difesa dell’indagato». Secondo il ministro, infatti, l’intento del governo precedente era quello di «proteggere i politici dalle intercettazioni», con la scusa «di tutelare la privacy». Ma di fronte all’obiezione di Giorgino, che ha evidenziato le gogne mediatiche di innocenti a causa delle intercettazioni, Bonafede ha replicato sicuro: «quando uno è ministro, deputato o senatore ha tanti onori, ma ha anche tanti oneri, compreso fare attenzione all’interlocutore di una telefonata». E sarebbe una rivoluzione anche il ddl Anticorruzione, «perché non c’è più margine di discrezionalità», attraverso l’introduzione di nuove sanzioni, come il daspo ai corrotti, e nuovi strumenti, come l’agente sotto copertura, «che darà la possibilità di smascherare meglio il patto tra corruttore e corrotto». In questo modo, «lo Stato dice da quale parte sta». Altro tema la prescrizione, sul quale, ha annunciato, si cercherà una sintesi tra le varie anime del governo. «In Italia la prescrizione è diventato uno strumento per deflazionare i processi ha concluso -. Non è più spiegabile a un cittadino che paga le tasse e si rivolge a un tribunale, che dopo aver fatto le indagini e un processo di primo grado e sono stati spesi un sacco di soldi dei cittadini, poi si arriva in appello e magari si dice alla persona offesa che il reato è caduto in prescrizione. Abbiamo il dovere di dare una risposta. Ho perfettamente chiaro il tema della durata ragionevole del processo, ma deve pesare sulle mie spalle e su quelle dello Stato», non su quelle del cittadino.