«Le Ong fanno un lavoro prezioso». A scandire queste parole non è un esponente di Leu o del Pd, ma un rappresentante del governo: Alfonso Bonafede. Il ministro della Giustizia abbandona il sentiero tracciato dal Viminale e dal collega di partito Danilo Toninelli, ti- tolare delle Infrastrutture, per valorizzare il Movimento dal volto umano. Dopo la tragedia a largo delle coste libiche, il Guardasigilli si dissocia dal cinismo ostentato da molti esponenti della maggioranza in questi giorni. «Quando vedo quelle immagini soffro dentro perchè vedere una donna e un bimbo in mare morti è una cosa atroce», dice, «ma non ci sono dubbi che l’Italia e il governo italiano tutelano i diritti umani come priorità». Bonafede scagiona l’esecutivo - abbandonato «dalla comunità internazionale» - da ogni responsabilità ma non se la sente di mettere la mano sul fuoco sull’operato della Guardia costiera libica, accusata da Proactiva Open Arms di aver lasciato morire in mare una donna e un bambino. «Ci fidiamo di ciò che possia- mo accertare», spiega il ministro della Giustizia grillino, per un giorno “arruolato” tra i seguaci di Roberto Fico. «Il concetto di fiducia è un concetto che a livello di rapporti diplomatici va applicato sui fatti. Rispetto alle Guardie costiere di tutti gli altri Paesi, l’Italia fa il suo dovere, cioè accertare che i diritti umani vengano rispettati». E Bonafede prende atto della versione rilasciata dalla marina militare libica, rispetto alle accuse lanciate dalla Ong spagnola, ma non si sbilancia.

Chi lo fa, invece, è Matteo Salvini, anche se ancora alla ricerca delle prove promesse che scagionerebbero i libici. Il ministro dell’Interno prosegue il suo braccio di ferro con le Ong e insinua più di un dubbio sul comportamento di Open Arms, la nave con a bordo Josephine, l’unica superstite del naufragio di due giorni fa, e i corpi della donna e del bimbo trovati senza vita in mare. «Nonostante la nostra disponibilità di porti siciliani, la nave Ong va in Spagna, con una donna ferita e due morti...», twitta il segretario della Lega, «non sarà che hanno qualcosa da nascondere?». La risposta dell’Organizzazione non governativa arriva a stretto giro: «Andiamo in Spagna perchè l’Italia non è un porto sicuro, né per noi, né per le persone che salviamo e che tu vuoi rimandare in Libia», scrive sui social Oscar Camps, il fondatore di Open Arms. «Ti manderemo una cartolina», aggiunge, ironizzando sulle parole di Salvini che solo pochi giorni prima aveva detto: le ong vedranno l’Italia «solo in cartolina». La nave dovrebbe approdare entro sabato a Palma di Maiorca. La decisione di allungare il viaggio «nasce dalla considerazione che l’ipotesi di approdare in un porto italiano - la possibilità di Catania è stata comunicata solo alle 23 di martedì - presenta comunque molteplici fattori critici: il primo è costituito dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno, che ha definito “bugie e insulti” la documentazione da noi offerta attraverso la pubblicazione delle tragiche immagini», spiega in una nota la Ong. Inoltre, «il reiterato annuncio di una sorta di contro inchiesta o contro versione rispetto alla probabile dinamica dei fatti, inducono preoccupazione rispetto alla tutela della donna sopravvissuta e della sua piena libertà di rendere testimonianza in condizioni di tranquillità e sicurezza». Sì, perché sulla ricostruzione di quanto accaduto non esiste ancora una versione ufficiale. Per i volontari spagnoli, tra cui figura il campione Nba Marc Gasol, la Guardia costiera libica avrebbe affondato il barcone nonostante a bordo ci fossero ancora due donne e un bimbo. Per militari, invece, fanno fede le immagini di una tv tedesca che avrebbe ripreso il salvataggio di tutti i profughi. A smentire questa seconda ricostruzione, però, ci pensa Erasmo Palazzotto, deputato di Leu a bordo di Astral, altra imbarcazione della Ong che segue da vicino le operazioni della nave Open Arms. «Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino», spiega il parlamentare. «Sono due interventi diversi, uno a 80 miglia davanti a Khoms e l’altro davanti a Tripoli. Maldestro tentativo di depistaggio».

E mentre proseguono le polemiche col governo italiano, bisogna aggiornare il “bollettino di guerra” del Mediterraneo: ieri almeno altri 16 morti e 30 dispersi nel naufragio di un barcone avvenuto a largo delle coste di Cipro e altri 40 migranti bloccati al largo della Tunisia, recuperati da una nave gassiera dopo cinque giorni di “navigazione” alla deriva.