Malati di potere, violenti e pacchiani. È l’identikit dei Casamonica, tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare notificata ieri a 31 indagati ( sei sono invece ricercati), nella quale viene contestata per la prima volta, per 14 persone, l’accusa di associazione mafiosa. Tra queste c’è anche il pugile e campione italiano Domenico Spada, detto Vulcano, la cui palestra è stata sequestrata ieri dai carabinieri del gruppo Frascati, diretti dal colonnello Stefano Cotugno. Un’operazione - denominata “Gramigna” - con la quale lo Stato, ha detto in conferenza stampa il procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino, ha affermato la propria presenza. «Su Roma non ci sono zone franche», ha dichiarato. Gravi i reati contestati: oltre all’associazione mafiosa c’è quella, in parte coincidente, di traffico e spaccio di stupefacenti, estorsione, usura, concessione illecita di finanziamenti ed altro, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. A guidare il clan Giuseppe Casamonica, uscito dal carcere dopo circa 10 anni di detenzione e dominus della zona Appia- Tuscolana, con base operativa in vicolo di Porta Furba.

A Roma tutti conoscono i Casamonica e li temono. Ma a squarciare il velo di omertà ci hanno pensato due collaboratori, «primo caso accreditato di testimoni di giustizia» nel clan, ha esultato Cutugno. Si tratta di Debora Cerreoni e Massimiliano Fazzari. Lei, ex compagna di Massimiliano Casamonica, alias Ciufalo, dal quale ha avuto tre figli, ha vissuto il clan fino alla fine del legame sentimentale, che ha portato al suo sequestro, assieme ai figli, da parte di alcuni familiari del marito, per ragioni “d’onore”. Ma la successiva fuga della donna ha fatto partire la collaborazione. Sono sue le dichiarazioni più pregnanti per gli inquirenti. «Lotto e lotterò per sempre per i miei bambini, ma vorrei garantire loro un futuro», si legge in un manoscritto consegnato nel 2015. Dei Casamonica parla come «belve prive di rispetto», dicendosi pronta a testimoniare, «anche se il mio rischio di vita si alzerà». Fazzari, invece, dopo aver estorto le vittime di usura per conto del clan, è diventato egli stesso una vittima, dopo un prestito non restituito al suo amico Ciufalo. Prima di allora era ritenuto un uomo affidabile, anche per via dei suoi legami con le ‘ ndrine calabresi. L’uomo è infatti figlio di Ciclamino Fazzari, considerato affiliato al clan Mancuso di Limbadi ( VV). E stava per affiliarsi ai Casamonica, “cerimonia” bloccata da Liliana, detta Stefania, proprio perché legato ai clan calabresi. Un rischio «tanto per l’autonomia genetica del clan Casamonica» quanto per il possibile coinvolgimento «in indagini collegate alle ‘ ndrine calabresi».

Arroccata nella parte sud- est di Roma, con base nel vicolo di Porta Furba, secondo l’accusa la famiglia terrorizza gli abitanti e li induce al- l’omertà, infiltrandosi nell’economia legale arraffando discoteche, ristoranti e centri estetici, intestati a terzi o a società di schermo. Un clan a base familiare che, nel tempo, si è trasformato da pericolosa banda ad associazione di tipo mafioso e diviso in nuclei, tutti legati tra loro ma ognuno col suo boss. «Non esiste un capo dei capi», spiega Cerreoni. Quello familiare è, però, un vincolo che lega tutti e tutti, se necessario, «sono a disposizione degli interessi della famiglia». Loro, dice Fazzari, sono tanti. E quando sono tanti e organizzati bene, «diventano potenti sia con i soldi che con i morti». Con i Casamonica nessuno va a fare la guerra, «perché lo sanno che vanno in perdita».

Si tratta di un sistema criminale organizzato, che controlla «con modalità mafiose» la propria zona, attraverso continue sopraffazioni e aggressioni. Una capacità di intimidazione manifestata pubblicamente con i funerali di Vittorio Casamonica, ma anche con l’uso smodato dei social, dove «con fare smargiasso», i membri del clan «ostentano le loro ricchezze» o si mostrano «sicuri di una sorta d’impunità» di fronte alla legge, tentando di fare pressione sui testimoni. È il caso di Fabio Casa- vecchia, considerato vicino al clan. «Sono fortemente intimorito per le domande che mi state facendo - dice agli inquirenti -, perché se queste dichiarazioni dovessero essere rese pubbliche io sarei un uomo morto. Quelli sono Casamonica e con quella gente non si scherza». Le vittime di usura - tra le quali anche l’ex dj radiofonico Marco Baldini, che a fronte di un prestito di 10mila euro ne ha restituiti 600mila - sono costrette a pagare per tutta la vita un interesse crescente mensile e vengono sottoposte anche a vessazioni psicologiche, con chiamate continue, nuove rate, minacce, oppressive richieste di appuntamenti e ordini di convocazione nella roccaforte di Porta Furba, ultimo atto prima delle botte. Un terrore immenso che impedisce di denunciare.

Tra i legami anche quello con la ‘ ndrangheta, strategicamente importante, spiega Cerreoni: «i Casamonica sono malati di potere, hanno la necessità di dimostrare che sono potenti e questo, dal loro punto di vista, si dimostra mediante i rapporti con altre organizzazioni criminali e mediante l’ostentazione di un lusso sfrenato». Il contatto è Domenico Strangio, appartenente all’omonima cosca di San Luca, legato soprattutto a Guerino Casamonica. È con lui che tratta per vendere la droga del clan. «Me la paghi a me a 43 - dice - se eri un altro, lo sai, pure a 45, 48».