«Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l’ordine di esecuzione. Noretta dolcissima, sono nelle mani di Dio e tue. Prega per me, ricordami soavemente. Carezza i piccoli dolcissimi, tutti. Che Iddio vi aiuti tutti. Un bacio di amore a tutti. Aldo» ***

«Sono nove mesi, quanti ne servono per una normale gestazione, che medito sull’opportunità, o forse sulla necessità di “abbandonare” la politica e la vita. Ho buttato la mia sensibilità in pasto ai cani. Ho cercato con tutte le forze che mi restano in corpo di riprendere quota: non ci sono riuscito, anche se confortato dall’affetto e dalla fiducia di compagni, “alcuni” compagni, vecchi e nuovi. Il parto non è stato indolore, ma la decisione è presa. Proclamo pubblicamente il mio fallimento come uomo politico e come rivoluzionario. Non voglio funerali di alcun genere, dal punto di morte all’obitorio. Gradirei tanto di essere cremato e che le mie ceneri venissero gettate in una pubblica latrina della città, dove piscia più gente. Addio.

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Sui quotidiani del giorno l’attenzione è tutta rivolta alla riunione della direzione democristiana, prevista in mattinata, e, in particolare, a quello che si presume possa dire Fanfani. «I riflettori sono puntati su piazza del Gesù» scrive l’articolista del «Corriere della Sera». I legali di Alberto Buonoconto, detenuto dei Nap con gravi problemi di salute, hanno presentato richiesta di libertà provvisoria per il loro assisti- to. Qualcuno dal ministero di Grazia e Giustizia ha sollecitato il presidente della corte di Appello di Napoli a prendere rapidamente in esame la questione. Di questa iniziativa, riconducibile alle pressioni della famiglia Moro sui socialisti, sul ministro della Giustizia, sul presidente Leone, e finora quasi sottaciuta, vengono presto a conoscenza Zaccagnini, Cossiga e Andreotti. Per loro si tratta ora di capire quali intenzioni reali abbia Fanfani, da sempre decisamente contrario alla maggioranza attuale. Fanfani, per parte sua, recatosi ad Arezzo in un giro elettorale, nonostante la cautela e l’involuzione discorsiva, si è schierato più apertamente «nel rispetto della Costituzione e delle leggi… in difesa della vita e della libertà di Aldo Moro». Il presidente del Senato si è ormai deciso a utilizzare l’incontro di oggi a piazza del Gesù per esprimere compiutamente il suo punto di vista. Facendo leva su una critica di inefficienza al ministro degli Interni, circoscriverà la sua proposta: provvedimento di grazia firmato da Leone. Ieri, in serata, Craxi e Fanfani si sono incontrati. Un asse politico sulla trattativa sembra adesso delinearsi e prendere consistenza.

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Fonogramma del procuratore capo Gaetano Martorana a Sua Eccellenza Giovanni Pizzillo: «Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda.

Verso le ore 0,30- 1 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura all’altezza del km. 30+ 180 della strada ferrata Trapani- Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore».

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Ma la situazione sembra comunque blindata. Zaccagnini è tornato dal giro elettorale più convinto che mai di avere scelto la strada giusta. Piccoli è al suo fianco. Galloni nega ogni possibilità di trattativa. Granelli e Cossiga ripetono che sarà fatto tutto il possibile per salvare Moro, ma «senza aprire la via a cedimenti». Anche «la Repubblica» titola su Fanfani e si interroga «sui riflessi che probabilmente ci saranno nella direzione democristiana» . Tuttavia – continua il quotidiano di Scalfari – «non pare che la sortita fanfaniana possa modificare gli equilibri attuali».

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Un venerdì sera di qualche giorno della primavera 1978. Alla radio, 98.800 Mhz, si sente la voce di Ombretta Colli, che canta: Facciamo finta che… / tutto va ben tutto va ben / facciamo finta che tutto va ben. E poi: «Con un po’ di ritardo, comunque arriviamo, arriva Onda pazza, la trasmissione schizofrenica di Radio AUT, di fantapolitica. Questa sera andiamo in edizione speciale, straordinaria». Si sentono dei colpi di pistola, delle urla di pellerossa. La voce di Radio AUT – è Peppino – riprende: «Eh sì, siamo nei paraggi del municipio di Mafiopoli. È riunita la Commissione edilizia. All’ordine del giorno l’approvazione del progetto Z11. Il grande capo, Tano Seduto, si aggira come uno sparviero nella piazza. La Commissione edilizia è riunita. Si aspetta il verdetto. Ci sono tutti, ci sono tutti. I due grandi capi, Tano Seduto e Geronimo Stefanini, sindaco di Mafiopoli. I membri della Commissione discutono, qualche piccola divergenza, ma si stanno mettendo d’accordo». Ancora colpi di pistola, ancora urla di pellerossa. E la voce continua: «Si è conclusa la riunione della Commissione edilizia di Mafiopoli. Il progetto Z- 11 è stato approvato. Lì dove volano i grandi uccelli d’acciaio, si faranno dei bungalow in cemento. I grandi capi delle grandi famiglie ringraziano». E riparte la canzone: Facciamo finta che… / tutto va ben tutto va ben / facciamo finta che tutto va ben.

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«L’Unità» riporta tutte le dichiarazioni di esponenti democristiani che si addensano attorno alla frase «la posizione della Dc rimane precisa e continua». Il quotidiano comunista dà risalto alle parole di Enrico Manca, esponente socialista, critico verso la segreteria di Craxi, e a quelle di Ugo La Malfa che ribadiscono l’esigenza di fermezza. Sempre in prima pagina è riportato un resoconto del dibattito parlamentare in Commissione Giustizia sulla legge dell’ordine pubblico, i cui lavori « vanno a rilento per l’ostruzionismo radicale e missino... che bel giorno sarebbe per gli eversori criminali quello in cui, perdurando il loro attacco allo Stato, si dovesse constatare anche la paralisi delle istituzioni ».

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Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963. Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico- culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino «L’Idea socialista» e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali ( cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1977 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti ( è lui “Tano Seduto”), che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto ( «dove volano i grandi uccelli d’acciaio» ). Il programma più seguito era ' Onda pazza', trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. ( Dal Centro Siciliano di Documentazione ' Giuseppe Impastato' – Onlus)

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Moretti e Gallinari riconsegnano a Moro i suoi vestiti e i suoi oggetti personali. Il presidente democristiano ha indossato finora una tuta da ginnastica. Nell’appartamento di via Montalcini sono presenti anche la Braghetti e Maccari. Durante i lunghi giorni del sequestro, Moro è dimagrito. Gli viene detto di prepararsi perché bisogna andare. Scendono nel box del garage. È buio. Qualcuno di loro controlla le scale perché non arrivi nessuno all’improvviso. Moro viene fatto sdraiare nel bagagliaio posteriore della Renault4. Si rannicchia, lo spazio è angusto. Si sparano nove colpi ravvicinati al cuore. La sentenza è stata eseguita. L’automobile inizia il suo percorso verso via Caetani.

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La mattina del 9 maggio carabinieri e agenti della Digos fecero irruzione nella casa della zia di Peppino, presso la stazione Cinisi- Terrasini, dove solitamente Peppino dimorava e pernottava. Portarono via sacchi di materiale, libri, appunti e altra roba. Di tutto questo non venne redatto, per quel che ne sappiamo, un dettagliato verbale né fu possibile prenderne visione, tanta era in quel mattino la confusione e il senso di smarrimento. Tra le cose sequestrate venne trovata la famosa “lettera” che sarebbe il presunto testamento, con il quale Peppino dichiarava di volere abbandonare «la politica e la vita». Chi dirigeva le indagini credette di toccare il cielo con un dito e si buttò su quella lettera, che avrebbe dovuto essere l’elemento probante del suicidio. ( da «I Siciliani» ). I carabinieri non fanno avvicinare nessuno e tengono a distanza gli amici di Impastato dal corpo dilaniato del loro compagno ucciso; fanno fatica perché i resti del corpo sono disseminati in un raggio di trecento metri. I compagni di Peppino vengono interrogati come complici dell’attentatore ( benché qualche mese prima abbiano redatto un’informativa in cui li considerano “incapaci di compiere atti terroristici”), vengono perquisite le loro case e non quelle dei mafiosi. Suicidio ha da essere. ( L’ 11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato riconosciuto colpevole dell’assassinio di Peppino e condannato all’ergastolo).

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Morucci è alla stazione Termini. La piazza è gremita, come sempre. È mezzogiorno. Tocca a lui telefonare per avvisare la famiglia su dove ritrovare il corpo. Moro aveva espresso il desiderio che la moglie fosse la prima a essere informata della sua morte. Morucci chiama uno dei contatti che ha già utilizzato per recapitare le lettere. È un assistente di Moro.

«Pronto? È il professor Franco Tritto?» «Chi parla?» «Brigate rosse».