Seduta in commissione Bilancio del Senato: è il 31 ottobre ed è già chiaro come alla fine della legislatura manchino ormai poche settimane. A Palazzo Madama si decide di stralciare le norme sull’equo compenso dalla Manovra. Sembra lo scivolone che manda all’aria un percorso costruito con pazienza da governo e avvocatura istituzionale. E invece le sollecitazioni che Cnf e gran parte del mondo forense subito rivolgono al Parlamento fanno da innesco.

Le tutele per le prestazioni professionali diventano una priorità su cui finalmente si concentra anche l’attenzione delle Camere: si assiste a un’accelerazione che ribalta in trenta giorni lo schema mercatista delle lenzuolate di dieci anni prima. Fino alle 13.30 di ieri, quando il tabellone di Montecitorio segnala la definitiva conversione in legge ( 237 favorevoli, 156 contrari e 3 astenuti) del decreto fiscale, al cui interno sono state messe al sicuro le misure sull’equo compenso. Da ieri, divenute legge dello Stato.

Arriva dunque il suggello a un percorso «esemplare» come lo definisce il presidente del Cnf Andrea Mascherin ( la cui dichiarazione riportiamo integralmente a pagina 3, ndr) : una prova che la politica sa recepire le istanze del Paese reale, a costo di deludere i cosiddetti poteri forti. Contro le tutele, estese a tutte le professioni, è intervenuta persino l’Antitrust.  L’authority lunedì scorso ancora tentava di porre un veto, con una segnalazione trasmessa ai presidenti delle Camere. E invece il via libera all’equo compenso, seguito al voto di fiducia di Montecitorio di ieri mattina, è la dimostrazione che il Parlamento ha bisogno di scendere nel concreto, di cogliere l’importanza delle misure nella pratica quotidiana. In una parola, di ascoltare.

IL SÌ COINVOLGE PURE L’OPPOSIZIONE

E poi c’è l’altro aspetto: l’unità che il diritto a un compenso dignitoso suscita. Unità tra le professioni, innanzitutto, che autoconvocatesi proprio ieri, come previsto da tempo, al Teatro Brancaccio, in una grande manifestazione unitaria intitolata “L’equo compenso è un diritto”. Ma la convergenza, spinta al massimo immaginabile considerato il quadro politico, c’è persino tra i partiti. Lo si coglie già dalle dichiarazioni di voto pronunciate, in vista della fiducia, dalle 8.30 nell’aula di Montecitorio. Vale per tutti l’esempio di un deputato cinquestelle, Walter Rizzetto che quando interviene non può fare a meno di riconoscere: «Possiamo dirci soddisfatti rispetto al cosiddetto equo compenso», nonostante di lì a poco il suo gruppo voterà contro, ovviamente, sia sulla fiducia ( 284 sì, 162 no, un astenuto) sia sul decreto fiscale. M un’approvazione di merito così trasversale ha pochi precedenti, in questa legislatura.

Non a caso, proprio all’evento organizzato nella Capitale arrivano esponenti di tutte le forze politiche. E stavolta i grillini non si chiamano fuori, seppure nel tentativo di segnare comunque una qualche distinzione: diversamente dai colleghi di gran parte delle altre forze, che intervengono sul palco di via Merulana, il candidato premier Luigi Di Maio si limita a un videomessaggio: invita a tenere d’occhio «i rischi» di «clausole capestro che grandi banche e pubblica amministrazione potranno includere». Un modo per lasciare un’ombra su un provvedimento pur sempre firmato da governo e maggioranza parlamentare. Ma neppure Di Maio può fare a meno di riconoscere che «il concetto di equo compenso è fondamentale per premiare le professionalità».

ORLANDO: UN SOLIDO PUNTO DI PARTENZA

Affermare il principio: è la priorità che si è posta fin dall’inizio il Cnf. È al mondo forense che le norme sull’equo compenso erano inzialmente rivolte. A metterle a punto è stato il tavolo tecnico istituito a via Arenula dal guardasigilli Andrea Orlando proprio con l’organo di rappresentanza degli avvocati. Ora il ministro della Giustizia è il primo a parlare di «un punto di partenza solido», pur senza escludere che lo «strumento» dell’equo compenso possa essere sviluppato ulteriormente. Certo è che la “scomunica” arrivata lunedì dall’Antitrust non farà recedere il governo dalla tutela dei professionisti. Orlando anzi promette di «rispondere alle osservazioni dell’authority con una articolata lettera: spiegherò che si tratta di uno strumento che non contrasta con un mercato libero e trasparente ma evita squilibri e distorsioni», dice il guardasigilli. Che parla di importante conquista con cui «si rimedia finalmente a una sperequazione evidente trai committenti e professionisti».

IL GRANDE EVENTO DEL BRANCACCIO

Le professioni festeggiano un risultato che va persino oltre le aspettative. All’estensione delle misure, inizialmente previste per gli avvocati, a tutte le categorie anche non ordinistiche, si è aggiunto l’obbligo per la stessa pubblica amministrazione di rispettarne “il principio” dell’equo compenso. E forse è un segno della svolta in atto anche la felice coincidenza tra via libera finale alla Camera e manifestazione unitaria. L’appuntamento al Teatro Brancaccio, infatti, era stato fissato in tempi “non sospetti” da Comitato unitario delle professioni e Rete delle professioni tecniche. Fatalità vuole che la notizia arrivi proprio mentre è in corso l’evento dal titolo “L’equo compenso è un diritto”.

Tocca così alla presidente del Cup Marina Calderone dare l’annuncio alla marea di professionisti accorsi: «L’equo compenso è legge, è stato appena approvato il collegato alla Manovra». I risultati infondono fiducia e spirito di coesione: così quella del Brancaccio è anche l’occasione per tenere a battesimo l’Alleanza Professionisti per l’Italia. Arturo Zambrano, presidente degli Ingegneri e della Rpt, spiega: «Non ci fermiamo qui: se siamo tutti insieme la politica dovrà rispettarci anche dopo le elezioni. Abbiamo avuto il merito di ripartire con dignità».

Tra gli Ordini che accolgono con soddisfazione il varo delle norme sull’equo compenso c’è il Consiglio nazionale dei commercialisti, il cui presidente Massimo Miani risponde ancora alle critiche dell’Antitrust: «La nuova norma non è affatto un freno alla concorrenza, ma è anzi uno strumento utile a garantire una maggiore qualità delle prestazioni professionali offerte, con evidenti ricadute positive per l’intera collettività».

Che il sostegno al lavoro autonomo costituisca una priorità lo dicono anche le statistiche di uno studio presentato del Cresme sempre alla manifestazione del Brancaccio: «I professionisti italiani sono arrivati a 2 milioni e 322mila, nonostante la crisi economica».

E uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri dimostra come nei dieci anni trascorsi dalle liberalizzazioni del 2007, che hanno visto appunto crescere di un terzo il numero dei professionisti, il reddito medio è sceso dell’ 8,6 %, in particolare nelle fasce più giovani. Morale della favola: «Le tesi dell’Antitrust secondo cui l’equo compenso favorisce i più forti è una fake news», sancisce la ricerca del Cni.

Ora parlano di unità persino i partiti di opposizione. È l’effetto delle nuove norme, che fanno cambiare atteggiamento, oltre che al M5s, anche alla Lega. Al Brancaccio interviene il deputato del Carroccio Massimiliano Fedriga: «Si tratta di un punto di partenza, in un percorso che va sostenuto insieme». È quello che pensano anche il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri e il presidente della commissione Lavoro di Montecitorio Cesare Damiano. Stefano Parisi assicura: «Da liberale dico che il mercato deve mettere le due parti, prestatore e committente, sullo stesso piano e non in subordinazione».

C’è chi vorrebbe subito ampliare le norme, come il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia: «Servono correttivi per evitare interpretazioni distorte». La responsabile Lavoro del Pd Chiara Gribaudo, che ha personalmente verificato che tipo di resistenze suscitino provvedimenti del genere, incassa l’alleanza ritrovata tra politica e professioni: «È importante aver raggiunto questa sinergia, si deve continuare uniti». Da ieri è chiaro che basta volerlo.