Si dice «colpita» dalle dure accuse che le ha rivolto Maroni ma non per questo disposta a rompere l’alleanza con la Lega. Dopo le polemiche sulla consultazione lombarda, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, rilancia perciò il progetto di un centrodestra unito ( «Le fratture sono componibili», dice) e apre a una permanenza nell’Europa, proprio come nei desiderata di Forza Italia, «purché il Paese sia finalmente alla pari di Francia e Germania». Netta invece la bocciatura dello Ius soli ( «una legge inutile sospinta solo per ottenere i voti dei nuovi cittadini prima delle elezioni» ) e di Virginia Raggi e del Movimento 5 Stelle, «pronti a cambiare idea su tutto in base a convenienze e sondaggi, ma soprattutto incompetenti» ).

Ha definito il referendum in Lombardia «un oltraggio alla Patria inutile e pericoloso». È in pericolo anche l’alleanza con la Lega dato che Salvini l’ha attaccata e Maroni ha minacciato ripercussioni sull’alleanza per le politiche?

Per quanto riguarda Fratelli d’Italia l’alleanza resta salda. Ma non nascondo che essere accusata di slealtà da parte di Maroni mi ha molto colpito. Non credo nel referendum sull’autonomia perché di questo passo, dal Friuli alla Puglia, potrebbe uscirne minata la coesione nazionale con gravi ripercussioni sulla perequazione dei fondi e sullo sviluppo dell’economia. Ma non ho imposto alcun obbligo, tant’è il coordinamento regionale del mio partito si è schierato per il Sì al referendum. Di che cosa stupirsi se la leader di FdI crede nell’unità nazionale e perciò non condivide il referendum sull’autonomia? I toni di Maroni sono fuori luogo.

Probabilmente incidono scompensi interni alla Lega: Lombardia e Veneto rinverdiscono il mito della Padania di Bossi, mentre Salvini da anni gira il Mezzogiorno nella speranza di creare un partito a vocazione nazionale.

Il fuoco di fila nel quale sono finita mi fa pensare che si siano volute scaricare su un bersaglio esterno alcune tensioni che con Fratelli d’Italia c’entrano poco. Le nostre posizioni sono chiare.

Non è tanto chiaro l’orizzonte per gli elettori. Come pensa di andare unito al voto un centrodestra in cui FdI è sovranista, la Lega autonomista e Forza Italia europeista?

Non sono contraria per principio alle autonomie locali. Ma sono convinta che possano funzionare soltanto se non mirano a mettere in discussione l’unità nazionale. In un quadro istituzionale in cui il presidenzialismo faccia da contraltare, che prevede l’elezione diretta del capo dello Stato e del governo, ben vengano le autonomie locali. Ma prima vengono le patrie: sono oggi l’unico argine alla deriva mondialista, e spezzettarle non può che portare conseguenze negative. Più si è piccoli, più si è deboli.

Il Rosatellum impone però coalizioni. Se dovesse passare, come la metterete con Forza Italia, di recente benedetta dall’Europa come argine ufficiale del Ppe contro la deriva populista e sovranista?

Detto che il Rosatellum non mi piace perché fa perdere il centrodestra, ragionare in termini di etichette non porta da nessuna parte. Già in passato, pur con evidenti differenze, il centrodestra ha governato il Paese. Si tratta più che altro di buona volontà e chiarezza sui programmi. Fratelli d’Italia non è contraria all’Europa a prescindere, ma a quest’Europa. Anzi, ci sta a cuore che l’Italia diventi più europea: più tedesca e più francese allo stesso tempo.

Non ci dica che anche Fratelli d’Italia è diventata improvvisamente europeista come i Cinque Stelle.

Il punto è un altro. Se l’Italia sta in Europa non può contare quanto il Lichtenstein. Deve starci in un modo totalmente diverso, e cioè alla pari con gli altri padri fondatori. Deve essere concesso anche a noi, come avviene in Germania, che le leggi costituzionali abbiano la priorità sulle norme europee. Gli amici tedeschi, in buona sostanza, disapplicano le decisioni europee che vanno contro i loro interessi. Perché invece da noi impazza ogni volta il ritornello del «ce lo chiede l’Europa», e subiamo tutto senza opporre resistenza e senza la minima voce in capitolo?.

Dagli Usa alla Francia la destra sembra in ascesa. In Germania Afd è arrivata al 13 per cento ed ha raccolto molti consensi nell’ex Ddr, antico avamposto operaio. I sovranisti prendono così tanti voti solo perché soffiano sulla paura degli immigrati, o perché la sinistra non sa più parlare al suo popolo di riferimento?

Evocare lo spauracchio nazista e i nipotini di Hitler fa molto comodo: la sinistra tenta di nascondere la polvere sotto il tappeto. Se solo si guardano i flussi elettorali tedeschi, si scopre però che il successo di Afd deriva solo in minima parte dalla paura dell’immigrazione islamica. La ragione più profonda che ha spinto la pur ricca Germania a premiare la destra, è il diffuso disagio di una classe operaia e di un ceto medio danneggiati dalla globalizzazione e dalla scomparsa delle fabbriche che sono state delocalizzate nell’Est dell’Europa. Le disparità sociali ed economiche sono cresciute, i legami con il territorio spazzati via. La sinistra non rappresenta più per questa gente un’ancora di salvezza, ma un emblema della deriva mondialista.

Tuttavia il dibattito sull’immigrazione conta eccome. Renzi si è schierato contro i flussi incontrollati con il famoso “aiutamoli a casa loro”. Di Maio ha cominciato a parlare all’improvviso come Salvini. Hanno fiutato l’aria che tira e si sono adeguati?

Ci sono due tipi di partito. Quelli che fanno politica solo per prendere i voti, e quelli che prendono i voti per fare politica. Nel caso dei grillini, tutto è affidato ai big data: valutano ciò che gli conviene dire al momento, per poi smentirlo il giorno dopo se la cosa non ha abbastanza successo nell’opinione pubblica. Basti guardare Di Maio: prima paladino dei migranti a favore dell’abolizione del reato di clandestinità, poi nemico degli sbarchi.

Il ministro Minniti ha intanto prosciugato i flussi dalla Libia. L’ha invitato ad Atreju perché il centrodestra ha finalmente trovato il ministro degli Interni del prossimo governo?

Minniti ha avuto il vantaggio di succedere ad Alfano. Impossibile non fare meglio di lui. Ma, battute a parte, il piano del ministro dimostra che non era utopico ciò che chiedevamo da tre anni. Volevamo maggiori controlli sui flussi migratori, blocchi navali, missioni di contatto europee con i governi libici. Mi hanno detto che ero xenofoba, razzista, fascista. Che era tutto impossibile. Poi invece è arrivato Minniti e l’ha fatto: non si trattava di essere estremisti, ma solo di usare un po’ di buonsenso.

Dice che Minniti ha copiato da Fratelli d’Italia?

Non lo so e in fondo non importa. Almirante diceva: ' Quando le tue idee affiorano sulle labbra degli avversari vuol dire che hai vinto'.

Sullo Ius soli la partita resta però aperta. Delrio è in sciopero della fame insieme a Manconi. Resta convinta che si tratta di una legge sbagliata?

Prima che sbagliata è una legge inutile. Già oggi la legge sulla cittadinanza prevede che un immigrato possa diventare italiano quando sta da dieci anni in Italia, oppure per trasmissione dai propri genitori. Il meccanismo funziona benissimo: nel 2016 l’Italia è stata la seconda nazione d’Europa per numero di concessione delle cittadinanze: ne ha concesse 202mila a fronte di 470mila bambini nati. Il 40% di queste nuove cittadinanze è dedicato ai minori. La verità è che l’obiettivo dello ius soli non è dare la cittadinanza ai bambini, ma soltanto quello di dimezzare da dieci a cinque anni i tempi per ottenerla. Il Pd usa i bambini immigrati come scudi umani, pur di cercare di conquistare il voto di 800mila nuovi cittadini prima delle elezioni.

Non le piace neppure il piano del Viminale che disciplina diritti e doveri dei 75mila rifugiati presenti sul territorio?

Di fronte a un’immigrazione gestita all’insegna di regole e buon senso, niente da obiettare. Ma attenzione al messaggio devastante che si può lanciare a 650mila famiglie italiane che oggi aspettano una casa. La precedenza dev’essere data a chi risiede qui da noi da più tempo. Guai ad accreditare la possibilità che chi crea disordini, come accaduto a Roma a via Curtatone, poi viene premiato con una casa.

Lei da ragazza ha fatto molti lavoretti per mantenersi agli studi. Bambinaia, cameriera, barista al Piper. Anche il reddito di cittadinanza del M5s non la convince?

Penso che dire alle persone di starsene pure a casa perché tanto avranno 800 euro al mese, sia una mossa suicida. Lo Stato deve incentivarti a lavorare e a inserirti nel mondo del lavoro. Di recente noi di Fratelli d’Italia abbiamo lanciato la proposta di portare l’Iva al 10 per cento per chi investe in Meridione. E pensiamo in tutto il territorio nazionale a una superdeduzione del 200 per cento per chi assume manodopera, per tutte quelle società che hanno una percentuale d’incidenza del costo del lavoro sul fatturato superiore al 60 per cento. In buona sostanza, se un dipendente ti costa 30mila euro, ne puoi dedurre 60mila. E poi un’Iva sul turismo al 5 per cento come per i beni di prima necessità, e un reddito d’infanzia triennale per le neo- mamme.

E tutto questo pensa di farlo da premier, o come semplice alleato di un eventuale governo di centrodestra?

Si vedrà il modo e la maniera. Ma dev’essere ben inteso una cosa. Per la leadership ci sono in campo anche io, tanto quanto Berlusconi e Salvini. Renzi ha auspicato una premiership al femminile. Cercherò di accontentarlo.