L’ultima volta che lo ho visto era sulla sedia a rotelle, il volto scavato, troppo debole per parlare. La moglie, Maike, parlava per lui. Lui ascoltava ed annuiva. Quando non era d’accordo o quando voleva precisare qualcosa la interrompeva e faticosamente formulava le parole dei suoi pensieri. Quando ci siamo lasciati mi ha detto solo una parola: Europa. Oggi mi ha raggiunto la notizia della sua morte.

Quando Helmut Kohl è diventato Cancelliere, nel 1982, la Germania era un paese scosso dal terrorismo, con una economia in crisi per le politiche finanziarie troppo generose dei governi socialdemocratici e priva di fiducia in se stessa per gli effetti ancora non riassorbiti della Rivoluzione giovanile del 1968. Kohl era uno storico ed aveva una idea chiara della storia tedesca. La cultura dominante tendeva a pensare che tutta la cultura tedesca culminasse nel Nazionalsocialismo e che quindi andasse rigettata in blocco. Quello che rimaneva era un superficiale cosmopolitismo, una idea di stato separato dalla nazione ed un ribellismo generico rivolto contro l’idea di autorità. Kohl amava invece la storia è la identità tedesca. Era convinto che il nazismo ( ed il comunismo) fossero un tradimento contro la vera identità tedesca. Questa identità nasceva dal battesimo che aveva affratellato ed unito le stirpi germaniche prime disperse e nemiche fra loro. Per questo la identità tedesca nasce insieme con quella delle altre nazioni europee. Fuori da questa relazione la Germania non può essere se stessa. Da qui la scelta fondamentale della politica di Helmut Kohl che egli esprimeva nella frase ripetuta infinite volte: non vogliamo una Europa Tedesca. Vogliamo una Germania Europea. La affermazione della vera identità tedesca portava con se la riaffermazione di un giusto principio di autorità e di responsabilità. Ognuno deve essere responsabile del proprio destino. In questo Kohl era kantiano: il colpevole ha diritto alla sua punizione. Senza di essa come farebbe a scoprire che ha sbagliato ed a correggersi? Da qui deriva il ruolo ed il significato di una delle parole chiave della era Kohl: Leistung, prestazione. La svolta del primo mandato di Kohl fu economica ma anche morale: costruire il benessere sulle virtù morali del lavoro e del risparmio. A questa convinzione morale si accompagnava una visione della politica. La politica deve anticipare i tempi della storia. Bisogna avere una idea di come sarà il mondo fra venti anni ed agire adesso per collocare il proprio paese nel mondo di domani. Non c’è politica senza verità. Una volta mi ha detto che un bravo politico deve fare subito, nei primi mesi dopo le elezioni, tutte le riforme necessarie ed impopolari e non avere paura di spiegare al popolo perché. Per un poco tutti lo malediranno ma, se le riforme fatte saranno state davvero quelle giuste e necessarie, alla fine del suo mandato il popolo lo voterà di nuovo. Le riforme dei primi due mandati di Kohl erano davvero quelle giuste e necessarie, iniziarono la conversione della Germania alla Economia della Conoscenza e posero le basi della forza straordinaria della Economia tedesca. Poi venne la caduta del muro. A differenza di altri politici tedeschi Kohl non si era mai rassegnato alla divisione della sua patria e spese il suo grande credito politico personale ed anche la grande forza economica del suo paese per cogliere l’occasione della riunificazione. Egli capì subito che la riunificazione della Germania era possibile solo nel contesto di una contemporanea riunificazione dell’Europa. La cosa più normale dopo la caduta del muro sarebbe stata non la riunificazione dell’Europa ma la ricostituzione dell’Impero Tedesco. Le regioni che potevano più facilmente essere integrate nel sistema tedesco avrebbero inevitabilmente guardato verso la Germania. Gli altri si sarebbero rivolti verso Mosca, carichi di astio e di rancore e, quando la Russia fosse riemersa come potenza mondiale, ci sarebbe stato di nuovo lo scontro dei tedeschi e degli slavi nel cuore dell’Europa. Fu Kohl a volere invece la riunificazione dell’Europa: l’ingresso nella Unione Europea dei paesi dell’Europa Centrale ed Orientale, la ricostruzione delle loro economie con un processo gigantesco di riforme e di aiuti economici, la adozione dell’euro come garanzia che la Germania non avrebbe scelto mai più un Sonderweg, un cammino separato da quello dei resto dell’Europa Occidentale.

Nonostante tutti i suoi grandi successi alla fine Helmut Kohl è stato un grande sconfitto della storia. Il grande progetto al quale ha dedicato la sua vita è rimasto incompiuto. L’Europa ha perso la sua anima e quando è arrivata la crisi è stata scossa fino nelle fondamenta. C’è da augurarsi che la riflessione sul lascito storico di questo grande europeo nel giorno della sua scomparsa stimoli i politici responsabili dell’Europa, e prima fra tutti Angela Merkel, ad assumere l’impegno di portare a compimento la costruzione europea.