A 13 anni dalla sua ultima apparizione sul piccolo schermo, Kim Rossi Stuart sceglie il personaggio del commissario Dario Maltese per tornare a una serie tv. In quattro serate evento su Rai1 dall’ 8 maggio, l’attore e regista sarà il protagonista di Maltese Il Romanzo del Commissario

diretta da Gianluca Maria Tavarelli, già regista di Il Giovane Montalbano, e prodotta dalla Palomar, la stessa della serie tratta dai romanzi di Camilleri. Siamo nel 1976 a Trapani, in un momento storico in cui in Italia e in Sicilia la mafia era considerata e veniva fatta percepire, in maniera anche coercitiva attraverso media e istituzioni, come una leggenda metropolitana: i delitti venivano mascherati da omicidi passionali o liti tra criminali comuni. È in questo contesto che Maltese indagherà l’omicidio del commissario capo di Trapani, suo amico fraterno, ucciso insieme alla futura moglie, un giorno prima del matrimonio.

Che cosa la spinta a tornare in tv?

Con il produttore Carlo degli Esposti, che mi ha proposto questo ritorno, abbiamo cominciato a parlare del progetto.

Quando ci siamo rivisti due anni dopo mi ha dato questa sceneggiatura. Avevo immaginato di affrontare il set televisivo come una pausa di riposo, ma dopo aver letto il testo ho capito che non era più possibile. Avevo per le mani un personaggio disposto a sacrificare la propria esistenza, non per narcisismo, ma per una sorta di vocazione, una spinta misteriosa.

La serie si ispira a fatti real-

mente accaduti e a personaggi realmente esistiti, c’è qualcuno a cui ha guardato in maniera particolare nel prepararsi per il ruolo di Maltese?

Ho fatto una ricerca su quel periodo e mi sono reso conto di quanto, in maniera superficiale, avessi conosciuto gli eroi nazionali del nostro recente passato. Ho studiato la vita di diversi protagonisti dell’epoca, tra cui Ninni Cassarà che è diventato un mio riferimento. Parliamo di personaggi colti, sofisticati, capaci di ragionamenti raffinati, ma che hanno fatto la scelta di partecipare in prima linea alle indagini, ai blitz. Mi sono soffermato sul sorriso di Falcone, sulla sigaretta di Borsellino.

Che ruolo hanno le serie tv rispetto al cinema e come sono cambiate dall’ultima volta che ci ha lavorato?

Quello che mi sembra evidente è che c’è una proliferazione di prodotti seriali anche perché i canali sono molti di più. È cambiato tutto. Va sottolineato che il cinema ha un po’ perso la sua vocazione introspettiva, parte della quale è stata assunta dalla tv, anche se si continua ancora a fare molta televisione tradizionale. Non riesco invece ad apprezzare la lunga serialità. Ho una vita che non me lo consente. Domando spesso ad amici, più colti e istruiti di me, come facciano a trovare il tempo per farlo. È un’esperienza un po’ solitaria, spesso al computer. Ma le forze creative messe in campo sono notevoli.

Prenderebbe in considerazione un sequel di Maltese?

Qualora si presentasse l’occasione, sarà fondamentale per me capire se nel progetto c’è ancora passione o se la spinta è solo economica.

Aveva tutti i requisiti per fare la carriera del “bello”, ma ha deciso di indirizzarsi verso un cinema impegnato, importanti spettacoli teatrali, il lavoro di regia.

Ho inseguito l’idea di fare un mestiere che avesse una funzione sociale ed etica. Ho scelto una comunicazione sincera, necessaria e autentica, evitando narcisismi e autocompiacimenti. Anche in personaggi come Vallanzasca o il Freddo, dal lato oscuro più pronunciato, è sempre stato fondamentale per me che, nella loro parabola esistenziale, passassero attraverso una presa di coscienza e si facessero carico delle miserie di cui avevano fatto parte.

Perché ad un certo punto ha sentito la necessità di diventare anche regista?

A 17 anni ho scritto la prima sceneggiatura, ma ho dovuto attendere per una serie di motivi, ma avrei debuttato alla regia anche molto prima, ne avessi avuta la possibilità. Mi piace scrivere, mi piace sovraccaricarmi di difficoltà, il ruolo di regista è quasi sempre molto complicato: dai costumi alla scrittura fino al montaggio, diventa una sorta di via crucis.

Quali sono gli impegni futuri?

Ho in mano cinque o sei progetti e sto cercando di capire quale sia il più fecondo. A teatro vorrei tornarci evitando le mie solite tournée estenuanti, magari mettendo in piedi qualcosa di più circoscritto a Roma, per stare insieme alla mia famiglia.