Se non fosse per i soldi, tra Nazareno e governo sarebbe tutto un idillio. Purtroppo il governo deve mantenere l’impegno assunto, obtorto collo e pistola alla tempia, con la Commissione europea: 3,4 mld pari allo 0,2% del Pil, da trovare in qualche modo entro il 30 aprile e sulla data stavolta l’Europa è rigida. Non un minuto di più. E così Renzi e Orfini hanno dichiarato guerra ai ' ministri tecnici', il ministro dell’Economia Padoan e il collega che presiede lo Sviluppo Calenda, colpevoli di assecondare le richieste dell’Ue.

Money, money, money. Se non fosse per i soldi, tra Nazareno e governo sarebbe tutto un idillio. Qualche screzio quando il non- segretario scalpitava per mettere alla porta i reggiposto ancora prima che avessero fatto in tempo ad accomodarsi c’è stato, ma passato quel nuvolone l’armonia regna. Anzi regnerebbe senza quel maledetto particolare, i quattrini, che invece c’è e anzi occupa in pianta stabile non solo i primi posti ma l’intera agenda dell’azione di governo di qui a fine anno. Come dire di qui al momento di sloggiare.

Money, money, money. A partire dai soldi che servono per mantenere l’impegno assunto, obtorto collo e pistola alla tempia, con la Commissione europea: 3,4 mld pari allo 0,2% del Pil, da trovare in qualche modo entro il 30 aprile e sulla data stavolta l’Europa è rigida. Non un minuto di più. Per proseguire con una ventina e passa di miliardi che andrebbero messi insieme per ottobre, pare lontano ed è dietro l’angolo, come aggiustamento dei conti. Al ministero se ne sono già abbonati oltre la metà dando per sicuri cospicui sconti che forse arriveranno e forse no, ma anche nella più rosea ipotesi saranno accompagnati dalla richiesta ( imperiosa) di quelle ' riforme' di cui ha parlato Dombrovskis al termine del vertice con Padoan a Roma. E quando mai s’è vista una riforma di calibro pesante a costo zero?

Poi ci sono i fondi per i terremotati, che finora hanno ricevuto belle parole in quantità copiosa ma di fatti ne hanno visti pochini: un miliardo. E quelli per l’assunzione di 25mila professori precari, che la ministra Fedeli reclama senza che il collega Padoan possa scucire il necessario per ottemperare. Senza contare varie ed eventuali. Sarebbe un problemaccio comunque. Lo è molto di più perché le elezioni sono dietro l’angolo e tante volte gli elettori finiscono per ragionare col portafogli: se lo sentono vuoto puniscono nell’urna.

Forti di questa consapevolezza, Renzi e Orfini hanno dichiarato guerra ai ' ministri tecnici', il ministro dell’Economia Padoan e il collega che presiede lo Sviluppo Calenda, colpevoli di privilegiare le considerazioni tecniche, leggi «l’obbligo di trovare quei soldi davvero', su quelle politiche, o più precisamente elettorali. Hanno minacciato il processo popolare, con i parlamentari del Pd nel- l’inedita veste dei sanculotti. Renzi ha sgambettato Padoan al momento di varare le nomine per la partecipate lasciandolo più o meno a bocca asciutta, soprattutto nella postazione chiave per quanto riguarda le privatizzazioni: i vertici di Poste. Lo stesso ragazzo di Rignano, stavolta coadiuvato dall’eminenza grigia del Pd Dario Franceschini, ha messo il veto sia alle privatizzazioni che all’aumento delle accise su benzina, alcol e sigarette. Aumentare le tasse con le elezioni imminenti? Quel Padoan è matto!

Posizione comprensibile, non che lo si possa negare. Però, messe così le cose, i soldi Pier Carlo Padoan dove li trova? La risposta di Renzi, ancorché inconfessabile, è secca: «Non li trova. Non ce n’è bisogno» . Martedì sembrava addirittura che il governo intendesse scontarsi dalla manovra di aprile un miliardo, quello da devolversi in sostegni alle aree terremotate. Sarebbe stato uno schiaffo sonoro per Bruxelles, che aveva già più volte esclusa quella via. Ieri Gentiloni ha precisato: «I soldi per il terremoto non incideranno sulla manovra». Impossibile del resto fare diversamente senza scontrarsi frontalmente con la Commissione. I 3,4 mld saranno trovati tutti. Però solo sulla carta. Al momento infatti le voci che compaiono sulle ipotesi del Mef sono quelle che vengono messe giù nero su bianco quando si mira a non dire niente: ' Spending Review', ' Contrasto all’evasione'. Acqua fresca.

Renzi, in effetti, è convinto che la Ue stia bluffando, che nella situazione data non possa permettersi una procedura d’infrazione ai danni dell’Italia e che pertanto finirà per accontentarsi. Per questo è convinto che quei soldi non vadano trovati sul serio. E’ probabile che anche il suo rilancio sia in realtà un bluff: di fronte a una minaccia concreta di procedura di infrazione il governo non potrebbe che arrendersi. Dunque tutto sta a vedere chi ' passerà' per primo. La manovra primaverile, peraltro, è solo una prova generale. In autunno, con le urne davvero a un soffio, Renzi sarà ancora più determinato di quanto non sia ora. Il governo, e in particolare i due ' ministri tecnici', in tutto questo fanno la figura tipica dei vasi di coccio. Padoan, che non è un leone, si acconcia alla scomoda situazione, e nonostante la resa non è neppure detto che riesca a evitare la gogna con i gruppi parlamentari dem. Calenda la prende decisamente peggio. Se c’è un ministro davvero ostile a Matteo Renzi, è proprio lui. Ieri il ministro dello Sviluppo ha smentito le voci che lo volevano possibile candidato premier, ma come campione della destra mica del centrosinistra. Solo che la partita reale di palazzo Chigi non passerà affatto per candidature ufficiali. Riguarda invece chi, dopo elezioni andate presumibilmente a vuoto, occuperà la casella principe sulla base di un accordo tra Pd e Berlusconi. Oppure, se quell’accordo non ci sarà, chi arriverà a palazzo Chigi spinto dalle cannoniere finanziarie di Bruxelles. In entrambi i casi tra i nomi dei papabili quello di Calenda non figura in fondo alla lista.