L’azienda Schiano, produttrice di biciclette che esporta in tutto il mondo, è stata fondata nel 1923 a Frattaminore, in provincia di Napoli, da un giovane meccanico di 21 anni: Mario Schiano. È oggi alla terza generazione e la guida un imprenditore che ha lo stesso nome del nonno. «L’amore e la dedizione della nostra famiglia per il mondo delle due ruote è rimasto invariato», spiega con orgoglio Mario Schiano, nipote del fondatore. L’azienda conserva la sua sede a Frattaminore ed ha anche un opificio a Frattamaggiore. Fattura 6 milioni l’anno con oltre venti dipendenti e un indotto importante. Mario Schiano ha 42 anni, una laurea in Economia Aziendale alla Federico II con una tesi sul commercio elettronico della bicicletta.

Come comincia la vostra storia, dottor Schiano?

L’azienda ha 94 anni. Il fondatore fu il nonno Mario Schiano, un giovane meccanico di Frattaminore ma con origini di Napoli. Prima le bici si vendevano in kit, venivano stipate in casse di legno ed erano completamente smontate. Nonno Mario faceva assistenza e manutenzione meccanica ai mulini, allora presenti nell’area. Essendo esperto meccanico, gli chiesero di montare le biciclette. Fu subito affascinato dal cavallo d’acciao: la bici infatti era allora così chiamata perché sostituiva l’asino o il cavallo. Mio nonno cominciò a studiarsela partendo dalla componentistica ma il cuore principale era il telaio. Così iniziò a fare una sua produzione artigianale e in poco tempo si dedicò totalmente alla realizzazione delle bici.

Eppure quando si parla di biciclette, si pensa ai grandi marchi del Nord...

Siamo anomali proprio perché nasciamo a Napoli mentre il Triveneto è stato sempre considerata l’area più importante. La nostra azienda a buon diritto può considerarsi storica perché gli altri marchi italiani o hanno venduto o hanno cambiato settore. La nostra storicità deriva anche dall’appartenenza del marchio sempre alla stessa famiglia. Tutti i modelli vengono creati al nostro interno, con l’utilizzo di materiali, come l’acciaio, l’alluminio e il carbonio. Curiamo l’allestimento e tutte le parti che compongono la bici, compreso il design e il colore. Un contributo fondamentale è arrivato dalla scoperta nel nostro Paese della bici elettrica. Un maggio- re avvicinamento delle persone a questo tipo di veicolo, unito ad una continua ricerca sul prodotto sta facendo abbattere anche i costi sul prezzo di vendita - intorno ai mille euro rispetto ai 300 di una bici tradizionale - che così diventano più avvicinabili per il consumatore. Le bici elettriche di ultima generazione hanno la possibilità di estrarre la batteria e caricarla in qualsiasi posto.

Chi è il consumatore della bici elettrica?

E’ un consumatore che già utilizza la bici normale e per una questione di utilità preferisce il supporto elettrico che consente un maggiore utilizzo. In Europa il Paese leader è la Germania.

E come si posiziona l’Italia?

Rimane molto bassa la vendita di bici elettriche, mentre è alta quella per le bici muscolari.

Quali sono i principi ispiratori e l’evoluzione della vostra azienda?

I principi ispiratori sono le origini, la modernità e l’internazionalizzazione. Le origini sono i comportamenti, insomma i valori che il nonno ci ha trasmesso. La modernità si coglie in mille particolari: dalla cura per il prodotto, ai processi, al design, all’attenzione che bisogna rivolgere ai teenager, al tipo di mercato che sta cambiando, in particolare quello internazionale. La buona notizia è che il mady in Italy torna a tirare alla grande. Non esistono produttori di componenti in Italia, è tutto spostato in Cina. Ma adesso la tendenza si sta invertendo: sta ritornando la produzione italiana. Costerà leggermente di più ma c’è molta cura del prodotto. Il motto del nonno socialista, seguace di Nenni, era “una bici per tutti”. Con questo motto siamo cresciuti e andiamo sempre avanti. Mettiamo attenzione alla qualità e ad una bici che possa essere avvicinata da chiunque, un prezzo non esagerato e facilmente acquistabile.

Qual è la differenza tra voi e i grandi competitor?

Non parliamo mai di competitor perché il mercato è per tutti, c’è spazio per tutti: bisogna essere solo più bravi. Oggi non è solo una questione di prezzo: non bisogna mai lasciare il cliente da solo.

Utilizzate più la vendita diretta o l’e- commerce?

La vendita diretta resta sempre il canale maggiore. Anche l’ecommerce funziona ma il prodotto deve essere sempre visto dal consumatore, così il canale tradizionale è sempre l’esposizione.

Come ci si difende dal furto delle bici?

Non esiste un registro delle bici, mentre andrebbe fatto.

Difficile immaginare che in un hinterland napoletano, in molti casi così degradato, possano nascere realtà industriali così importanti e un marchio così possa imporsi. Qual è la sua ricetta?

C’è stata una grande volontà familiare, un impegno che va dalle 12 alle 14 ore al giorno, una dedizione totale al lavoro. Così il contesto non ci ha limitato. Mio padre che ha 77 anni è quello che arriva prima in azienda e va via alle 19,30.

Ma a Frattaminore le usano le bici?

No, poco. In tutto l’hinterland napoletano solo nelle parti in pianura vengono utilizzate, tipo l’area nord di Napoli fino a Caserta. E’ il benessere che ha portato al non utilizzo delle bici.

E’ vero che sponsorizzate un premio letterario bicilettando?

Sì, siamo partner di un premio che si assegna a Scauri, arrivato alla quinta edizione. Sono romanzi, poesie, tutto ciò che riguarda la letteratura sulla bici. Alcuni autori scrivono che ' la bicicletta “è una forma d’arte, è un racconto in fasi”, noi diciamo che la bicicletta porta allegria nelle persone, porta immediatamente al ricordo della nostra infanzia. E’ stato il primo mezzo che ci ha reso indipendenti, il papà che ha tolto gli stabilizzatori, le rotelline laterali, rende il bambino libero, autonomo. E’ la prima espressione di libertà che ognuno di noi ha provato. E questa stessa libertà, ogni volta che si parla di bicicletta, ritorna in testa ad ogni cosa: libertà di scoprire luoghi, di respirare, l’indipendenza e la leggerezza di essere trasportati nell’aria.