«Non si tratta di nuovi reati», assicura il ministro dell’Interno Marco Minniti. Ed è vero: il codice penale non c’entra. Ma si tratta di norme severissime, seppur di carattere amministrativo: su tutte, il “daspo urbano”, un inedito divieto di accesso al centro storico delle città d’arte che potrà durare fino a 12 mesi. «È uno strumento che rafforza il potere dei sindaci e difende il decoro delle città», spiega il capo del Viminale. Le norme hanno destinatari di vario genere: spacciatori di droga, alcolisti, chi pratica «l’accattonaggio molesto» o esercita la prostituzione. L’obiettivo è tutelare le «zone di pregio artistico». «Non si tratta di nuovi reati», assicura il ministro dell’Interno Marco Minniti. Ed è vero: il codice penale non c’entra. Ma si tratta di norme severissime, seppur di carattere amministrativo: su tutte, il “daspo urbano”, un inedito divieto di accesso al centro storico delle città d’arte che potrà durare fino a 12 mesi. È inserito insieme con altre “misure urgenti” nel decreto Sicurezza urbana varato ieri dal Consiglio dei ministri. «Uno strumento che rafforza il potere dei sindaci e difende il decoro delle città», spiega il capo del Viminale. Le norme hanno destinatari di vario genere: spacciatori di droga, alcolisti, chi pratica «l’accattonaggio molesto « o esercita la prostituzione. L’obiettivo è tutelare le «zone di pregio artistico dei centri urbani, quelle più interessate dai grandi flussi turistici».

Non è il solo intervento inedito messo a disposizione degli amministratori locali. Un altro daspo infatti riguarderà in particolare gli spacciatori di droga e consisterà nel divieto per questi soggetti di frequentare determinarti locali pubblici, quelli più frequentati dai giovani a cominciare dalle discoteche. Il divieto durerà da 1 a 5 anni, e sarà applicato in questo caso in modo parallelo alle eventuali condanne penali. Si tratta del decreto sicurezza di cui si era parlato per la prima volta nello scorso mese di maggio, e che è arrivato in capo a un lungo confronto con l’Anci. Il daspo per “accatoni molesti”, prostitute e alcolisti potrà dunque prescindere del tutto da eventuali condanne penali. Potrà scattare in seguito a specifica ordinanza del primo cittadino, a cui competerà l’individuazione di quelle aree del centro storico di “particolare pregio e interesse turistico” da tutelare anche con la messa al bando degli indesiderati. Chi sarà sorpreso dalla polizia municipale in comportamenti o pratiche lesive di “quel grande bene pubblico che è il decoro urbano”, come spiega Minniti, sarà punito con una sanzione pecuniaria e “il divieto di frequentare i posti dove le violazioni sono state commesse”, sempre secondo l’espressione usata dal ministro dell’Interno in conferenza stampa. Divieto che durerà 48 ore. E che appunto, in caso di “recidiva”, potrà arrivare a 12 mesi.

“Sono norme forti”, riconosce lo stesso Viminale, “ma sono anche il risultato di precise richieste dell’Anci”, cioè dell’Associazione che riunisce i sindaci di tutta Italia, attualmente presieduta dal primo cittadino di Bari Antonio De Caro. In realtà nel decreto varato ieri a Palazzo Chigi qualche nuova norma penale c’è, ed è ancora Minniti a ricordarlo: “In caso di violazioni del decoro urbano, il giudice potrà comminare pene alternative: chi sporca, ad esempio, potrà essere condannato a ripulire”. A fine Consiglio dei ministri, a parlare con la stampa c’è anche il guardasigilli Andrea Orlsado. È insieme con lui che Minniti ha predisposto l’altro decreto varato ieri, quello sull’immigrazione. Vi compaiono le norme sui Cie e sulla “semplificazione dei procedimenti per le richieste d’asilo” annunciate subito dopo l’attentato di Berlino dello scorso dicembre, ma in buona parte congelate in un ddl che lo stesso Orlando aveva inviato a Palazzo Chigi già nel settembre scorso. Come concordato anche con la Conferenza Stato– Regioni, parte delle misure viaggia dunque sulla corsia preferenziale del decreto legge, Compresa l’istituzione delle sezioni speciali in 14 tribunali ( due in più rispetto a quanto previsto inizialmente) e l’abolizione dell’appello per chi aspira alla protezione internazionale: «Il procedimento sarà ricorribile esclusivamente in Cassazione», conferma il ministro della Giustizia. Che aspira nelle procedure più articolate previste per l’esame amministrativo delle istanze dinanzi alle commissioni provinciali per scongiurare le ombre di incostituzionalità.