Nelle accuse, accolte dalla Corte d’appello di Reggio nel primo caso e dalla decima sezione penale del Tribunale di Milano nell’altro, risuona anche un assioma: le amministrazioni locali sono un modello di malaffare politico, e le carriere formidabili di politici che da quel trampolino si lanciano verso la scena nazionale portano fatalmente il segno della corruzione, delle clientele, dei sistemi consociativi più infetti.

STORIE PARALLELE MA DIVERSE

Scopelliti è alla condanna di secondo grado e gli sarà difficile ribaltare le accuse in Cassazione. È fuori dal Parlamento, ha tentato senza successo di diventare eurodeputato, è accusato di mafia in un altro procedimento. Formigoni è invece dirigente di un partito di governo, l’Ncd, presidente di commissione al Senato, ha ancora la possibilità di vedere riformata la sentenza in appello e già in questo giudizio di primo grado ottiene un risultato che il suo difensore Mario Brusa definisce «un’ottima cosa» : l’assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere. Il che apre almeno uno spiraglio per mettere in discussione anche il capo d’imputazione accolto dai giudici di Milano, l’aver incassato «utilità» per circa 8 milioni di euro in cambio di favori a due colossi della sanità lombarda: Fondazione Maugeri e San Raffaele. Nel caso del “Celeste”, come è soprannominato da lustri, il venir meno della presunta organizzazione criminale apre la strada per affermare la tesi da lui sempre sostenuta: gli yacht e le vacanze in Sudamerica assicurategli da Pierangelo Daccò e Antonio Simnene erano «cortesie tra amici».

IL FATALE DESTINO DEI GOVERNATORI

Ma anche Formigoni farà comunque una fatica enorme a rialzarsi. E la sua vicenda corrobora un’idea che si è fatta strada negli anni grazie anche ad altri casi come quello di Scopelliti o come l’incredibile vicenda di Del Turco: la carica di governatore è un passaggio maledetto, fatale, in cui spesso politici ambiziosi e molto popolari restano intrappolati, o che, come nel caso di Scopelliti, trasformano il successo in improvviso calvario processuale. A breve un altro ex presidente di Regione, il siciliano Raffaele Lombardo, potrebbe veder confermata in appello la condanna a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.

LE DUE SENTENZE E GLI ALTRI IMPUTATI

La Corte d’appello di Reggio presieduta da Adriana Costabile ha ritenuto colpevole Scopelliti di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico ma ha riformato la sentenza di primo grado: da 6 anni a 5 anni di carcere, con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Insieme con l’ex primo cittadino, condannati anche i tre componenti del collegio dei revisori dei conti: Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero Ettore De Medici: 2 anni e 4 mesi di carcere, pena ritoccata rispetto a 3 anni e 6 mesi inflitti dal Tribunale. Accolta nella sostanza la ricostruzione dell’accusa: Scopelliti avrebbe dolosamente sperperato centi- naia di milioni di euro, attraverso la destinazione impropria e clientelare delle risorse comunali. Il tutto attraverso la complicità dei tre coimputati e della dirigente Orsola Fallara, morta in circostanze mai del tutto chiarite nel 2010 dopo aver ingerito acido muriatico.

Formigoni avrebbe assicurato finanziamenti straordinari alla Maugeri, attraverso un sistema di corruttele e favori, tenuto in piedi durante l’intero mandato di governatore con la complicità decisiva di due dei suoi coimputati: l’uomo d’affari Daccò ( condannato a 9 anni e 2 mesi, con un lieve aggravamento rispetto alla stessa richiesta dei pm) e l’ex assessore regionale Simone ( 8 anni e 8 mesi come chiesto dall’accusa), entrambi suoi amici. Circa 40 milioni di euro di finanziamenti regionali annui alla Fondazione Maugeri, relativi alle cosiddette “funzioni non tariffabili”, in aggiunta ai rimborsi per gli accreditamenti. La sentenza pronunciata ieri sancisce condanne anche per gli imprenditori Carlo Farina ( 3 anni e 4 mesi) e Costantino Passerino ( 7 anni). Scompare l’associazione a delinquere. Cade ogni accusa invece per l’ex dg della sanità lombarda Carlo Lucchina, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, l’ex coinquilino di Formigoni Alberto Perego, l’ex moglie di Simone Carla Vites e l’ex segretario regionale Nicola Maria Sanese.

Da una parte i pm che avevano dipinto Cielle come il contesto in cui «l’intensità dei rapporti tra gli associati è fondamentale per la nascita del vincolo corruttivo». Dall’altra e Formigoni e i suoi avvocati che hanno sempre spiegato le vacanze e la barca posseduta al 50 per cento dall’ex governatore ( oggetto della confisca) come cortesie. Comunione e liberazione trasformata nell’ambiente naturale del malaffare. Nella tesi dei pm c’era anche questo. La decima sezione penale l’ha accolta in parte. C’è lo scambio corruttivo, non un’ organizzazione costruita per attuarlo. Sullo sfondo oltre dieci anni di storia politica milanese, poiché parte dei reati sarebbe stata commessa già a partire dal 1997, quando Formigoni non era ancora governatore. Le confische complessivamente ordinate a carico dei 5 condannati ammontano a qualcosa come 53 milioni e 800mila euro. Il principale soggetto danneggiato, la Regione, è stata rappresentata in giudizio dall’avvocato Domenico Aiello, protagonista dello scambio di informazioni costato una condanna disciplinare al pm Alfredo Robledo.

Si sono incrociate politica e sanità, egemonia culturale di Cl e rancore degli avversari. E in mezzo a tutto questo, un ex potentissimo, Formigoni, che insisterà anche in appello nel respingere tutte le accuse.