Non si placa la polemica all'interno della magistratura contro la proposta, avanzata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, di rafforzare il ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari, in particolar modo per quanto attiene alle valutazioni di professionalità delle toghe. Dopo la dura presa di posizione dell'Associazione nazionale magistrati con cui si esprimeva «la netta contrarietà» al rafforzamento del ruolo della classe forense negli organismi distrettuali, anche considerato che si tratta, secondo il sindacato dei giudici, di «profilo che non attiene al perseguimento degli obiettivi di efficienza del sistema giudiziario», la replica da parte degli avvocati non si era fatta attendere. A suscitarla ha contribuito anche l'ulteriore affondo del presidente Anm Piercamillo Davigo sulla necessità di dimezzare la platea degli avvocati e di introdurre per questo il numero chiuso a Giurisprudenza.Una prima risposta era stata data nelle scorse settimane dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina. In una delibera votata all'unanimità, oltre ad esprimere «sconcerto» per le affermazioni di Davigo che descrivevano l'avvocatura come «una categoria di professionisti intellettualmente disonesti», si metteva in evidenza un paradosso proprio a proposito delle tanto temute valutazioni di professionalità. «Non si capisce», scrivevano gli avvocati messinesi, «come la nostra categoria sia idonea al giudizio se si tratta di vestire i panni di giudici onorari per alleviare il carico dei togati o di giudicare gli stessi giudici onorari, e diventi invece inidonea se si tratta di giudicare i magistrati ordinari».Anche il Consiglio dell'Ordine di Milano, sulla scia dei colleghi siciliani, aveva votato all'unanimità nei giorni scorsi una delibera in cui si affermava che «le dichiarazioni del presidente dell'Anm circa il ruolo degli avvocati all'interno del Consiglio giudiziario ed in particolare relativamente alla possibilità che agli stessi sia riconosciuto il diritto di partecipare con il proprio voto alle valutazioni di professionalità dei magistrati, sono del tutto gratuite e offensive per l'avvocatura ed esprimono una visione corporativa del sistema Giustizia», orientata a «escludere il contributo degli avvocati nella funzione di controllo sull'operato dei magistrati».A tali dichiarazioni, in una catena di repliche ormai interminabile, ha risposto la giunta distrettuale dell'Anm del capoluogo lombardo lo scorso fine settimana. Al termine di una riunione convocata ad hoc, è stato confermato il pieno appoggio all'operato di Davigo, ma nel comunicato diramato al termine dei lavori è stato anche manifestato «sconcerto che la posizione dell'Anm, espressa a tutela dell'autonomia ed indipendenza della magistratura, possa essere letta come gratuita ed offensiva per l'avvocatura». Anzi, «la posizione dell'avvocatura milanese non può essere in alcun modo condivisa né esser posta in relazione con il ruolo positivo ed attivo dell'avvocatura nell'amministrazione della giustizia». A questo punto la partita è tutta politica. Bisognerà vedere, infatti, se il governo vorrà sostenere fino in fondo il ministro della Giustizia nella sua battaglia per il rafforzamento del ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari. Al momento, comunque Orlando, nonostante il fuoco di sbarramento delle toghe, non ha manifestato l'intenzione di fare marcia indietro.