Beh, la spinta alla battuta, quella per cui Silvio prima li fa e poi li accoppa, è irrefrenabile. Soprattutto riandando con la memoria ai tanti che dal '94 in poi sono stati sdoganati, "endorsati", investiti, incaricati, designati e poi, uno dopo l'altro, inesorabilmente rigettati e infine scartati: da Gianfranco Fini a Pierre Casini; da Claudio Scajola a Roberto Antonione; da Giampiero Samorì (che il Cavaliere puntava addirittura a sostituire) a Roberto Formigoni. Per finire ad Angelino Alfano: il "senza quid" che però, unico, è riuscito a ritagliarsi uno spazio politico proprio. Oppure che a forza di farsi concavo e convesso a seconda delle necessità alla fine sia finito in testacoda, informe e confuso.Poi però però le battute e i motteggi devono lasciare il proscenio per far posto alla politica, l'unica chiave interpretativa adeguata a spiegare le mosse dei leader di partito. Vale anche per la bocciatura decretata da Silvio Berlusconi nei confronti della sua ultima creatura, quello Stefano Parisi - ex manager e perdente di successo nella corsa a sindaco di Milano - incoronato prima dell'estate ad Arcore come l'uomo giusto per rivitalizzare lo stanco serbatoio elettorale forzista e ieri, dai microfoni di Radio anch'io, dal suo stesso mentore sgonfiato come un palloncino bucato causa conflitti con Salvini.La politica, appunto. Vista, ecco il punto, con gli occhiali del prossimo, decisivo, appuntamento elettorale referendario del 4 dicembre. Bene. Intanto quelle decine di migliaia di persone radunate sabato scorso a Firenze dal capo leghista, sostenute da Fdi e da non trascurabili esponenti forzisti come Giovanni Toti, fanno gola: regalarle all'estremismo e al radicalismo di destra è un non senso. "Quella roba lì", come l'ha apostrofata Parisi, rappresenta il carburante della possibile vittoria del No: disperderlo e deprezzarlo non aiuta.Poi il ruolo. Qualunque sia il mandato assegnato, nessuno può seriamente immaginare che non sia Silvio l'unico e legittimato "federatore" del centrodestra: in realtà il capo indiscusso nonché lord Protettore di una parte fondamentale dell'elettorato. Il fatto che Parisi abbia annunciato di volersi candidare per la leadrship ha fatto drizzare le antenne al Cavaliere: ognuno resti nel suo ambito perché il mazziere è e non può che restare uno solo. E infine l'equilibrio complessivo dello schieramento. Salvini avrà pure le sue bizze ed è legittimo che nutra ambizioni a largo spettro. Tuttavia la necessità dell'interlocuzione con Berlusconi non l'ha mai messa in discussione; ai vertici si è sempre presentato; la primazia di Silvio non l'ha mai sminuita. Se invece si produce uno strappo a causa di controversie e battibecchi «personali» poco comprensibili e maldigeriti dall'opinione pubblica moderata, allora non resta che intervenire, con l'atteggiamento del buon padre di famiglia, per sedare e rimettere le cose a posto.E' vero: l'età e gli acciacchi possono rendere i riflessi meno pronti, compresi quelli politici. Ma Berlusconi come pochi altri sa fiutare il vento e sa issare all'occorrenza le vele giuste. Così il mainstream che furoreggia sulle due sponde dell'Atlantico parla di un popolo "anti" che si ingrossa sempre più. Come un fiume in piena, si infila in ogni possibile alveo, esprimendosi ovunque ed in ogni occasione. In Italia c'è il referendum costituzionale: un drappo rosso sventolato davanti agli occhi di chi intende cogliere l'opportunità per manifestare malcontento, rabbia e preoccupazione. Senza necessariamente dover pensare al "dopo": per quello ci sono le forze politiche, è il loro compito.Ovvio che Berlusconi non intenda ostacolare un simile flusso: al contrario mira a farsene portavoce. Di qui la necessità di ricollocare sotto la sua ala anche i "trumpisti" di casa nostra (e qualcuno addirittura parla di una "cordiale" telefonata transoceanica tra i due) e chi quella rabbia intercetta, senza tuttavia cedere rispetto ai principi del moderatismo e della cautela. Il paragone con la Dc della prima Repubblica non regge: Silvio non è trasversale; piuttosto marca il territorio.Ecco perchè se da un lato Berlusconi mette i paletti al segmento centrista del perimetro politico tricolore («Non sono di destra», ha detto sabato scorso al Corriere); dall'altro copre con la sua aura anche le spinte più radicali. I maligni dicono che non fa altro che comportarsi da cerchiobottista confermando così la sua inaffidabilità; chi gli sta accanto sottolinea la capacità di saper sempre scegliere l'angolo giusto dove piazzarsi per sferrare la botta vincente.Questione di punti di vista. I conti si faranno una volta chiusi i seggi referendari. Ma una cosa è comunque sicura: che vinca il Sì o (opzione preferita) prevalga il No, in ogni caso a Silvio verrà consegnato un ruolo da protagonista. E' con lui che al Quirinale Sergio Mattarella ha voluto tratteggiare il dopo urne. Non è mica un caso. Carlo Fusi