«Una ricostruzione frutto solo della fantasia del cronista e della volontà dei suoi mandanti». Daniela Reggiani, portavoce di Massimo D’Alema, smentisce con virulenza la notizia, pubblicata su Repubblica, che vorrebbe l’ex premier disposto a sostenere Virginia Raggi a Roma pur di danneggiare Matteo Renzi. D’Alema non solo nega di aver mai pronunciato le parole che il quotidiano diretto da Calabresi gli attribuisce ma, parlando di «mandanti», lancia implicitamente un’accusa pesantissima alla maggioranza del suo partito. Il Pd ormai è una formazione lacerata in cui convivono, livorose, due fazioni irriducibili: i renziani (con tutte loro sfumature interne) e gli eredi della “ditta” (l’obiettivo preferito del segretario rottamatore). E infatti è bastato l’articolo di Repubblica per riaccendere gli animi durante gli ultimi scampoli di campagna elettorale per le Amministrative. Il primo a intervenire, su Twitter, è stato Matteo Orfini, “giovane turco” ex dalemiano, che ieri mattina ha scritto: «Spero che D’Alema smentisca al più presto. E che venga a darci una mano in questi ultimi giorni di campagna». Passano un paio d’ore e il presidente del Pd prende atto della rettifica e tira un sospiro di sollievo: «D’Alema ha smentito. Polemica chiusa. Lo aspettiamo a uno dei tanti gazebo per Giachetti che in questi giorni riempiono la città», cinguetta. Ma l’attivismo social del commissario romano del Pd non sfugge all’occhio di un bersaniano di ferro, il senatore Miguel Gotor, che risponde così al primo tweet di Orfini: «La prossima volta aspetta un paio d’ore x rilanciare se no il gioco di spin è troppo evidente e ci rendiamo ridicoli». Non la pensa come lui, invece, il collega d’Aula e di partito, Stefano Esposito, che con la scusa di difendere il presidente del partito, ne approfitta per lanciare qualche frecciata all’ex presidente del Consiglio: «La richiesta di chiarimento di Orfini è stata molto tempestiva ed efficace. d’altronde dichiarare di votare Raggi per colpire Renzi mi sembrava sinceramente troppo per una mente fine come quella di D’Alema. È un bene che questa inutile polemica si chiuda qui perché non aiuta a pochi giorni dal ballottaggio». A ravvivare il fuoco delle polemiche, però, ci pensa il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, che sul proprio sito insiste: «L’articolo riporta fedelmente quanto ci è stato raccontato da numerose fonti. Le frasi pronunciate da Massimo D’Alema sul suo orientamento di voto a favore di Virginia Raggi, così come sull’intenzione di dare vita ad un comitato per il No al referendum sono state ripetute in più occasioni di fronte ad interlocutori diversi. Parlare di mandanti esterni è grottesco, a muoverci non è altro che il giornalismo che significa raccontare storie di interesse generale. E questa ci pare proprio che lo sia».Vera o falsa che sia, la notizia di un eventuale impegno di D’Alema a favore della candidata pentastellata, però, colpisce anche i vertici del Movimento 5 stelle. Luigi Di Maio non si sbilancia, ma sembra interessato alla faccenda: «Prima bisogna vedere se è vero. Perchè, da quello che si legge, non è che si capisca proprio bene... », risponde ai cronisti che insistono, e se fosse vero? «No, sui se fosse non si fanno considerazioni politiche», dice il vice presidente della Camera. Incassare l’endorsement di D’Alema, del resto, non sarebbe strano per il Movimento 5 stelle, che a Roma ha già ufficiosamente incassato il sostegno di Sinistra italiana. Nelle ultime settimane Virginia Raggi ha strizzato più volte l’occhio a sinistra, anche proponendo i nomi di alcuni assessori, come l’urbanista Paolo Berdini, molto cari a un certo elettorato. Chi, invece, prova a ridimensionare la questione è il deputato e membro del Direttorio, Carlo Sibilia, che commenta: «Se è vero quello che viene scritto, il voto di Massimo D’Alema per Virginia Raggi sarebbe un voto in più a Roma. Non diamo un significato politico a una scelta di D’Alema. Ci sembra una partita tutta interna al Pd». E sulla stessa lunghezza d’onda di Sibilia si posizione un altro big del Movimento: se l’ex premier «vota Raggi mi è indifferente», chiosa Roberto Fico.