Tra le caratteristiche migliori di Mario Draghi c'è quasi sempre l'assenza di quella reticenza prudente che per i politici italiani è quasi una seconda natura, tanto sono abituati ad abbondare in mezzi toni. Nella conferenza stampa della settimana scorsa il premier ha detto chiaramente quel che era comunque già evidente: la crisi in Ucraina, peggio se combattuta davvero ma anche in caso di semplice tensione estrema e prolungata. È un disastro per l'Europa ma per l'Italia più che per gli altri. Perché, con le sue stesse parole "la Germania ha il carbone, la Francia ha il nucleare, noi non abbiamo niente". Conclusione: la nostra dipendenza dal gas russo è totale. Le ricadute sul prezzo del gas di una guerra ma anche di un reciproco cannoneggiamento a colpi di sanzioni e rappresaglie economiche sarebbero inevitabili. Si tratterebbe di un problema enorme comunque. In realtà la percentuale di gas russo di cui si serve l'Italia, 40%, è minore della media europea, 55%, soprattutto grazie alle forniture della Tunisia, che coprono il 20% del fabbisogno. Lo è a maggior ragione dal momento che pioverebbe sul bagnato: la crisi energetica non è stata innescata dalla tensione in Ucraina, la situazione sarebbe grave comunque. Una guerra o sanzioni davvero severe, la renderebbero estrema. Oltre tutto vanificherebbero la speranza di riportare sotto controllo l'inflazione, conseguenza diretta dell'impennata dell'energia, entro la fine di quest'anno. Anche questo lo ha fatto capire molto chiaramente Draghi nella sua ultima conferenza stampa. Con simili prospettive la strategia italiana può essere una sola: adoperarsi con ogni mezzo per evitare sanzioni realmente dure, quelle che vorrebbero invece comminare Usa e stati baltici della Ue. Le dichiarazioni fiammeggianti sono facciata: nessuno vuole davvero impantanarsi in un conflitto strenuo che metterebbe in ginocchio i punitori quanto e più del punito. Draghi in Europa non è solo, ed è forse il principale punto di forza dell'Italia, che verrebbe penalizzata da un precipitare totale della situazione più di chiunque altro nella Ue. Né Germania né Francia, pur trovandosi in condizioni migliori della nostra, vogliono davvero forzare la mano. Le Germania è il solo Paese che sinora abbia fatto un vero passo, congelando l'entrata in funzione del gasdotto North Stream 2. Non è una mossa indolore, dal momento che il gasdotto russo permetterebbe di abbassare i costi dell'energia e si sa quanto sarebbe necessario oggi. In compenso la decisione di Scholz non implicherà peggioramenti a breve della situazione, dunque non provocherà ondate di malcontento mentre il prezzo pagato dai russi sarà immediato. Anche se non ci fosse una nuova stretta in conseguenza del conflitto russo- ucraino, la crisi energetica, che si trascina dietro inflazione già attivissima e prima o poi anche un rialzo dei tassi deciso dalla Bce crea a Draghi problemi di ordine non solo economico ma anche politico. La situazione della maggioranza è sconsolata. Nonostante il lisciabusso del premier la settimana scorsa, i partiti insistono nel difendere le loro bandiere: il tetto del contante di Fi, il no alla Tav dei 5S, il freno alla riforma del catasto e le critiche rivolte al Green Pass per la Lega. A un anno dalle elezioni politiche non potrebbe essere diversamente perché, come ha spiegato Berlusconi a Draghi, ad alcune posizioni non scindibili dall'identità del partito nessuno può rinunciare con le urne tanto vicine. Si farebbe probabilmente torto a Draghi pensando che, digiuno di politica parlamentare, non avesse previsto la spinta centrifuga dopo l'elezione del capo dello Stato. Il progetto, forse ottimistico ma non necessariamente, era compensare le mazzate di volta in volta inflitte agli elettorati dei diversi partiti con politiche espansive rese possibili dalla ripresa. Ma la crisi energetica e l'inflazione, a rischio di aggravamento se la crisi ucraina degenerasse ulteriormente, limitano il possibile uso di quella carta vincente senza in compenso incidere sula necessità dei partiti di difendere almeno in parte i loro vessilli, checché ne dica Draghi. In questa situazione la stabilità somiglia molto a una chimera.