Dal palco del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini il ministro Giorgetti annuncia che l'austerità prosegue. Non che lo dica esplicitamente ma le parole in codice sono facilmente decodificabili: «Sarà una manovra complicata, non si potrà fare tutto. Siamo chiamati a decidere delle priorità: dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita». Parole e toni dalle quali traspare una realtà cruda: le risorse a disposizione sono scarse, bisognerà rinunciare a molti sogni.

La stessa cosa avrebbe detto la premier al suo vice e leader della Lega Matteo Salvini, nel lungo incontro a sorpresa nella masseria pugliese nella quale la premier passa le sue brevi vacanze. In effetti nessuno più di lui è interessato alla faccenda, dal momento che il suo cavallo di battaglia, le pensioni, è uno di quelli più azzoppati dalla penuria di fondi. «Non c'è nessuna riforma delle pensioni o misura previdenziale che tenga con i numeri della natalità di oggi». Analisi dalla quale non traspare l'urgenza di accelerare su una riforma delle pensioni in tendenza opposta a quella della legge Fornero. Le coperture per confermare quota 103 dovrebbero esserci ma oltre non si andrà. Brutta notizia anche per Forza Italia, che ha ricominciato a scommettere sull'eterna carta vincente di Silvio Berlusconi: le tasse. Un ampliamento della Flat Tax però sarà difficilmente realizzabile quest'anno e anche Tajani, come Salvini, dovrà fare buon viso a cattivo gioco.

Sono indicazioni di massima. Alla presentazione della Nadef, la nota di aggiustamento al Def manca più di un mese: ogni ipotesi è in anticipo pur se non largo. In realtà, però, le scelte che il governo dovrà fare in settembre condizioneranno quella Nadef attesa per il 27settembre e la successiva legge di bilancio. Per il governo fare subito i conti è imperativo e del resto lo aveva detto chiaramente la stessa premier all'uscita dall'incontro con le opposizioni sul salario minimo: la sua proposta alternativa per una legge contro il lavoro povero, che combaci in parte o meno con il salario minimo di 9 euro lordi per il quale le opposizioni stanno raccogliendo firme, deve essere presentata a settembre in modo da fissare le coperture nella prossima manovra. Se arriverà davvero e se sarà una cosa reale e non solo di facciata quella legge costerà allo Stato: definirne i costi è dunque essenziale per la Nadef.

In settembre, poi, dovrà essere convertito il decreto con la tassa sull'extragettito e anche quella è una voce importante, anche se sulla colonna delle entrate e non in quella delle uscite. Non è ancora chiaro a quanto dovrebbe ammontare l'introito dopo la sforbiciata gigante del ministro Giorgetti, che lo ha già dimezzato. Le voci di palazzo oscillano tra i 2 e i 3 miliardi ma sono calcoli fatti sull'acqua. Prima della conversione, infatti, ogni conto è un azzardo sparato alla cieca. Fi è decisa a calmierare il prelievo e Tajani ha già messo in campo le sue richieste non trattabili: certezza che si tratti di una misura una tantum, deducibilità fiscale, esenzione per gli istituti più piccoli. Ma è probabile che al momento dell'approdo in aula qualche altro ritocco, più o meno piccolo, spunti fuori. Impossibile oggi calcolare quale cifra porterà davvero il prelievo ma ai piani alti di Fi c'è chi scommette, ovviamente senza dolersene, che non si andrà oltre il miliardo e sarebbe davvero molto poco.

Al momento, e con tutte le incognite del caso, la manovra dovrebbe stare tra i 25 e i 30 miliardi, più vicina alla seconda che non alla prima cifra. Le principali voci di uscita, ineludibili, sono già fissate: la proroga del cuneo fiscale, che si porterà via il grosso delle risorse, il rinnovo del contratti della Pa, la spese militari, qualcosa per la delega fiscale. Il problema politico che il governo dovrà affrontare dunque si profila piuttosto nettamente: dovrà trovare una ventina di miliardi senza ricorrere al debito e probabilmente ma soprattutto non avrà nulla da mettere sul tavolo per i ristori delle fasce di popolazione più colpite da crisi e inflazione. Con una opposizione che proprio su quel fronte è ben decisa a martellare, il rischio di una caduta dei consensi per la prima volta c'è davvero.