Re Mida al contrario. Presidente delle tasse. Regina dell’austerità. Sono le accuse rivolte da Giuseppe Conte, Maria Elena Boschi ed Elly Schlein alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso del premier time alla Camera. Nel quale l’inquilina ha risposto alle domande di maggioranza e opposizione sui temi più svariati, dal conflitto israelo-palestinese all’assegno di inclusione, dal patto di stabilità all’emergenza sanitaria. Ma nel quale soprattutto è andato in scena il prologo di quello che sarà il duello in tv tra la leader di Fratelli d’Italia e la segretaria del Pd in vista delle Europee.

Quella di Schlein è stata l’ultima interrogazione, conclusa con quell’appellativo affibbiato alla presidente del Consiglio, «regina dell’austerità», che in tribuna stampa ha fatto subito tornare al 2005 e alla Regina del celebrità, storico brano degli 883. Poco dopo, in un capannello di giornalisti in Transatlantico Schlein sorridendo dirà al Dubbio che no, non era una citazione voluta, ma in effetti suona bene.

Per la prima volta forse da quando è alla guida del Nazareno la segretaria del Pd ha avuto un guizzo, ha puntato il dito (nel vero senso della parola) contro la leader di Fd’I. «Giorgia Meloni è la regina dei tagli» sulla sanità e «si conferma la regina dell’austerità. Noi continueremo a batterci per la sanità pubblica», ha scandito la leader dem accusando poi la destra di non essere «sociale» ma «letale sul diritto alla salute».

Un botta e risposta senza esclusione di colpi, quello tra le due probabili protagoniste della campagna elettorale per le Europee. «Il tetto alla spesa per il personale sanitario è stato introdotto nel 2009 e questo negli anni ha comportato il crescente ricorso ai contratti a termine e al devastante fenomeno dei medici gettonisti», dice Meloni. E Schlein replica: «Sa chi era ministro nel 2009? Lei, signora presidente». E Conte applaude, ancor più quando la leader dem attacca sull’autonomia «che spacca il paese a metà creando cittadini di serie A e di serie B».

Poco prima era toccato al presidente M5S attaccare Meloni sul patto di stabilità, definito «pacco di stabilità che fa perdere all’Italia 12 miliardi». All’interrogazione pentastellata la presidnete del Consiglio risponde che l’accordo in sede europea «non è quello che avremmo scritto noi» ma «il migliore possibile alle condizioni date». Cioè vista «l’eredità di un deficit al 5,3% causato dalla ristrutturazione di seconde e terze case». Il riferimento è al Superbonus, e Conte non ci sta. «Avete fatto caso che a chi le chiede che ore sono lei risponde comunque: “Si ma il Superbonus?”», dirà poco dopo ai cronisti l’ex presidente del Consiglio. Che in Aula definisce Meloni «Re Mida al contrario» perché «ciò che tocca distrugge» e chiedendole quindi «di fare meno, così creerà meno danni agli italiani».

Pochi minuti era stata Maria Elena Boschi a definire l’inquilina di palazzo Chigi «la presidente delle tasse» in replica all’interrogazione sull’aumento Irpef per gli agricoltori. Che Meloni non nega ma giustifica spiegando che «vogliamo che le risorse vadano a chi ne ha effettivamente bisogno e non vogliamo agricoltori che vivono di sussidi».

Il premier time era partito con le richieste di chiarimenti del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, sulla posizione italiana sulla guerra israelo-palestinese, e già lì c’erano state le prime scintille. «Sono un po’ colpita dal fatto che si sia omesso di citare gli eventi che hanno scatenato la crisi mediorientale, ovvero il feroce attacco di Hamas», dice Meloni che poi ammette di «non condividere la posizione di Netanyahu» (il quale ha escluso la possibilità di uno stato palestinese, ndr). «Abbiamo sempre condannato gli attacchi terroristici di Hamas - replica Fratoianni - ma la prima cosa da fare è riconoscere lo stato palestinese».

Poi l’interrogazione di Azione su Stellantis, che, spiega Richetti, «non è un puntiglio contro un’azienda e ancor meno contro un organo d’informazione (Repubblica, ndr) ma un probema di tutta la politica» e che permette alla presidente del Consiglio di attaccare, indirettamente, gli Elkann. «Un’auto pubblicizzata come gioiello italiano deve esse prodotta in Italia», scandisce Meloni. Che replica poi ai complimenti di Noi Moderati sull’assegno d’inclusione («vale più del reddito di cittadinanza») di Forza Italia sulle privatizzazioni («l’obiettivo è ottenere 20 miliardi in tre anni»), della Lega sulle misure per gli anziani («oltre un miliardo per migliorarne la vita») e di Fdi sui provvedimenti per il Mezzogiorno («è falso che lo abbiamo abbandonato).

L’opposizione attacca con Magi di PiùEuropa sui risarcimenti per i parenti delle vittime delle stragi naziste, e sul punto la presidente del Consiglio rimette tutto nelle mani dell’Avvocatura dello Stato. Accusata da Magi di «obiezioni capziose e opportunistiche» e difesa invece dalla leader di Fd’I perché «fa solo il suo lavoro.

Ma in buvette, al termine dei lavori, si parla solo del duello Schlein- Meloni e del primo vero guizzo della leader dem da quando siede sullo scranno più alto del Nazareno. Lontano dalle Spa di Gubbio, oggi la regina del celebrità è stata lei.