In sé si trattava di due emendamenti minori ma il segnale politico è tutt'altro che minore. Ieri al Senato si votava la conversione del dl Capienze, quello che regola gli accessi agli eventi sportivi e culturali. Il governo è andato sotto due volte consecutive. La prima volta l'emendamento era firmato, oltre che da Lega e Fi, anche dal Pd. Chiedeva di rendere obbligatorio il Green Pass sui bus turistici, in modo da permetterne la capienza al 100 per cento. Il governo, sino a quel momento favorevole, ha dato in extremis parere negativo. Il Pd si è uniformato e ha ritirato l'emendamento. Lega e Fi hanno insistito e anche Iv ha votato favore come, dall'opposizione FdI, ma anche qualche senatore del Pd. Subito dopo è stato il turno di un emendamento di Iv che innalzava il limite di età per i direttori generali delle aziende sanitarie locali in fase di pandemia. Si è ripetuto lo stesso spettacolo: parere negativo del governo, ignorato da Lega, Fi e Iv. Una doppia sconfitta del governo non è mai un buon segno. Soprattutto non è un buon viatico per la legge di bilancio. L'eventualità che la stessa maggioranza torni a farsi sentire su temi più nevralgici, in particolare sul reddito di cittadinanza, è tutt'altro che peregrina ma le possibilità di incidente, nei voti sulla manovra, sono numerose.

I conflitti interni al M5S

Oltretutto piove sul bagnato e non solo perché lo sfilacciamento di una maggioranza che era già fragile sin dall'inizio appariva evidente da settimane. La botta inflitta ai 5S con le nomine Rai però aveva inflitto un ulteriore colpo. Come sempre quando si tratta di viale Mazzini le cose sono più intricate di quanto non sembri. Lo scontro sotterraneo tra Conte e Di Maio, che aveva dato il via libera all'organigramma che lascia a bocca asciutta proprio il Movimento, è stato determinante. Draghi, per il Tg1, avrebbe voluto una manager ed è stato fermato anche dalle resistenze interne dell'Usigrai. Ma la conclusione è che i 5S, partito di maggioranza relativa in Parlamento, sono rimasti tagliati fuori dalle nomine e la reazione scomposta di Conte ha peggiorato il quadro. Lo stesso scontro interno alla maggioranza sui relatori della legge di bilancio, con le forze sia di destra che di sinistra contrarie ad assegnare l'incarico a un 5S, è eloquente.

Destra divisa sul futuro di Draghi

Salvo miracolo, dunque, la maggioranza arriverà al momento della verità, tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, completamente sfarinata e con l'asse destra- Iv sempre più incombente. Sul fronte destro, inoltre, Giorgia Meloni ha calato i suoi assi reclamando dagli alleati lealtà su due punti chiave: il no a Letta sul tavolo dei leader di maggioranza per concordare il capo dello Stato e il fronte compatto contro il proporzionale. La destra resta molto divisa. Meloni vuole il voto, gli alleati interni alla maggioranza no. Berlusconi è più che pronto a confermare Draghi anche dopo le elezioni, casomai non fosse lui il capo dello Stato. Meloni e Salvini fanno muro contro quell'ipotesi. Di fatto però la destra non sembra in grado di rappresentare una diga contro il voto anticipato, spinto anche dalla notizia fatta pervenire ai parlamentari che saranno comunque in grado di ottenere la pensione, anche qualora la legislatura non dovesse arrivare al prossimo settembre.

Elezioni Politiche nel 2022?

L'eventualità delle elezioni nel 2022, fino a poche settimane fa esclusa da tutti dopo la nascita del governo Draghi ha così ripreso quota e appare sempre più probabile. Incidenti gravi sulla legge di bilancio la renderebbero inevitabile e in questo clima anche arrivare allo scontro diretto sull'elezione del prossimo presidente renderebbe quasi impossibile proseguire con la legislatura. Lo stesso Draghi si rende probabilmente conto di non poter proseguire con una maggioranza nella quale le pulsioni rissose, già elevatissime, riceveranno nuovo vigore dall'approssimarsi delle elezioni politiche, da una campagna elettorale che comunque inizierà subito dopo la nomina del presidente. Sul fronte del Colle il rischio ormai tangibile di scioglimento anticipato delle Camere rafforza le posizioni di Draghi. Anche perché se in questa condizione che corre verso lo sfaldamento c'è un possibile capo dello Stato in grado, forse, di imporre la sopravvivenza della legislatura sino a scadenza naturale, quello è proprio Draghi.