Mancano i «presupposti giuridici». E quindi paradossalmente Carlo Nordio respinge, con l’istanza di revoca del 41 bis per Alfredo Cospito, anche la contestazione più immediata: quella secondo cui il “no” sarebbe “politico”, ispirato alla logica della fermezza. E invece il ministro, si chiarisce in modo accurato da via Arenula, non poteva fare altro.

Non poteva che adeguarsi – è l’interpretazione autentica proposta sul provvedimento – ai principi che regolano la revoca sul “carcere duro”: vale a dire, verificare se, rispetto alla decisione con cui Marta Cartabia, nella primavera scorsa, aveva sottoposto il recluso al 41 bis, siano venute meno le motivazioni di partenza, come sostenuto nell’istanza dell’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Cospito. Ebbene, il quadro di «pericolosità» e la «capacità di condizionare» le cellule anarco-insurrezionaliste, secondo Nordio, non sono venute meno. Il detenuto continua a essere il «punto di riferimento» di un ampio spettro di gruppi e persone che si riconoscono nell’antagonismo militante. I suoi scritti, in grado di passare tra le maglie dal regime di “alta sicurezza 2” in cui Cospito era precedentemente ristretto, rappresenterebbero per molti un’incitazione alla rivolta, anche violenta, contro lo Stato. E continuerebbero a ispirare azioni antagoniste, qualora Cospito riuscisse nuovamente a diffonderli oltre le sbarre del carcere.

L’anarchico deve dunque essere tenuto al 41 bis, che «meglio dell’alta sicurezza» può impedire la trasmissione di quei messaggi. Fino alla chiosa decisiva: l’istanza di revoca del 41 bis presentata dal legale di Cospito era motivata dalla “caduta” di alcuni presupposti, e in particolare dalle motivazioni pubblicate lo scorso 13 dicembre con cui il Tribunale capitolino aveva smentito l’affiliazione alla “Fai” – la Federazione anarchica informale in cui si riconosce Cospito – dei gruppi antagonisti presenti nel centro sociale romano Bencivenga, con i quali l’anarchico aveva intrattenuto scambi di lettere. Ma appunto, in ossequio alla logica dei provvedimenti sul 41 bis, l’assoluzione di quegli attivisti è stata ritenuta insufficiente da Nordio.

Intanto, si osserva da via Arenula, nel processo capitolino Cospito non era fra gli imputati. E soprattutto, nel frattempo il recluso ha acquisito una influenza su una vasta galassia di realtà insurrezionaliste.

Ora, è indiscutibile che sull’irrilevanza della sentenza di Roma «concordano» tutti e quattro gli uffici giudiziari dei quali il guardasigilli ha acquisito il parere: Procura nazionale Antimafia, Dda di Torino, Procura generale di Torino e Tribunale di Sorveglianza. Ma è vero pure che solo il pg torinese Francesco Saluzzo ha individuato con nettezza, in Cospito, un «catalizzatore» e un «riferimento» del mondo anarchico. E che il capo della Dna Giovanni Melillo, ma anche la Dda torinese, avevano viceversa fatto notare al ministro quanto fosse difficile considerare Cospito «al vertice» di una qualche a rete, ruolo che dovrebbe rendere inevitabile il 41 bis.

Resta però il dato formale a cui Nordio sembra affidarsi con più decisione: rispetto al decreto firmato da Cartabia, non vi sarebbero le «novità» necessarie per un provvedimento di revoca. È una logica giuridica che persino un garantista come il vicesegretario di Azione Enrico Costa considera «rigorosa», tanto da giudicare «sbagliatissimo» il tentativo di attribuire alla decisione del ministro «valenza politica». E questo lo pensano tutti, nella maggioranza come nel Terzo polo. Dal viceministro, e figura di primo piano in FI, Francesco Paolo Sisto («è un provvedimento meramente tecnico» ) al sottosegretario leghista Andrea Ostellari («non si cede ai ricatti» ) e al capo del Carroccio Matteo Salvini, fino ai capigruppo forzisti Alessandro Cattaneo e Licia Ronzulli. Tutti d’accordo. Come Giorgia Meloni, che fino all’ultimo ha ribadito l’impossibilita di cedere a «violenze e minacce».

Nordio ha scelto di rispondere all’istanza di revoca: avrebbe potuto farlo fino a dopodomani, 12 ottobre. Avrebbe anche potuto restare in silenzio. E attendere il crocevia definitivo, l’udienza del 24 febbraio in Cassazione in cui si discuterà il ricorso proposto dall’avvocato Rossi Albertini contro il no all’istanza di revoca presentata ( in parallelo a quella appena respinta dal guardasigilli) al Tribunale di Sorveglianza. Ma il difensore, poche ore prima che il direttore di Opera gli comunicasse il rigetto del ministro, aveva fatto notare che «due settimane sono troppe», che il suo assistito «andrà avanti fino a morire». Lo ribadirà oggi alle 14 in una conferenza stampa a cui interverranno anche Luigi Manconi e Nicola Fratoianni. E intanto annuncia reclamo contro la decisione di Nordio.

GLI ALLARMI DEI GARANTI

Tutto tiene? Non proprio, Lo si coglie dagli allarmi rilanciati da Garanti territoriali e Garante nazionale dei detenuti. I quali rimettono in gioco un dettaglio non proprio marginale: Cospito, come dice il presidente dell’authority nazionale Mauro Palma, è «una persona di 55 anni che non si nutre da troppo tempo».

Da 113 giorni, per l’esattezza. Racconta il Garante: «Ieri ( oggi per chi legge, ndr) ho visto Cospito a Opera: è in condizioni decenti, ma la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro». E davvero nel decreto di rigetto, Nordio non ha tenuto conto della drammatica prospettiva segnalata da Palma? Certo che ne ha tenuto conto, si osserva dal ministero della Giustizia, tanto da aver ricordato che il detenuto è stato trasferito da Sassari al carcere milanese, dov’è monitorato con strumenti più adeguati. Tradotto: più di quanto si è già fatto non si poteva, riguardo al pericolo di un decesso di Cospito al 41 bis. Si può giocare alla roulette russa con il rischio che l’anarchico muoia al carcere duro? No, sembra politicamente insostenibile. E qui la «logica rigorosa» del ministro vacilla. A meno che non si scommetta sulla possibilità di imporgli l’alimentazione qualora perda i sensi.

Ipotesi ritenuta impercorribile dai giuristi e così definita dai Garanti territoriali dei detenuti: l’amministrazione penitenziaria, cioè lo Stato, ricordano, è responsabile delle condizioni di salute di Cospito, ma «non certo della sua volontà di condurre lo sciopero della fame anche fino alle estreme conseguenze, volontà che non può essere coartata, neppure attraverso forme di trattamento sanitario obbligatorio, di alimentazione forzata, se e quando dovesse perdere coscienza». È il punto. Che con la sua decisione di ieri, Nordio non è riuscito a risolvere.