La Spagna ha parlato "chiaramente e ha assicurato che il blocco arretrato e retrogrado, che proponeva un'abrogazione totale di tutti i progressi che abbiamo fatto negli ultimi quattro anni, ha fallito". Lo ha detto il presidente del governo e leader del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), Pedro Sanchez, dal balcone della sede nazionale dei socialisti in via Ferraz a Madrid nel commentare il risultato elettorale che ha visto il suo partito perdere di misura con i popolari.

Sanchez ha salutato i suoi sostenitori e li ha ringraziati per i loro voti e per la loro dedizione durante la campagna elettorale. "Grazie dal profondo del cuore. Abbiamo dimostrato al mondo che siamo una democrazia forte e pulita, una grande democrazia", ha aggiunto il leader socialista. Sanchez ha rivendicato il suo risultato, sottolineando che il Psoe ha ottenuto più voti, più seggi e una percentuale più alta rispetto a quattro anni fa. "Qualche settimana fa ho chiesto elezioni anticipate perché ritenevo che come società dovessimo decidere quale direzione prendere: una direzione di progresso o una direzione di regressione come quella proposta da Partito popolare e Vox", ha evidenziato il leader socialista. 

Numeri alla mano, la sinistra può restare al governo solo se ottiene l'appoggio di tutte, o quasi, le forze indipendentiste rappresentate alle Cortes. Un obiettivo difficile ma niente affatto impossibile. Sanchez ha fatto molto per abbassare la tensione tra Madrid e Barcellona ed è uscito relativamente indenne dallo scandalo causato dalla presenza nelle liste di Bildu di alcuni ex terroristi dell'Eta.

Il ruolo di improbabile "kingmaker", come stanno sottolineando numerose testate spagnole, potrebbe spettare quindi a Puigdemont, sulla carta un conservatore. Ammesso che Abascal lo appoggi, a Feijo'o' basterebbe il sostegno di Junts per Catalunya per conquistare e mantenere l'incarico, che il re Filippo VI dovrebbe affidargli nelle prossime ore. Appare tuttavia non semplice un connubio tra Puigdemont e il successore di quel Mariano Rajoy che, dopo il referendum per l'indipendenza del 2017, commissariò la regione e lo costrinse all'esilio. Senza contare l'accesa ostilità di Vox nei confronti degli indipendentisti, che renderebbe complicato anche un appoggio esterno congiunto. Ma la politica, si sa, è l'arte del possibile.

Più probabile, quindi, che l'ex presidente catalano finisca per concedere il via libera a una permanenza di Sanchez alla Moncloa. Un sostegno indispensabile che non arriverà "in cambio di nulla", ha avvertito la capogruppo di Junts per Catalunya alla Camera, Miriam Nogueras, tra i probabili destinatari del messaggio pubblicato su Twitter all'alba da Ayuso, che ha esortato a non lasciare che il  verdetto delle urne diventi "un'arma in mano a chi vuole distruggere la Spagna".

La speranza di Feijo'o è che i socialisti si astengano per consentire il suo insediamento, come avvenne quando nacque il governo Rajoy. Il senso delle sue dichiarazioni postelettorali è tutto qui. Ma Sanchez non intende mollare una partita che, contro ogni pronostico, potrebbe terminare con una sua sorprendente conferma. In uno scambio di messaggi, confermato da fonti di entrambi i partiti, Feijo'o' ha chiesto al premier di "restare in contatto nei prossimi giorni per evitare una paralisi politica".

Sanchez, da parte sua, avrebbe scritto un messaggio a Feijo'o', prima di incontrare i sostenitori, nel quale, si apprende, "non è entrato nei particolari del voto né nelle opzioni per la formazione di un governo". Fonti del Psoe hanno aggiunto inoltre che Sanchez intende chiedere un riconteggio dei voti dei residenti all'estero. Ora si riunirà il direttivo del Pp. E l'atmosfera sarà meno idilliaca di quanto sperato.