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Le prigionie sono sempre causa di grandi letture e di ritrovamenti in libreria di testi dimenticati. A me è capitato di imbattermi nella “Storia Costituzionale d’Italia” di Carlo Ghisalberti (editore Laterza) , uno dei primi libri a carattere giuridico che ho avuto in mano e di rileggerlo d’un fiato , a tanti anni di distanza. Poi come spesso avviene sono andato a verificare le notizie sull’autore, mancato pochi mesi orsono, poche settimane prima di questa tempesta.Ghisalberti è stato un autore atipico ; fuori dalle scuole accademiche , si formò come storico del diritto alla scuola fiorentina di Francesco Calasso, ma rimase sempre fuori dall’ambito delle facoltà giuridiche e sociali , nonostante la sua esperienza di funzionario parlamentare . Il suo libro però è di grandissima attualità e contiene un monito profetico . A proposito della legislazione in periodi eccezionali è utile citare un passo relativo alla situazione del 1917 che sembra scritta stamattina: «L’assunzione da parte dell’esecutivo,per un così lungo periodo della funzione legislativa diffondeva nella nazione la sensazione che lo Stato potesse confondersi con l’Esecutivo, abituando così il Paese a sottovalutare istituti e strumenti giuridici posti a garanzia della libertà». Con lucida analisi della produzione normativa durante la Prima Guerra Mondiale Ghisalberti prefigura nello svuotamento (in ogni senso , anche all’epoca ) del Parlamento il sintomo più evidente della fine dello Stato Liberale , che avrebbe portato di lì a pochi anni alla dittatura. Con ogni dovuta cautela ed evitando richiami troppo scolastici alla teoria di Vico , è evidente che il ricordo dell’ultima emergenza nazionale avvenuta in regime democratico in Italia può essere molto utile. In tempi di guerra c’è la necessità che le Istituzioni democratiche siano presenti ed efficienti . Le Camere dovrebbero essere aperte e convocate permanentemente , altro che vacanze o sedute contingentate. Chi assume una funzione pubblica tanto importante come quella di rappresentante della Nazione non può mettersi in quarantena come un impiegato; il giuramento di adempiere l’incarico con «disciplina e onore» previsto dall’art.54 della Costituzione, per un parlamentare vale doppio, perché egli «rappresenta la Nazione» (art. 67 ) ed è un potere dello Stato. Poiché la scelta di farsi eleggere è libera e ambita e non prescritta da alcun medico , è evidente che le cautele e i timori che sono giustificati in un comune cittadino e anche in un impiegato pubblico, debbono cedere di fronte alla coscienza del proprio ruolo da parte del membro delle Camere .Ciò anche perché un Governo che si regge su una maggioranza risicata almeno al Senato non può legiferare su diritti costituzionali fondamentali , come la libertà di circolazione e quella di impresa , senza un accurato vaglio e verifica delle sue scelta da parte del potere legislativo. A maggior ragione poi quando , queste normativa (del tutto assimilabili alle Grida di manzoniana memoria per concitata e continua produzione) incide sul codice penale e introduce reati per comportamenti in tempi normali del tutto lecito, come andare a trovare la fidanzata. Il Parlamento non può limitarsi ad essere un “passaggio “ quasi burocratico delle scelte del Governo ed è gravissimo che da parte di taluno si invochi l’assenza di dibattito “perché non ce lo possiamo permettere “.La democrazia parlamentare è come la cultura . Non è un lusso da sfaticati , ma è una necessità fondamentale per la verifica e la validazione di scelte legislative che, per l’emergenza del momento, rischiano di essere prese da pochissime persone sulla base di una situazione che è invece in continua evoluzione.Ogni ipotesi scientifica è valida in quanto è falsificabile e verificabile , ha insegnato Popper. Lo stesso vale per la democrazia.A proposito : “La società aperta” di Popper è uno dei tanti capolavori frutto di una quarantena ; il libro scritto nell’allora remotissima Nuova Zelanda da un ebreo in fuga dal virus della persecuzione. Un bel modo di passare il tempo.