Corruzione per l’esercizio delle funzioni, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Sono i reati che vengono contestati a cinque persone, finite agli arresti domiciliari. Nomi eccellenti, raggiunti da un’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli. Si tratta di Roberto Penna, all’epoca dei fatti sostituto procuratore presso il Tribunale di Salerno, Maria Gabriella Gallevi, avvocato del Foro di Salerno, e degli imprenditori Francesco Vorro, Umberto Inverso e Fabrizio Lisi (quest'ultimo generale della Guardia di Finanza in quiescenza ed ex comandante della Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza di L'Aquila), finiti al centro di un’indagine condotta dai carabinieri. Roberto Penna, inoltre, aveva chiesto il trasferimento in prevenzione presso il tribunale di Roma, nel momento in cui era titolare del processo contro l'ex procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, accusato a Salerno di è accusato di falso ed errore determinato dall’altrui inganno. Una vicenda legata all'innalzamento della scorta. Infine, si ricorda che le persone indagate sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza di condanna passata in giudicato, così come previsto dall'articolo 27 della Costituzione.

Le accuse all'ex pm di Salerno Roberto Penna

Secondo la procura di Napoli, il magistrato Roberto Penna, abusando della sua funzione e in cambio della promessa del conferimento di incarichi di consulenza professionale all'avvocato a cui era sentimentalmente legato, avrebbe promesso, e in alcuni casi anche fornito, agli imprenditori arrestati, aderenti a un consorzio, notizie coperte da segreto investigativo su indagini potenzialmente pregiudizievoli per le loro attività. Lo scorso 14 luglio i carabinieri del Ros, su delega dell'ufficio inquirente partenopeo (pm Ardituro e Fratello) avevano eseguito una serie di perquisizioni nei confronti degli arrestati. L'attività d'indagine dei carabinieri, che va dall'ottobre 2020 al luglio 2021, avrebbe fatto luce su un vero e proprio «patto corruttivo» tra il magistrato, a conoscenza, per ragioni d'ufficio, di informazioni coperte da segreto, e gli imprenditori del consorzio i quali avvalendosi della sua compiacenza sarebbero riusciti a evitare i provvedimenti interdittivi della Prefettura di Salerno, dove, peraltro, il consorzio in questione aveva la sua sede. Gli imprenditori, inoltre, sempre avvalendosi dell'aiuto del magistrato, avevano intenzione di allacciare rapporti privilegiati con i funzionari del Palazzo di Governo di Salerno per conseguire la collocazione del consorzio nella cosiddetta «white list». Tra gli obiettivi che si erano prefissati figura anche la sottoscrizione di un protocollo di legalità tra il loro consorzio e la Prefettura.