A scendere in piazza dietro gli striscioni del Partito democratico l’ex Cinque stelle Dino Giarrusso si sente decisamente «a casa». Nessun imbarazzo, nessun tentennamento e nessuna folgorazione improvvisa, quello è il suo luogo naturale, da sempre, come ha spiegato ai giornalisti presenti al corteo milanese del 25 aprile.

A noi osservatori imparziali il candore di queste parole crea però un senso di straniamento, almeno quanto i suoi vuoti di memoria. Stiamo parlando dello stesso Giarrusso che, quando era un fiero militante pentastellato, definiva il Pd un partito «corrotti e corruttori», chiedendosi con sarcasmo chi fosse mai il responsabile del “dipartimento tangenti”. E che si è allontanato dal movimento guidato da Giuseppe Conte accusandolo di «subalternità» verso gli odiati dem: «Allearsi con loro sarebbe un suicidio!», sentenziò appena sei mesi fa. Ma, come dice il saggio, le cose evolvono e solo gli stupidi non sanno cambiare idea.

E Giarrusso non è certo uno stupido. Così, già lo scorso gennaio ha annunciato il desiderio di ritorno all’ovile e l’intenzione di iscriversi al partito per sostenere la corsa alle primarie di Stefano Bonaccini, allora dato largamente in testa da tutti i sondaggi. Che poi Bonaccini abbia perso le primarie è soltanto un dettaglio perché il nostro campione sa adattarsi a ogni scenario. «Sono felice che abbia vinto Elly Schlein, darà un’impronta di sinistra al partito». Ben tornato a casa Dino.