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È destinata a far discutere l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9727/2022, che è intervenuta in materia di patrocinio a spese dello Stato. I giudici della Suprema Corte hanno stabilito che la mancata comunicazione delle variazioni di reddito comporta la revoca del beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il tutto a prescindere dalla circostanza che la variazione stessa non determini il superamento del limite reddituale previsto per legge. La decisione della Cassazione deriva da un ricorso presentato contro un’ordinanza della Corte d’appello di Firenze con la quale era stato accolto un reclamo avverso la revoca del patrocinio a spese dello Stato in occasione di un procedimento penale. Di qui l’ammissione al beneficio con conseguente liquidazione dei compensi. I giudici fiorentini hanno considerato che «l’onere della parte di comunicare le variazioni di reddito anno dopo anno non sia sanzionabile con la perdita del beneficio nel caso in cui si tratti di variazioni non determinative del superamento del limite che giustifica l’ammissione al beneficio». Nel caso in questione il ministero della Giustizia, prendendo in considerazione un unico motivo di doglianza, ha proposto ricorso davanti ai magistrati di Piazza Cavour. Questi ultimi hanno ribaltato l’orientamento di Firenze, ritenendo fondato quanto sostenuto dall’Avvocatura generale dello Stato a difesa di via Arenula. Un importante snodo dell’ordinanza 9727/22 riguarda l’omessa comunicazione delle variazioni reddituale previste dall’articolo 70 del d.P.R. 115 del 2002, comma I, lettera d). Questa norma si riferisce all'«impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione». Un’altra argomentazione addotta dalla Sesta Sezione civile della Cassazione, presieduta da Giacinto Bisogni, trae origine dal tema dell’omessa dichiarazione. Riguarda l’ammissione dell’interessato al beneficio e «l’assolvimento di minimali oneri di cooperazione nei confronti dello Stato, segnatamente declinati nel senso della comunicazione di ogni mutamento di quanto già a suo tempo dichiarato e considerato». Pertanto, «la mancata comunicazione delle variazioni di reddito comporta quindi in sé e per sé la revoca dal beneficio, a prescindere cioè dalla circostanza che la variazione risulti poi non determinativa del superamento del limite reddituale comportante l’ammissione». La Cassazione ha rinviato la questione alla Corte d’appello di Firenze che sarà chiamata a riformulare «ogni valutazione uniformandosi al principio di diritto» fatto presente dallo stesso Supremo Collegio. L’avvocato Arturo Pardi, consigliere del Cnf, esprime forti perplessità sulla recente ordinanza della Cassazione, invitando a riflettere sull’assunto preso in considerazione: «Anche se non superi la soglia di reddito la dimenticanza della comunicazione comporta la revoca del patrocinio a spese dello Stato». «Nessun dubbio – spiega Pardi - che spetta a colui che presenta istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato l'impegno a comunicare le variazioni rilevanti del limite di reddito verificatosi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno dalla data di presentazione della istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione. La giurisprudenza della Suprema Corte, con la recentissima ordinanza 9727/2022, ha confermato il principio secondo cui la autorità giudiziaria è tenuta a revocare il beneficio anche se la variazione non aumenti il reddito in misura superiore alla soglia prevista per accedere al patrocinio a spese dello Stato. Nell'anno 2021, a titolo di esempio, era di 11.746,68 euro». A non convincere è altresì la tempistica di alcuni adempimenti e le conseguenze che potrebbero aversi nei Tribunali. Il rischio di rallentamento delle attività degli uffici giudiziari, per adeguare le posizioni reddituali dei cittadini, è concreto. «Si tratta – prosegue il consigliere del Cnf - di una scelta non condivisibile posto che la norma parla di impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti verificatesi nell'anno precedente. Fermo restando che, a mio parere, le variazioni reddituali possono essere apprezzate solo in sede di dichiarazione dei redditi, è ragionevole interpretare in modo estensivo la variazione solo in quanto essa rilevi ai fini del superamento della soglia che consente il beneficio. Diversamente si esporrebbe il cittadino, peraltro nella difficoltà di determinare correttamente il proprio reddito, a conseguenze ingiuste e che rischiano sicuramente di rendere più complicata le attività degli uffici giudiziari».