Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha chiarito che l’acronimo STP (Società tra Professionisti) non sostituisce il tipo di società da indicare nell’atto costitutivo. La denominazione sociale deve infatti specificare il tipo di società costituita, ad esempio “Società in nome collettivo” o “Società in accomandita semplice”. Inoltre il Consiglio puntualizza che il numero dei soci professionisti nelle società tra professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o nelle decisioni societarie, in modo da riservare loro il controllo della società.

Chiarimenti sulla denominazione sociale

Come precisato dal CNDCEC nel pronto ordini n. 175/2022 pubblicato il 9 gennaio 2023, l’acronimo STP può essere utilizzato come integrazione o specificazione della denominazione sociale, ma non può sostituirla. La STP dovrà indicare nell’atto costitutivo la propria ragione sociale o denominazione sociale conformemente ai criteri del codice civile per il tipo di società adottato, specificando che si tratta di una società tra professionisti, a prescindere dal modo in cui è formata.

Ai soci professionisti spetta la maggioranza

Nel documento il CNDCEC fornisce chiarimenti anche riguardo al quorum decisionale all’interno delle STP richiamando quanto disposto dall’articolo 10, comma 4, lettera b) della legge n. 183/2011, che stabilisce che il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale debbano essere tali da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o nelle decisioni dei soci.

Ciò significa che i soci professionisti devono avere almeno i due terzi dei voti complessivi, in modo da garantire che la gestione della STP e le decisioni più importanti relative all’attività professionale siano sottratte all’influenza del socio investitore o del socio per prestazioni tecniche.

Il CNDCEC, attraverso l’Informativa n. 60 del 8 luglio 2019, ha chiarito che anche se la legge non richiede che la maggioranza dei 2/3 in termini di numero di soci professionisti e di partecipazione al capitale debba necessariamente essere cumulativa, è comunque necessario utilizzare patti parasociali e clausole statutarie per limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, in modo da evitare che possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali, perché si privilegiano i profili concorrenziali.

In sintesi, le prerogative decisionali sull’attività professionale devono sempre essere mantenute in capo ai soci professionisti, i quali devono avere sempre la maggioranza dei 2/3 nelle deliberazioni e/o decisioni societarie per garantire loro il controllo della società.

Sì agli avvocati nelle STP, ma come investitori

In tema di società tra professionisti si era espresso recentemente il CNDCEC con il Pronto Ordini n. 161 del 2022 colmando una lacuna normativa. Nel documento di fine anno il Consiglio chiarisce che un avvocato può essere socio di una società tra professionisti (STP) che non è necessariamente una società tra avvocati (STA) ma non può assumere la qualifica di socio professionista. Il CNDCEC specifica che l’avvocato può partecipare alla STP solo come socio senza partecipazione attiva nell’esercizio dell'attività professionale, cioè non può svolgere attività di consulenza legale o rappresentanza in giudizio per conto della STP.