«Magari sono stato distratto io - ha detto  Matteo Salvini - ma non mi sono accorto che dalle massime cariche dello Stato sia arrivato un promemoria agli italiani sul fatto che possano votare i referendum sulla giustizia. Conto che da qui a domenica sia il presidente della Repubblica sia il presidente del Consiglio si limitino quantomeno a ricordare agli italiani che votare i referendum è un diritto». A due giorni dal voto sui cinque referendum promossi da Lega e Partito Radicale, la partita arriva alle battute finali. Il nemico numero uno dei promotori è l'astensione. C'è piena consapevolezza che il quorum non verrà raggiunto ma bisogna puntare a perdere dignitosamente per lanciare un segnale. « Che si voti Sì o No per me è indifferente: basta che le persone possano esercitare il loro diritto-dovere. Il silenzio dà l'idea della potenza di una casta che controlla il Parlamento, il governo ed il mondo dell'informazione» ha ribadito il senatore Roberto Calderoli con cinque chili in meno e pressione bassa, essendo oggi al decimo giorno di sciopero della fame. «Il digiuno è una reazione al silenzio calato sul referendum ed alle fake news che circolano rispetto agli argomenti referendari. Ascoltiamo magistrati ed esperti di diritto che dicono falsità su cosa si determinerebbe votando Sì. Non lo accetto più», ha concluso l'esponente del Carroccio. Anche il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto è tornato ad invitare ad andare alle urne: «domenica è auspicabile un'ampia partecipazione popolare: gli italiani vadano a votare, perché la giustizia riguarda tutti». Pure dal mondo dello spettacolo arriva un messaggio favorevole alle urne. «Vado a votare, certo: perché bisogna sempre esercitare il diritto di voto, al di là di cosa o di chi si vota», ha riferito all'Adnkronos l'attore Sergio Rubini, seguito dal regista Ferzan Ozpetek: «Bisogna andare a votare, è un nostro diritto. Poi, certo, a volte si è chiamati a votare su temi un po' così... Ma, comunque, andiamo a votare». Chi ha ribadito chiaramente di andare a votare cinque Sì è il sindaco dem di Bergamo Giorgio Gori: « I referendum sono strumenti imperfetti per dare un segnale alla politica affinché faccia ciò che non è riuscita a fare. Serve equilibrio tra accusa e difesa, occorre l’indipendenza dei magistrati e va ripristinata la linea garantista: la mia speranza era che il Parlamento facesse il suo lavoro ma così non è stato e la riforma Cartabia è insufficiente. Il mio partito, il Pd, ha deciso di dare un’indicazione per 5 no e mi dispiace che prevalga una linea troppo prossima alle istanze della magistratura e di convenienza nel non creare distanze con il M5S , personalmente il giustizialismo dei grillini è lontanissimo dalle mie idee». Cinque Sì convinti anche dall'Ordine degli avvocati di Firenze che «condivide e rilancia le parole della Presidente Masi sull’importanza del voto “per garantire maggiormente i diritti individuali attraverso una maggiore tutela anche dagli eccessi delle pubbliche autorità, una maggiore garanzia delle istanze individuali attraverso una giustizia più efficiente, più equa e più giusta"». Non poteva mancare invece la critica dell'ex magistrato Gian Carlo Caselli: «Personalmente ritengo i 5 quesiti ora superflui, ora fuorvianti, ora controproducenti, ma quel che conta è il voto dei cittadini. Se dall’esito dei referendum dovesse derivare (come qualcuno teme) una spinta perché la magistratura interpreti il proprio ruolo burocraticamente, senza l’etica della responsabilità, tutte le forme di illegalità avrebbero qualche motivo per gioire».