«Si possono fare tante ipotesi, ma il dato che emerge per quello che si rileva sul piano probatorio è il seguente: dai sopralluoghi vi è la totale assenza di indizi violenti che si sarebbero trovati se Rossi avesse dovuto difendersi da una aggressione, se avesse ingaggiato una lotta, se fosse scappato da qualcosa, trascinato con forza, non vi è nessun dato che lo rileva». Lo ha detto ieri il procuratore capo di Siena, Salvatore Vitello, nel corso dell’audizione davanti alla commissione parlamentare di inchiesta istituita lo scorso maggio sulla morte di David Rossi, capo della comunicazione del gruppo Monte dei Paschi di Siena, trovato cadavere il 6 marzo 2013 sulla strada dopo essere precipitato dal suo ufficio presso Rocca Salimbeni. Il caso era stato inizialmente archiviato dalla magistratura come suicidio. Dopo l'accoglimento dell'istanza di riapertura delle indagini, Vitello ha sottolineato che fu dato seguito «a tutte le sollecitazioni investigative suggerite dalla famiglia». Ma l'esito è stato nuovamente quello di chiedere l’archiviazione, giunta poi nel 2017. Il magistrato ha precisato che mancando in alcuni casi evidenze scientifiche, «le conclusioni sono sempre in termini di probabilità». A sostegno di tale affermazione ha riportato le affermazioni degli stessi consulenti che hanno effettuato la seconda perizia, quella disposta dopo la riapertura delle indagini: «In assenza di dettagliate informazioni sulle condizioni iniziali - sostengono i periti - non è possibile determinare in modo univoco le modalità della caduta, ma è solo possibile determinare un ventaglio di possibilità compatibili con la configurazione finale e con le tracce repertate». In base alle evidenze raccolte, sostengono gli stessi periti, la tesi del suicidio appare quella più probabile, sebbene rifiutata dalla famiglia del manager. Il procuratore ha aggiunto che «da accertamenti non risultano evidenze di presenze terze nella stanza di David Rossi». L'uomo «è caduto dal suo ufficio con la parte anteriore del corpo rivolta verso il muro, e questa caduta è collegata al fatto che lui con le braccia si è posizionato sulla finestra dove c'è la sbarra di ferro e si è lasciato andare, è caduto in verticale, in modo speculare alla parete». Ciò che fa propendere al suicidio è che «verranno rinvenuti tre fogli manoscritti del defunto indirizzati alla moglie, che leggo: “Ciao Tonia, mi dispiace ma l'ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane. Amore mio, ti chiedo scusa, ma non posso più sopportare questa angoscia. In questi giorni ho fatto una cazzata immotivata, davvero troppo grossa, e non ce la faccio più. Credimi, è meglio così”». Inoltre, ha precisato Vitello, «i biglietti di addio sono stati scritti sicuramente da David Rossi, è la sua grafia». Quale sia la “cazzata” non è dato sapersi: «David Rossi era stato oggetto di perquisizione, nell'ambito del procedimento su MpS, in data 19 febbraio 2013, nonché di escussione, come persona informata sui fatti, in ordine ai suoi rapporti con Mussari», ex presidente di MpS. Tuttavia, racconta sempre Vitello, «Rossi scrisse a Fabrizio Viola - ex Ceo di MpS - chiedendo “un contatto con questi signori”, che sarebbero i magistrati, “perché temo mi abbiano male inquadrato”. Questo era il problema principale di Rossi: la paura di essere colpito da un provvedimento giudiziario. Paura del tutto infondata: Rossi è risultato estraneo alle indagini sul Monte dei Paschi di Siena». Ma restano ancora dei punti oscuri in questa vicenda. Su alcune ferite sul cadavere dell'uomo, alle braccia e a un ginocchio, «non abbiamo accertamenti scientifici che in qualche modo ci diano certezze, perché non sono stati fatti quando dovevano essere fatti». Si è «cercato di spiegarle con le evidenze che erano emerse nel corso dei sopralluoghi» e si presume che siano compatibili con escoriazioni che Rossi si sarebbe provocato posizionandosi sul davanzale e cadendo. Si poteva fare di più forse anche con i video delle telecamere: «Le telecamere acquisite sono soltanto quelle della caduta. Quante ce n'erano, onestamente, il numero preciso non lo so, ma - quelle agli ingressi - non sono state sicuramente acquisite. Le altre telecamere non sono state acquisite probabilmente perché ritenute inutili, visto che c'era l'unico accesso, ed era sorvegliato dal portiere. Si sarebbe potuto fare diversamente? Certo. Nelle indagini non ci sono “riti” prestabiliti, soprattutto quando si parla di suicidi. Ci sono delle valutazioni che si fanno caso per caso. Era possibile un'altra valutazione? Certo. Sarebbe stata opportuna? Sì, sarebbe stata opportuna». Il procuratore ha spiegato anche perché ha riaperto le indagini: « Ci sono stati degli errori che nella perizia medico-legale hanno avuto un peso. Tipo il fatto che sarebbe morto immediatamente e che le lesioni anteriori sul corpo sarebbero dovute all'impatto con il suolo. Queste cose si sono dimostrate non esatte, e abbiamo cercato di dare delle risposte in termini di ipotesi e probabilità». In realtà, «la caduta non determinò la morte immediata di David Rossi. La sua agonia durò venti minuti e nel video si vedono i movimenti del corpo. Durante quel video si apprezza l'immagine di un'ombra, che non si sa bene cosa sia. Noi abbiamo cercato di renderla nitida in tutti i modi, ma non ci siamo riusciti. Probabilmente se si fosse intervenuti in tempo si sarebbe salvato ». Riguardo alle «lesioni ai polsi inquadrate come gesti di autolesionismo sono un'ipotesi, ma manca di evidenze scientifiche, perché su quei tagli non sono stati fatti i necessari approfondimenti». Per l'onorevole Pierantonio Zanettin, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta, l'audizione del Procuratore Vitello «è stata assai circostanziata ed ha messo in evidenza diversi interessanti scenari di inchiesta. Sono emerse indubbie carenze nelle indagini svolte nell'immediatezza del decesso di David Rossi e che hanno portato alla prima archiviazione del 2013. Personalmente sono rimasto sconcertato dalla distruzione di alcuni importanti reperti, come i fazzoletti intrisi di sangue, definita dallo stesso procuratore un “atto incongruo” disposto a suo tempo da un magistrato inquirente. Credo che la commissione avrà molto da lavorare nei prossimi mesi su un caso così controverso». Giovedì 8 luglio sarà udito il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, che aveva indagato sui presunti festini a luci rosse a cui avrebbero partecipato alcuni magistrati senesi che poi avrebbero insabbiato le indagini sulla morte di David Rossi. Anche questa inchiesta è stata archiviata.