L’informazione antimafia interdittiva, contenuta nel decreto del 10 settembre 2013 del Prefetto di Napoli, sta provocando non pochi problemi alla Clp, società del trasporto pubblico che con i suoi autobus collega Napoli a numerose località della Campania e di altre regioni. Il provvedimento prefettizio in piedi da quasi dieci anni si rese necessario a causa di alcuni «tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata e tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della stessa».

La vicenda, come detto, risale al 2013, e riguardò solo un ex socio con ricadute dirette, che si ripercuotono tuttora, su tutta l’azienda. La “Clp Sviluppo Industriale Spa” ( circa 500 dipendenti) ha come socio unico la “G & FRE Società per azioni”. L’amministratore unico è Francesco Viale. Dall’azienda segnalano un paradosso: gli interessi e le attività degli ex soci di Clp sono stati lasciati impregiudicati. Tanto che questi nel frattempo sono diventati titolari di altre imprese di trasporto concorrenti proprio di Clp. Per cui, è proprio il caso di dirlo, c’è chi viaggia zavorrato e chi senza il peso di alcun provvedimento.

«Tutti i dipendenti Clp – dice l’avvocato Luigi De Martino – stanno vivendo un’esperienza paradossale unica nel suo genere. L’azienda nel 2012 ha ricevuto dalla Regione Campania l’intero pacchetto di autolinee, impianti e personale della fallita Acms di Caserta. Siamo condizionati in tutto e per tutto dagli impedimenti che impone la legislazione in materia di interdittive, l’impossibilità di poter esprimere tutte le potenzialità di un imprenditore e dei suoi collaboratori, che si esternano con la partecipazione a gare pubbliche, marketing di settore e protocolli d’intesa operativi con i 130 Comuni serviti dai nostri autobus». Dal 2015 la gestione societaria è riunita in un comitato esecutivo con due amministratori straordinari nominati dal Prefetto di Napoli.

Lo sconforto per tale situazione non è poco e potrebbe trasformarsi in rabbia. «Qualsiasi iniziativa – prosegue De Martino è condivisa con i componenti del comitato esecutivo, professionisti prestati ad un’opera che è remunerata dalla stessa società, ma che umilia chi lavora onestamente, con dedizione e con passione, a partire dall’amministratore Viale fino ad arrivare all’ultimo dipendente». All’origine dell’interdittiva vi furono alcune intercettazioni che coinvolsero Carlo Esposito ( all'epoca titolare della società), il quale ebbe contatti con personaggi poco raccomandabili. Le intercettazioni, il cui contenuto – riferiscono i legali di Clp - non è conosciuto dall’azienda, riguardavano alcuni affari conclusi in Toscana da Esposito. Su questi fatti si è tra l’altro pronunciata la Corte di Cassazione. La Suprema corte non rilevò reati legati alla camorra.

Ma questo è un aspetto collaterale. Il punto principale riguarda la prolungata provvisorietà dell’interdittiva antimafia abbattutasi su Clp e qualcuno vede in questo un disegno ben preciso. Quello, cioè, di indebolire una realtà aziendale che continua a muoversi sulle proprie gambe, nonostante le traversie affrontate. La Clp ha chiesto alla Prefettura di Napoli di esprimersi di nuovo per aggiornare i suoi orientamenti. L’auspicio dei vertici dell’azienda è che la revoca dell’interdittiva arrivi quanto prima. Il management è in possesso del requisito dell’onorabilità, unitamente ad una nuova governance monitorata e ai provvedimenti assunti in difesa della legalità. Significherebbe scrollarsi di dosso un fardello pesante e riappropriarsi di una reputazione offuscata per troppo tempo.