Il nuovo M5S di Giuseppe Conte sarà diverso (Grillo permettendo) dall'originale in molti aspetti. Ma anche se Grillo non permettesse la trasformazione è già avvenuta e del dna del vecchio M5S si è perso anche il ricordo. Però una linea di continuità ci vuole. Un elemento, fosse pure uno solo, capace di tranquillizzare i militanti in crisi d'identità. Conte lo ha già selezionato e indicato e la sua opzione era tanto prevedibile quanto prevista. La giustizia, o meglio il giustizialismo. Su tutto si può transigere ma non sul ritorno della prescrizione abolita da Alfonso Bonafede. Passino l'europeismo per chi era antieuropeo, la fine del blocco dei licenziamenti per chi aveva abolito la povertà, gli accordi politici da scandalizzare un doroteo. Ma la prescrizione, quella no. Meglio la crisi di governo, il default e fosse pure l'apocalisse. Nulla di nuovo. Nulla di stupefacente. Conviene ricordare che il governo Conte, difeso per mesi con la scimitarra tra i denti al grido di Giuseppe o morte cadde non per la spallata di Renzi, come da vulgata bugiarda, ma perché il M5S preferì sacrificare il governo e il premier pur di impedire che il medesimo Bonafede fosse sfiduciato nell'aula del Senato. È probabile che Conte, in cuor suo, sia poco convinto e che si adegui malvolentieri, come a malincuore accettò di sloggiare da palazzo Chigi per far scudo all'allora guardasigilli. Ma per adeguarsi si adegua, consapevole com'è che per i 5S quell'elemento è l'ultima e non sacrificabile ridotta delle propria identità, la prova della loro stessa esistenza. Il segnale è indirizzato anche al Pd. Quando arriverà il momento di concordare almeno alcuni punti essenziali per dar vita a una coalizione non limitata alla necessità di fermare la destra, Conte tratterà su quasi tutto. Ma sulla giustizia Letta dovrà procedere con la cautela di chi passeggia in mezzo alle sabbie mobili, e del resto una parte essenziale dello stesso Pd, in materia, non è su posizioni troppo diverse da quelle dei 5S. La coalizione che ne nascerà sarà giustizialista e il massimo che il Pd potrà fare sarà temperare quel giustizialismo. Il problema è che sul fronte opposto le cose non stanno diversamente. Certo Fi, dopo aver per decenni sbandierato il garantismo a uso privato, è probabilmente approdata ormai su posizioni sinceramente antigiustizialiste per tutti e questo è vero anche per una parte della Lega. Ma per un'altra parte della Lega, probabilmente maggioritaria soprattutto alla base, è vero il contrario, per non parlare di FdI che non intende certo farsi strappare il primato delle politiche repressive dagli ultimi arrivati di Grillo. La conclusione è ovvia: nel prossimo Parlamento, e già in questo, i poli principali saranno entrambi giustizialisti e anzi impegnati a cercare di strapparsi consensi mostrandosi più intransigenti degli altri. Insomma, un incrocio tra la Repubblica di Bonafede e quella di Javert. Alle posizioni garantiste o anche solo un tantinello più illuminate verrà riservato più o meno il diritto di tribuna. La principale resistenza a questa tendenza, che in ultima analisi è il cuore stesso di quello che viene comunemente definito "populismo" perché solletica gli istinti peggiori dell'elettorato, è sin qui arrivata quasi solo dalle istituzioni. È stato un presidente della Repubblica a impedire che un magistrato come Nicola Gratteri si ritrovasse ministro della Giustizia insediato non dai 5S ma dal "garantista" Renzi. È stata la Corte costituzionale a insorgere contro quell'aberrazione anti costituzionale che è l'ergastolo ostativo. Anche nel caso degli arresti di Parigi per crimini con i capelli bianchissimi la posizione della ministra della Giustizia ed ex presidente della Consulta Marta Cartabia è stata ben diversa dalla sgangherata truculenza mostrata dal predecessore Bonafede e dall'allora ministro dellìInterno Salvini al moento dell'arresto di Cesare Battiti. E lo steso capo dello Stato Mattarella è ben distante da quel giustizialismo populista.Lo scontro sul giustizialismo ci sarà, ed è inevitabile che quel nodo arrivi prima o poi al pettine. Ma potrebbe non essere tra le fazioni politiche bensì tra il populismo dei partiti le istituzioni repubblicane, o meglio, tra la fame di consenso facile delle forze politiche e la Costituzione.