A quattordici anni dall'omicidio di Meredith Kercher avvenuto nella notte tra il primo e due novembre 2007 nella villetta di via della Pergola a Perugia, Raffaele Sollecito e Amanda Knox, assolti definitivamente dalla Cassazione nel 2015, sono ancora costretti a difendersi da pesanti illazioni che li vorrebbero complici dell'unico condannato per quel delitto, ossia Rudy Guede. Lo spiega bene proprio Raffaele Sollecitato in un video pubblicato sul suo canale Youtube dal titolo «Condanna in concorso è un’invenzione dei media» . Il suo sfogo dura poco più di 6 minuti: «Dopo quasi 15 anni dall'inizio del processo pensavo che in qualche maniera potessi occuparmi di altro invece di guardare all'atteggiamento di alcuni "giornalai", che non si preoccupano minimamente di dare informazioni false. Il caso specifico è quello della notizia secondo cui Rudy Guede è stato condannato in concorso. Questa cosa è totalmente falsa. Ma l'obiettivo di questi giornalai è mettere ombre e nuvole sull'assoluzione mia e di Amanda Knox. Così non si rende giustizia a Meredith ma ci si riempie solo le tasche». Sollecito conferma quanto sostiene mettendo sotto il video uno stralcio della sentenza di Cassazione che ha condannato l'ivoriano in via definitiva a 16 anni di reclusione con rito abbreviato: «Il ricorso (della difesa di Guede, ndr) non ha fondamento e, pertanto, va rigettato. Per intanto occorre da subito sfuggire al tentativo, perseguito dall'impostazione tutta della difesa, ma fuori luogo nel contesto della decisione, di coinvolgere il collegio nell'avallo della tesi di una responsabilità di altri, che sono S.R. ed K.A., per l'omicidio aggravato dalla violenza sessuale, di Ke.Me.. La decisione a cui è chiamata questa Corte concerne, e solo, la responsabilità del G. in ordine al fatto contestato e dell'eventuale partecipazione di altri al delitto si dovrà tener conto solo nella misura in cui una tale circostanza valga ad incidere sul tema che costituisce l'impegno esclusivo in punto di riforma o conferma della declaratoria di responsabilità dell'imputato, quest'ultima del tutto condivisa dai giudici di primo e secondo grado». E il video si conclude: «Dopo quindici anni sono stanco di dover combattere contro dei giornalai che continuano a dire stupidaggini e falsità. Se un domani mi accorgo di nuovo che ci sono giornalai che scrivono, o fanno intendere, che Guede è stato condannato in concorso e che quindi bisogna scoprire chi è il colpevole, mi vedrò costretto a fare denuncia per diffamazione nei miei confronti. Perché così si lascia intendere che io e Amanda Knox siamo stati assolti per fortuna o per caso». Non è così infatti, e vale la pena ricordare cosa scrisse il 27 marzo 2015 la sentenza di Cassazione sulle indagini: «Un iter obiettivamente ondivago, le cui oscillazioni sono, però, la risultante di clamorose defaillances o "amnesie" investigative e di colpevoli omissioni di attività di indagine». Insomma, questi due ragazzi, seppur innocenti, sono condannati alla damnatio memoriae perché hanno purtroppo subito tutte le distorsioni del processo mediatico, in primis una stampa che, appiattita sulla tesi della Procura fin dall'inizio, si schierò immediatamente sul fronte colpevolista: «No all’orgia e l’hanno uccisa» (La Stampa), «Tre arresti per Meredith: Sono loro gli assassini» (La Repubblica), «Meredith uccisa con il coltello di Raffaele» (Il Giornale), solo per citarne alcuni. Non erano loro gli assassini ma hanno fatto comunque 4 anni di carcere da innocenti, mentre la stampa li mostrificava. Questa immagine accusatoria non scomparve neppure dopo l’assoluzione definitiva della Suprema Corte di Cassazione. Basti leggere l’articolo di Marco Travaglio, pubblicato il 29 marzo 2015, dopo la sentenza finale, che continuava a sostenere che la verità sostanziale non è quella processuale, è che i due ragazzi sono gli unici a poter essere logicamente considerati concorrenti del Guede nel delitto di omicidio di Meredith Kercher. Nessuno è obbligato a condividere le sentenze ma almeno si abbia l'onestà intellettuale di saper descrivere quello che le sentenze hanno deciso in punto di fatto e di diritto.