PSEUDO APOCALITTICI

L’ultimolibro di Luca Ricolfi è forse una delle opere che meglio è riuscita, negli ultimi decenni, a interrogare la realtà italiana.

La società signorile di massa

( pubblicato da La nave di Teseo) resterà per molto tempo un’espressione caratterizzante dell’Italia che, da parecchio tempo, ha imboccato la via del declino o della progressiva argentinizzazione. Il libro di Ricolfi è, nella sostanza, un’operazione verità, sia sul piano dell’analisi della nostra condizione economico e sociale, sia su quello del discorso strettamente politico.

Quell’operazione verità che pochi in Italia hanno il coraggio di intraprendere, non solo fra i politici ma anche fra gli intellettuali e gli studiosi.

La società signorile di massa è una società in cui la maggioranza dei cittadini italiani è inoccupata, in cui i consumi signorili sono diffusi a livello di massa e in cui, però, l’economia è avviata verso una sostanziale stagnazione.

È una società, infine, in cui la produttività dell’economia, a partire dagli anni settanta, non riesce a tener il passo con quella degli altri Paesi nostri concorrenti.

In questo quadro si pone la prospettiva del declino e dell’argentinizzazione dell’Italia. Se non sapremo ribaltare le tendenze in atto, cioè se non riusciremo ad affrontare finalmente il fardello del debito pubblico e a produrre sempre meglio e di più per favorire le nostre esportazioni, nel prossimo futuro i nodi verranno al pettine e difficilmente ci potremo permettere ancora a lungo un livello di vita e di consumi ben al di sopra delle nostre possibilità.

La domanda che il libro suscita è se l’Italia ha le forze per rovesciare le dinamiche che attualmente ci conducono verso il declino, oppure se il processo di corrosione delle nostre fragili basi democratiche e istituzionali è talmente avanzato che ci condurrà verso un ineluttabile, pur se lento, declino e impoverimento.

Un dato che percorre tutto il volume, e che ci fa propendere per la seconda ipotesi, riguarda lo stato della nostra scuola e dell’università, e più in generale quello che si può definire il grado di civiltà di un Paese. Se è vero quello che scrive Ricolfi riguardo alla preparazione media degli studenti, un giudizio che nasce anche dalla sua diretta esperienza di docente universitario, allora il futuro si presenta a tinte molto fosche.

Questo spaventoso decadimento culturale e questo radicale abbassamento della preparazione, soprattutto scientifica, fornita dall’intero sistema educativo, si riflette a cascata su ogni dimensione della vita economica e civile del nostro Paese.

Nessuno si salva da questo processo di riduzione dello spirito di sacrificio, di investimento rigoroso nel proprio futuro professionale e, di conseguenza, nel futuro dell’intero Paese. La classe politica è solo l’ultimo anello di questo itinerario d’impoverimento culturale. L’unica soluzione possibile sarebbe quella di riunire tutte le forze e le energie positive ancora possibili, prima del naufragio collettivo. Queste energie ancora esistono, ma sono disperse e senza punti di riferimento convincenti.

Da dove iniziare? Da dove ripartire? Direi innanzitutto da leader che abbiano il coraggio di dire tutta la verità al popolo italiano, anche quelle più sgradevoli. Un leader che si appelli alla razionalità e alla competenza. Un leader che indichi mete ambiziose da raggiungere, mobilitando energie sane e passioni autentiche. Ma prima tutto dire la verità: questa è la ricetta essenziale.

Dire che dobbiamo ridurre il nostro debito, che dobbiamo investire nella produttività e nella crescita, che dobbiamo introdurre rigorosi criteri meritocratici nella scuola, che dobbiamo puntare alla collaborazione e non al conflitto fra le varie componenti del mondo del lavoro e della società. Un leader che proponga questi obiettivi è l’ultima occasione che abbiamo per invertire la rotta e raccogliere l’avvertimento lanciato da Luca Ricolfi.