di Francesco Palazzo*

Il nostro è un tempo di molte contraddizioni. Una di queste riguarda il carcere e, più precisamente, gli orientamenti che si formano nella società intorno alla (perenne) “questione carceraria”. È incontestabile che il sentire popolare, alimentato anche da demagoghi senza scrupoli, coltiva spesso sentimenti vendicativi che, travisati sotto la nobile domanda di giustizia, in pratica sfociano spesso nella richiesta di “gettare la chiave” della cella o di farvi “marcire” senza scampo il condannato. Ma è altrettanto incontestabile che, d’altra parte, è vivo tutto un movimento di pensiero, che dalle élites degli studiosi si propaga verso gli operatori del carcere e verso larghi e variegati strati di gente comune impegnata sul fronte di una sentita solidarietà offerta anche alla popolazione carceraria.

È, quest’ultimo, il segno che il processo di civilizzazione dell’umanità non si arresta nemmeno dinanzi alle forti reazioni emotive suscitate dal male criminale. Non è utopistico dunque insistere nell’alimentare la convinzione del progresso civile dell’umanità, ancorché non sempre – anzi quasi mai – lineare e continuo, anche nel ribollente campo della penalità: e continuare a pensare che, come furono superati i tormenti punitivi dell’antico regime, come si è imposto il prevalente orientamento abolizionistico della pena capitale, così si potrà prima o poi avviare un processo di ridimensionamento della pena carceraria, a cominciare dall’ergastolo, bollato da Papa Francesco come «un problema da risolvere» e non la soluzione dei problemi.

In questo quadro di fondo e quale momento di forte impegno civile si pone l’iniziativa dell’Ateneo fiorentino, insieme agli enti territoriali e alla magistratura e all’avvocatura locali, di proiettare per la cittadinanza il docufilm “Viaggio in Italia. La Corte costituzionale nelle carceri” ( Firenze, 22 ottobre, in casuale ma significativa coincidenza con il giorno dell’udienza della Consulta sull’ergastolo ostativo). A distanza di qualche giorno ( l’ 11 novembre) seguirà una tavola rotonda dedicata principalmente agli studenti e coordinata dal Presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi. I due appuntamenti sono unificati sotto l’espressivo titolo “Bisogna aver visto”, mutuato da un articolo di Piero Calamandrei del 1948, le cui parole ci sono ancora mònito per rimanere sulla via di quella civilizzazione cui – nonostante tutto – non sappiamo né vogliamo rinunciare. Eccole: «Noi crediamo di aver abolita la tortura, e i nostri reclusori sono essi stessi un sistema di tortura la più raffinata; noi vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale comune, e la pena di morte che ammanniscono goccia a goccia le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice; noi ci gonfiamo le gote a parlare di emenda dei colpevoli e le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti, o scuole di perfezionamento di malfattori».

* Professore emerito di Diritto penale Dipartimento di Scienze giuridiche Università degli Studi di Firenze