Un test psicologico per chi abbia intenzione di diventare magistrato. L’argomento non è certamente nuovo. A riproporlo nelle ultime settimane è stato il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno. In precedenza si era cimentato sul tema Roberto Castelli, un altro leghista, ministro della Giustizia durante il governo Berlusconi II.

“Urge riformare il tradizionale metodo di selezione”, ha dichiarato Bongiorno intervenendo alla Scuola di formazione politica della Lega. “I magistrati - ha aggiunto - sono troppo legati ad un sapere nozionistico, spesso lontano dalle concrete complessità della carriera in magistratura”. In tale ottica, “i test psicologici dovrebbero essere funzionali a verificare la stabilità emotiva, l’empatia ed il senso di responsabilità, caratteristiche imprescindibili della professione”, ha precisato.

La proposta però, come era accaduto in precedenza per il collega Castelli, non ha raccolto molti consensi da parte dei diretti interessati. L’Associazione nazionale dei magistrati, infatti, è da sempre critica ad ogni valutazione di questo genere. Solo i vertici del gruppo moderato di Magistratura indipendente, il segretario Antonello Rancanelli ed il presidente Giovanna Napoletano, hanno dichiarato di essere d’accordo con la necessità di riformare le modalità di accesso alla magistratura.

I test psicoattitudinali vengono da sempre considerati un tabù per le toghe. Forse perché fra i più convinti sostenitori del loro impiego vi era Silvio Berlusconi. Ed è noto che fra il Cav e le toghe non sia mai corso buon sangue.

Previsti per moltissime categorie lavorative, dalle Forze di polizia ai piloti d’aereo, sono visti dai magistrati come “un’offesa” e non come il riconoscimento della delicatezza del ruolo svolto, per il quale empatia e stabilità mentale sono fondamentali. In Europa, invece, l’attenzione all’equilibrio psicologico di chi amministra la giustizia è molto forte.

In Francia, ad esempio, sono andati oltre la semplice somministrazioni di test psicoattitudinali e di colloqui con lo psicologo. Le prove d’esame per l’aspirante magistrato, che in Italia si limitano a delle verifiche scritte ed orali, prevedono lo svolgimento di un caso pratico in cui è prevista la partecipazione dello psicologo. Quest’ultimo analizza le reazioni da parte del candidato, valutando in particolar modo come reagisce alle situazioni di stress a cui viene sottoposto dagli esaminatori. Altre simulazioni vengono poi organizzate dalla Scuola superiore della magistratura.

Non solo la Francia ma anche i Paesi bassi hanno sistemi di selezioni analoghi. In Germania, addirittura, le valutazioni psicologiche sono periodiche ed entrano nella progressione di carriera degli operatori del comparto giustizia.

In conclusione, dovrebbe essere evidente anche ai detrattori dei test psicoattitudinali che non basta un ottimo scritto ed un ottimo orale per essere un buon magistrato.