La comunicazione politica è materia inafferrabile. E la stessa critica di opposizione si sviluppa su un piano parallelo rispetto al reale. Non fa eccezione quanto avviene da alcuni mesi attorno alla legittima difesa. Nodo giuridico sul quale il Senato ha già approvato la proposta di legge ora all’esame della Camera e destinata al via libera finale entro l’anno. Ecco, l’idea che si tratti di un’apertura scriteriata al far west delle armi, a leggere i passaggi cruciali della nuova disciplina, pare infondata. «Gran parte delle disposizioni che ci si appresterebbe ad introdurre ruotano attorno alla questione del turbamento provocato nella persona aggredita», nota Stefano Putinati, professore di Diritto penale dell’università di Parma e avvocato del Foro di Milano. Si tratta di uno dei giuristi auditi dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama che non hanno manifestato particolari perplessità o allarmi sulle eventuali conseguenze delle nuove norme. «Mi pare che siano in grado di accelerare i tempi di alcuni procedimenti, di consentire in un maggior numero di casi il proscioglimento della persona aggredita senza che si debba necessariamente andare in giudizio. Il che non sembra doversi scontare», rileva Putinati, «con il verificarsi di casi in cui la persona che eccede nella difesa eviterebbe la condanna».

Lei quasi dà una notizia. Anche se a dire il vero persino un magistrato da poco in congedo come Carlo Nordio ha detto che il testo già licenziato da Palazzo Madama non ci precipiterebbe affatto nell’incubo della giustizia fai da te.

Le notizie iniziali hanno fatto pensare a un intervento legislativo che potesse addirittura minarela possibilità, per il magistrato, di iscrivere nel registro degli indagati chi reagisce all’aggressione. C’è in realtà un rafforzamento della presunzione di proporzionalità fra offesa e difesa, c’è un effettivo ampliamento, ma sempre a condizione che non vi sia desistenza da parte di chi aggredisce o cerca di introdursi nel domicilio.

Si riferisce alle modifiche che la legge all’esame del Parlamento apporterebbe all’articolo 52 del codice penale?

Esatto. Ci sono due passaggi. Da una parte si rafforza quella presunzione di proporzionalità con l’aggiunta dell’avverbio “sempre” al secondo comma dell’articolo 52. Si aggiunge poi un quarto comma in cui la cosiddetta legittima difesa domiciliare, cioè la reazione di chi è aggredito a casa o nel proprio luogo di lavoro, è effettivamente ampliata, perché sussiste anche se si respinge un’intrusione compiuta con “minaccia di uso di armi, o altri mezzi di coazione fisica”, o semplicemente “con violenza”. Ecco, il riferimento alla violenza di chi si introduce in casa sembra estendere la legittimità della reazione anche quando l’offesa ingiusta è rivolta al solo bene patrimoniale. Ma premesso che come dirò tra un attimo, tale aspetto in realtà non schiude affatto le porte del far west, per comprendere davvero il senso di tale modifica va richiamato l’altro intervento significativo, compiuto sull’articolo 55 del codice penale.

Quello in cui si diventa non punibili in caso di turbamento.

Più precisamente, la modifica prevede la non punibilità in due particolari circostanze. Innanzitutto quando all’aggressore possa applicarsi una delle cosiddette aggravanti comuni, quella di aver profittato di specifiche circostanze di tempo o di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.

Ad esempio se l’aggressore fa temere all’aggredito di essere armato, anche grazie al buio della notte?

È uno dei casi. L’altra specifica circostanza che determina la non punibilità riguarda appunto chi ha agito “in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo”. Si tratta di una previsione normativa da tempo applicata in Germania. Ed è questa forse la novità più significativa, che amplia in effetti il campo della legittima difesa senza peraltro imporre di riconoscerla in modo automatico. Non si introduce alcun diritto di uccidere.

Torniamo un attimo al comma che viene aggiunto al primo dei due articoli di cui si parla, il 52 del codice penale: dire che si presume proporzionata la reazione anche quando la “violenza” è genericamente attuata dall’aggressore, quindi anche quando si tratta di violenza alle cose, non è in fondo una tutela riferibile proprio alla paura che in ogni caso un’effrazione violenta può provocare in chi è aggredito a casa propria?

Appunto. Come si fa a sostenere che un’intrusione violenta non possa indurre chi si trova in casa propria a temere un pericolo per la persona? Oltretutto tale eventuale quarto comma aggiunto all’articolo 52 non cancella la condizione necessaria perché sussista la proporzionalità fra offesa e difesa, vale a dire il fatto che non vi sia desistenza da parte dell’aggressore. Resta il fatto che se le modalità dell’intrusione fanno temere il pericolo, e il pericolo crea turbamento, non si può essere condannati per eccesso colposo di legittima difesa. Ripeto: l’intervento del legislatore c’è, l’ampliamento c’è, ma non c’è alcuna licenza di uccidere. Le condotte che prima determinavano la condanna continueranno a essere punite. Chi spara a trenta metri di distanza a un ladro in fuga sarà condannato.

Diversi magistrati considerano tali disposizioni lesive della loro discrezionalità.

Anche qui credo che alcune valutazioni abbiano risentito dell’idea diffusasi inizialmente secondo cui le nuove norme avrebbero addirittura determinato l’impossibilità di iscrivere nel registro degli indagati chi si difende. Invece resta la previsione che un’indagine vi debba essere, in modo da compiere un vaglio del fatto. Il resto delle scelte normative possono essere più o meno condivisibili, con un certo particolare favore che, credo, meriti l’intervento sulla non punibilità inserito all’articolo 55 del codice penale.

A proposito di tale aspetto: ma per determinare se la persona che ha reagito lo ha fatto in stato di turbamento, si dovrà per forza ricorrere a una perizia psichiatrica?.

Già nei casi di stalking si verifica, ed è anzi necessaria, una valutazione dello stato d’ansia determinato nella vittima, e tale valutazione non richiede necessariamente che il soggetto sia sottoposto a una perizia psichiatrica. Va condotta un’analisi, certo, ma può farla il giudice.

E un giudice è in grado di compiere una valutazione simile?

Ma certo. Può fare riferimento a dei dati di esperienza oggettivi. Immaginiamo il caso che credo venga più di frequente evocato tra quelli ai quali potrebbe applicarsi la non punibilità per lo stato di turbamento, quello di un furto tentato in casa in piena notte, con dei bambini piccoli che dormono e un ladro che spacca il vetro di una finestra per introdursi: ecco, non credo affatto che, per ritenere plausibile il turbamento della persona coinvolta in casa propria in una simile esperienza, si debba ricorre a uno psichiatra.