Ha perso l’udito dopo essere stato picchiato, come ha raccontato alla moglie. Parliamo del 31enne, Giuseppe De Felice, ristretto nel carcere di Viterbo che ha denunciato di essere stato selvaggiamente picchiato da una decina di agenti penitenziari dopo la perquisizione della sua cella. Come ha riportato Il Dubbio, la segnalazione è partita immediatamente dalla moglie Teresa dopo averlo visto, durante il colloquio, pieno di lividi. La moglie ha chiamato l’attivista napoletano Pietro Ioia che si è attivato, consigliandole di contattare Rita Bernardini del Partito Radicale. L’esponente radicale ha inviato la segnalazione urgente agli organismi preposti, dal garante nazionale Mauro Palma a quello regionale Stefano Anastasìa. Ma, soprattutto al Dap e al direttore del carcere di Viterbo pregandolo di verificare quanto denunciato dalla signora e di «far visitare urgentemente il detenuto in modo da mettere agli atti della sua cartella clinica il relativo referto».

Sì, perché il detenuto ha anche riferito che dopo il presunto pestaggio, l’hanno spedito per un’ora in isolamento senza refertare la sua condizione fisica.

La buona notizia è che Teresa, ieri, ha ricevuto la lettera di Giuseppe nella quale ha scritto di essere stato chiamato dall’ufficio del comando per sapere cosa gli è accaduto. Ma non solo. Il direttore del carcere ha raccolto la sua denuncia e il direttore sanitario l’ha visitato diagnosticandogli la perdita di udito nell’orecchio. Giuseppe è stato quindi mandato urgentemente all’ospedale per una visita dove i medici gli hanno prescritto delle gocce, ma in carcere non ci sono. Rita Bernardini ha scritto alla direzione del penitenziario laziale per fargliele avere il più possibile.

Dopo aver appreso della denuncia da parte della moglie, è giunto a fargli visita nella giornata di ieri Alessandro Capriccioli, il capogruppo di + Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio. «Nell'ambito della visita – spiega il consigliere dei Radicali italiani -, la terza da me effettuata negli ultimi due mesi, ho avuto modo di incontrare anche il detenuto in questione, che ha ribadito la versione dei fatti riportata dalla moglie. Si tratterebbe, se confermato, di un episodio gravissimo, tra l'altro in un carcere che ha fama, tra i detenuti, di essere un istituto “punitivo'”, e in cui negli ultimi mesi si sono verificati due suicidi. Credo sia necessario che le autorità competenti facciano rapidamente luce sull'accaduto, perché avere certezza sulle reali condizioni degli istituti penitenziari nella nostra regione, e in particolare sul rispetto dei diritti delle persone quando si trovano nelle mani dello Stato, è una priorità che non riguarda solo i detenuti ma tutti i cittadini».

Il racconto che il detenuto ha fatto alla moglie è agghiacciante. Giuseppe è ristretto nel carcere di Viterbo da circa un mese – prima era a Rebibbia -, si trovava nel quarto piano D1 quando sarebbe stato picchiato selvaggiamente dagli agenti. «Gli hanno perquisito la cella, messo a soqquadro tutto e hanno calpestato la foto che ritraeva noi due – ha raccontato Teresa -, mio marito ha reagito urlandogli contro, prendendoli a parolacce».

A quel punto, secondo la versione di Giuseppe De Felice, un agente penitenziario lo avrebbe chiamato in disparte, portato sulla rampa delle scale e una decina di agenti penitenziari, senza farsi vedere in volto, lo avrebbero massacrato di botte. Il marito le ha raccontato che gli agenti avrebbero indossato dei guanti neri e una mazza bianca per picchiarlo. «Lo hanno portato in infermeria – prosegue Teresa –, ma senza visitarlo, dopodiché lo hanno messo in isolamento per un’ora».

Ora, finalmente, la visita è stata effettuata, così come cristallizzata anche nell’attuale riforma dell’ordinamento penitenziario dove si prevede che, fermo l’obbligo di referto, il medico che riscontri «segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subito violenze o maltrattamenti» deve darne comunicazione al direttore dell’istituto e al magistrato di sorveglianza.