Antonio Ingroia arriva tardi alla presentazione del suo libro Le trattative ( scritto con Piero Orsati per Imprimatur) in corso ieri all’Hotel Nazionale di Roma e spiega così il perché: «Il presidente della Camera, Roberto Fico, mi ha ricevuto affinché potessi portare alla sua attenzione il problema della mia sicurezza, visto che a maggio, dopo 27 anni, mi è stata revocata la scorta. Speravo di portarlo alla presentazione, ma mi ha detto di non potere. Ma lo ringrazio perché è stato la prima e finora unica autorità istituzionale che si è interessata alla mia sicurezza». Ma subito l’ex pm, ora avvocato, porta la discussione sulla questione principale ossia la Trattativa Stato Mafia: «I poteri occulti non sono esterni allo Stato, che si è reso complice della strategia stragista». La trattativa è «una componente fisiologica – ha ribadito Ingroia – dello Stato italiano, esso stesso potere criminale. La storia che si va raccontando per cui i mafiosi sono i cattivi con la coppola e le persone perbene appartengono allo Stato è una falsità. Coloro i quali si oppongono a questa verità ufficiale sono espulsi e ostacolati dal sistema. I veri nemici non sono i Toto Riina, i veri nemici sono all’interno dello Stato» e danneggiano «gli uomini con la schiena dritta facendo fare carriera ad al- tri magistrati e poliziotti». Ingroia nel ripercorrere i decenni di indagine sulla mafia e gli anni con Falcone e Borsellino ha puntato infatti nuovamente il dito contro il conflitto di attribuzione nei confronti dei pm palermitani sollevato nel 2012 dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «È stata quasi una pietra tombale sul nostro lavoro. Nonostante la sentenza sulla Trattativa sia la prima nella storia ad aver condannato vertici dello Stato e mafiosi, qualcuno si è salvato a causa di quel conflitto di attribuzione». E ha concluso con un appello, ossia quello «di istituire una commissione parlamentare di inchiesta sulla Trattativa Stato Mafia, che lavori seriamente». È intervenuto poi Antonio Padellaro che ha ricordato come nel 2012 il Fatto Quotidiano raccolse migliaia di firme a sostegno dei pm palermitani che indagavano sulla Trattativa: «Oggi non avremmo più quel risultato perché quella coscienza civile si è andata sgretolando a causa di una opera di disinformazione che ha cominciato a lavorare mettendo in dubbio il processo sulla Trattativa; inoltre altre emergenze si sono sovrapposte; l’opinione pubblica è infatti concentrata sull’immigrazione dove a guardar bene c’è l’azione dei poteri criminali». Togliere la scorta ad Ingroia «è la conseguenza logica, politica, morale di questo clima per cui esistono altre priorità e dove la scorta viene dati ad altri personaggi e non ad Ingroia». La presentazione è terminata con l’intervento del pm Nino Di Matteo: «Questo Paese deve capire che la lotta alla mafia è una lotta per la democrazia e che dovrebbe essere quella principale di ciascun partito politico. Purtroppo la vita politica, a livello romano è stata profondamente condizionata da Cosa Nostra». Gli abbiamo chiesto un parere sulle motivazioni del Borsellino quater, in particolare sul passaggio in cui i giudici scrivono che dopo le stragi lo Stato ha agito portando avanti «una forte repressione del fenomeno mafioso», che quindi depotenzierebbero la sua teoria: «Non mi permetterei di dire che il suo giornale è nella categoria di coloro che scrivono boiate pazzesche ma è da rilevare che si va alla ricerca disperata di elementi che possano smentire la sentenza della Corte di Assise sulla Trattativa che invece ha dimostrato che c’è stata una reale minaccia allo Stato».