Una “manina misteriosa” ha creato grande imbarazzo la scorsa settimana a Palazzo dei Marescialli.

Tutto nasce a seguito del ricorso al Tar del Lazio presentato dal giudice presso la Corte di Cassazione Renato Grillo. Il magistrato, “vittima” della famigerata legge 11 agosto 2014 n. 114 che, come noto, ha abbassato fra le polemiche dell’Anm l’età massima per il trattenimento in servizio delle toghe, portandola da 75 a 70 anni, era stato collocato in pensione il 21 dicembre scorso dal Csm per sopraggiunti limiti di età.

La toga, considerato che il Governo aveva però deciso di prorogare in servizio, per un anno ancora, solo i magistrati con funzioni apicali presso la Corte di Cassazione e la Procura Generale che non avessero compiuto il settantaduesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016, aveva deciso di impugnare il provvedimento di congedo del Csm. Secondo Grillo, infatti, la proroga differenziava «senza alcuna giustificazione, il trattamento dei magistrati del medesimo ufficio, in ragione delle rispettive funzioni, finendo, per di più, per riproporre un’anacronistica gerarchia, oggi contraria all’ordinamento giudiziario e prima ancora al principio di pari dignità delle funzioni giudiziarie ( art. 107, comma 3, Cost.)».

Sul decreto che stabiliva la proroga per i soli vertici di piazza Cavour, il Csm aveva espresso a settembre un suo parere, rilevandone profili di illegittimità costituzionale. Il 22 febbraio scorso, però, il Plenum aveva dato mandato all’Avvocatura di Stato di resistere in giudizio sul ricorso presentato dal giudice Grillo, insistendo per «l’infondatezza dell’eccezione di costituzionalità».

Qualcuno fra i consiglieri, allora, deve aver fatto notare che il Csm, dando queste “istruzioni” all’Avvocatura di Stato, stava semplicemente smentendo se stesso a distanza di poche settimane. Anche perché, in analoghi ricorsi presentati da parte di magistrati che non avevo accettato il pensionamento forzato voluto dall’ex premier Matteo Renzi, le “istruzioni” erano state diverse.

Su richiesta in Quarta commissione da parte dei togati Ercole Aprile e Piergiorgio Morosini si è deciso quindi di fare subito marcia indietro. Votando l’altro giorno una nuova delibera in cui ci si rimetteva alla decisine del giudice amministrativo sulla eventuale questione di costituzionalità sollevata da Grillo. Immediatamente è partita la caccia a chi avesse inserito nella prima delibera, come indicazioni per l’Avvocatura di Stato, di insistere per l’infondatezza dell’eccezione di costituzionalità.

I consiglieri di Area a Palazzo dei Marescialli, riguardo la prima delibera, parlano di una votazione avvenuta «senza speci- fica ed approfondita discussione». Fatto è che il tema delle pensioni dei magistrati resta un nervo scoperto. Soprattutto perché, beneficiari del decreto di proroga dello scorso anno, sono stati il Primo Presidente della Corte di Cassazione ed il Procuratore generale, entrambi membri di diritto del Csm.