Nel 1931 lo scrittore russo Ilya Ehrenburg spiegò perché aveva rinunciato alla suggestione di scrivere un romanzo sulla vita di Buenaventura Durruti, il più popolare tra i leader dell'anarchismo spagnolo, terrorista, combattente e capopolo, destinato a cadere cinque anni più tardi, il 20 novembre 1936 nella battaglia di Madrid: «Mai nessuno si sarebbe deciso a raccontare la storia della sua vita: somigliava troppo a un romanzo d'avventure». Qualcuno invece ci provò, ma molti decenni dopo, nel 1972. Hans Magnus Enzensberger dedicò alla incredibile parabola di Durruti un libro ancora oggi famoso,  La breve estate dell'anarchia, ma nemmeno lui osò cimentarsi col romanzo propriamente detto, compito troppo arduo per una vita che nella sua realtà andava già molto oltre i confini del romanzo d'avventure. Redasse invece un collage di testimonianze dirette, legate dal filo di cinque glosse storiche che ricostruivano il contesto.Nominare Buenaventura Durruti vuol dire automaticamente parlare anche di Francisco Ascaso, il suo gemello politico e militare, uguale e opposto. Esuberante e gigantesco il primo, sottile e gelido il secondo, ucciso 4 mesi prima nella difesa di Barcellona. Avevano fatto tutto insieme l'operaio Durruti e il cameriere Ascaso. Erano la testa e l'anima di "Los Solidarios", il gruppo armato anarchico che a partire dal 1917 aveva risposto col terrore al terrore bianco delle bande armate dagli industriali della Catalogna, "Los Pistoleros". Cercare di ricostruire metodicamente le loro biografie è un'impresa impossibile. Incarcerati o deportati una ventina di volte, condannati a morte in un una quantità di Paesi, vagabondi della rivoluzione in eterna peregrinazione: Parigi, Bruxelles, Argentina, Cile, Cuba, Uruguay, Germania. Impossibile anche stabilire di quante rapine e attentati siano stati davvero autori. Indicarli come colpevoli era diventata un'abitudine: ogni assalto a una banca, ogni omicidio politico venivano addossati ad Ascaso e Durruti, persino quando si trovavano in prigione.Di certo furono Los Solidarios a organizzare l'attentato in cui perse la vita nel marzo 1821 il primo ministro Eduardo Dato, responsabile della feroce repressione contro gli anarchici degli anni precedenti, a uccidere a Saragozza il cardinale Soldevila, grande finanziatore dei Pistoleros e a tentare l'attentato contro il re di Spagna Alfonso XIII, durante la sua visita a Parigi. Di certo portarono a termine in Europa e America latina decine di rapine, i cui proventi servivano non solo a finanziare le organizzazioni anarchiche ma anche a inseguire il sogno di fondare in ogni grande città una casa editrice e una biblioteca anarchiche.In tasca Los Solidarios non si mettevano un soldo e la Cnt, il sindacato anarchico fortissimo soprattutto in Catalogna, non pagava nessuno. La madre di Durruti ironizzava sul fatto che i giornali parlassero in continuazione delle rapine compiute dal pargolo, il quale però si presentava puntualmente in stracci chiedendo rammendi di fortuna agli abiti. Del resto per tutta la vita e in tutte le numerose città del mondo dove si trovarono a vivere lui e Ascaso lavorarono sempre, come operai o camerieri, alternando l'attività armata a quella di onesti proletari. Era la morale anarchica, per molti versi strettamente affine a quella religiosa che pure odiavano e combattevano.Los Solidarios erano senza dubbio un gruppo terrorista. Garcia Oliver, che con Ascaso, Durruti e Gregorio Jover formava il nucleo duro del gruppo e che fu ministro della Giustizia nel governo repubblicano di Largo Caballero, ne parlava senza mezzi termini come dei «migliori terroristi della classe operaia, quelli che meglio sapevano rispondere colpo su colpo al terrorismo bianco anti-proletario». Ma era un modello di terrorismo forse unico nella storia, per nulla staccato dalla lotta di massa e dalla direzione politica. Durruti e Ascaso erano allo stesso tempo gente di mano che organizzava ed eseguiva di persona le azioni armate, capipopolo adorati dagli operai e principali leader politici della Cnt-Fai il sindacato e l'organizzazione degli anarchici.Un simile gruppo poteva nascere e crescere solo nel quadro dell'anarchismo di Spagna, l'unico Paese dove gli anarchici erano egemoni a fronte di una sinistra marxista e comunista quasi inesistente. Furono gli anarchici, dopo l'instaurazione della Repubblica, a decretare la vittoria dei partiti centristi, rifiutandosi di votare. Furono gli anarchici a innescare le continue rivolte che si susseguirono nei cinque anni della Repubblica prima del golpe, anche se alla fine gli stessi socialisti di Largo Caballero scelsero di tentare un'insurrezione nelle Asturie, la loro roccaforte, che finì in un bagno di sangue operaio. Furono ancora gli anarchici, votando, a far pendere la bilancia a favore della sinistra nelle elezioni del '36.La Cnt scelse di votare, sia pur senza dirlo apertamente, perché c'era in ballo la liberazione di 30mila anarchici detenuti ma anche per un ragionamento a modo suo lucido e del tutto coerente con la visione messianica, incapace di tatticismi, ignara della mediazioni ma per questo anche limpida e molto più protetta dalle degenerazioni sovietiche, dell'anarchismo spagnolo: se vincerà la destra ci sarà l'insurrezione, se vincerà la sinistra il pronunciamiento sarà dei generali. In ogni caso si arriverà alla guerra civile. In ogni caso sarà Rivoluzione. Infine furono ancora gli anarchici a impedire che, contro ogni previsione dei "quattro generali", che Barcellona cadesse subito dopo il golpe.Dopo la morte di Ascaso, che tra i due era quello con l'intelligenza più strategica, e con Barcellona in mano alla Cnt, Durruti entrò nel governo della città, Ci rimase pochissimo. Non aveva il carattere del funzionario o del ministro: organizzò una colonna anarchica, marciò verso Saragozza, poi si rivolse a Madrid presa d'assalto. La sua morte è stata a lungo circondata di mistero. Ufficialmente a ucciderlo era stato un cecchino appostato ai piani alti dell'università, dove si combatteva letteralmente piano per piano, con i fascisti in alto e i repubblicani in basso. Fu subito evidente che si trattava di una verità di propaganda: molti pensavano che a sparare fossero stati i comunisti, già ai ferri corti con gli anarchici, altri scommettevano sulle fazioni anarchiche ostili alla scelta di collaborare con comunisti e repubblicani moderati.La versione oggi più accreditata, confermata dai testimoni oculari dice che a uccidere Durruti fu un colpo partito dal suo stesso mitra. Il grilletto s'impigliò mentre scendeva dalla macchina e l'uomo che viveva con le armi in pugno da vent'anni e che le armi conosceva a menadito era anche tanto sicuro di sé e sbrigativo da non tenere mai la canna puntata verso il basso. Una fine che a modo suo suona come metafora della grandezza e della debolezza dell'anarchismo spagnolo. Come i funerali, che si svolsero il giorno dopo a Barcellona: immensi, partecipati come mai prima ma tanto caotici che alla fine si dovette rinunciare all'inumazione. Segnarono la fine della "breve estate dell'anarchia". Nella storia sanguinosa della lotta di classe nel XX secolo non è una pagina poco gloriosa.