Tra gli argomenti polemici che hanno fatto da sfondo alla campagna elettorale per le elezioni amministrative a Roma c'è stata quella sull'opportunità di ospitare i prossimi giochi olimpici nella capitale. Non si capisce ancora se la sindaca di Roma Virginia Raggi abbia deciso in merito, sembrerebbe ad oggi che potrebbe lasciare il verdetto al risultato di un referendum popolare e comunque l'inquilina del Campidoglio non sembra avere nessuna fretta di sciogliere il dubbio. Le olimpiadi non sono all'ordine del giorno. Vedremo. Detto questo tra i motivi per cui Roma avrebbe dovuto ospitare i giochi olimpici ? a parte quelli più prosaici degli affari e delle opportunità di sviluppo - c'è anche quello che le olimpiadi sarebbero uno strumento di pace e di affratellamento tra i popoli. Un luogo comune retorico, un'affermazione che se non è falsa non è nemmeno vera. Nella lunga storia delle moderne olimpiadi infatti, al di là di singoli episodi di affratellamento, non si ricorda una guerra interrotta, una distensione internazionale nata all'ombra degli allori e dei cerchi di Olimpia. Tanto che viene addirittura da domandarsi se questa storia dello spirito olimpico sia addirittura un equivoco. Le ultime olimpiadi di Londra, per dire, si sono svolte in stato d'assedio: il governo Cameron e l'amministrazione cittadina avevano predisposto un dispiegamento di forze dell'ordine imponente: più di 30 mila persone addette alla sicurezza e alla vigilanza, di cui 7500 militari disposti ad arte di discrezione per non dare nell'occhio ma onnipresenti e preparati a ogni evenienza. La città è stata continuamente sorvolata da elicotteri, jet pronti a partire dagli aeroporti militari e missili terra aria in rampa di gittata sui tetti nell'ipotesi di attacchi terroristici dal cielo. Insomma non sembrava proprio che sulla capitale inglese fosse sceso il sacro spirito di Olimpia, almeno per come intendiamo oggi questo concetto. E non bastano le "operazione decoro" che ormai vengono allestite ogni volta per ripulire e rendere presentabili ai media i fazzoletti di città coinvolti nelle manifestazioni sportive, per creare un'atmosfera che solo minimamente gli somigli. I grandi tendoni dentro i quali a Londra sono stati alloggiati senzatetto, ubriachi e tossicodipendenti avevano solo tolto alla vista il degrado metropolitano londinese e spalmato una sottile vernice umanitaria sull'evento, ma insomma è un po' poco. Questo a Londra, l'epicentro dell'ultimo grande evento olimpico, dove per ovvi motivi si tentava almeno di dare una degna cornice all'imponente coreografia trasmessa in mondovisione sabato sera in apertura dei giochi olimpici. Ma fuori dalla Gran Bretagna il mondo non si lasciava condizionare dalle olimpiadi.L'Europa continuava a consumarsi in una guerra economica intercontinentale che vede ancora opposte la parte settentrionale del Vecchio continente e quella mediterranea, con la novità dell'uscita proprio dell'Inghilterra dalla Unione. Per non parlare dell'incendio che avviluppa il resto del pianeta a partire dalla Siria per continuare con Afghanistan e Iraq e passando per la faglia di tensione iraniano-israeliana. Incendio che non diminuirà con l'accendersi della prossima fiamma olimpica in Brasile. Il mondo insomma non deporrà le armi e le ostilità perché ci sono le Olimpiadi: se le guarderà in televisione, tra un'impennata dello spread e un ultimatum bellico, facendo zapping tra l'ennesimo massacro in Siria e le gare di nuoto o di atletica leggera.Una fiction, una bellissima fiction, ma appunto uno spettacolo che non riuscirà ad assolvere a quella che era l'antica funzione dello spirito olimpico in un mondo al tempo stesso più semplice e complesso dell'attuale. Nell'antica Grecia le olimpiadi servivano a sospendere le ostilità per tutta la loro in una tregua stabilita chiamata Ekecheiria. Ma per capire quello che accadeva in quel mondo così lontano dal nostro tempo e dalla nostra mentalità si deve immaginare una realtà sospesa tra l'umano e il divino. Che riteneva che con i giochi scendesse sulla terra un mondo di forze superiore che sollevava gli uomini, attraverso gli atleti, il loro agonismo e le loro vittorie, al livello degli eroi e degli dei. Un rito collettivo concepibile solo in una società fortemente pervasa di sacro.Nati in Grecia nel 776 avanti Cristo i giochi si tenevano ogni quattro anni nella città di Olimpia, dove continuarono a tenersi per oltre dieci secoli per essere infine messe fuorilegge nel 393 d. C. dall'imperatore Teodosio I, assieme al Vescovo di Milano Ambrogio, dopo che il Cristianesimo era diventato la religione ufficiale dell'Impero Romano e i Giochi olimpici visti come una festa "pagana". Tempi lontani. E sarebbe ingenuo pretendere che la sacra funzione delle Olimpiadi si riaffacci in un mondo laico e secolarizzato come il nostro. Tanto più che la pace olimpica era una cosiddetta pace trionfale: la guerra cioè, che è "madre di tutte le cose" come diceva il filosofo greco Eraclito", veniva sublimata dall'agonismo dei giochi e quell'energia traeva in una dimensione sospesa e mitica. A intuire questa possibile dimensione delle olimpiadi e dello sport in generale è stato in epoca recente l'etologo e premio Nobel Konrad Lorenz che ne Gli otto peccati capitali della nostra civiltà auspicava che i giochi olimpici fossero un canale di sublimazione della violenza, un rito esorcistico contro la guerra. In realtà la modernità non è mai riuscita in questo intento. Forse perché molto lontana per mentalità da idee come il rito e la sublimazione degli istinti. E così come per un eterogenesi dei fini le Olimpiadi lungi dall'essere state foriere di pace sono sempre state un incubatore di spirito nazionalista e politicamente competitivo oltre che arena di polemiche tra potenze nemiche: basti ricordare i reciproci boicottaggi tra Usa e Urss. Lo stesso Pierre De Coubertin che richiama in vita le Olimpiadi ad Atene nel 1896 lo fa con l'occhio ammirato per la grande tradizione sportiva e atletica inglese, la stessa che, come si diceva in Francia, che aveva consentito agli inglesi di vincere a Waterloo. La chiave della rivoluzione pedagogica si trovava proprio nella tradizione sportiva anglosassone. I francesi - secondo De Coubertin - dovevano cominciare a fare altrettanto, praticando lo sport. Arriva la Prima guerra mondiale e De Coubertin la guarda in filigrana con le sue Olimpiadi. Nel 1919 alla fine del conflitto il barone francese scrive: «È lo sport che ha permesso a Stati Uniti e Inghilterra le magnifiche improvvisazioni, e l'organizzazione di eserciti che non ci aspettavamo, prontissimi a prendere le armi. Dopo avere forgiato soldati tanto straordinari, l'atletismo ha saputo mantenere alto il loro valore nel combattimento, attenuando le loro sofferenze». Una lezione ben compresa dal nazismo che usa le olimpiadi del 1936 come un esibizione di forza e di trionfo della propria volontà di potenza. Non a caso si parlò di Nazi Olympics. Negli Stati Uniti c'erano dirigenti sportivi ebrei che volevano boicottare volentieri l'appuntamento tedesco, anche se alla fine prevalse l'idea, caldeggiata da Avery Brundage presidente del Comitato olimpico statunitense, di partecipare. Lo stesso in Francia, dov'era al potere il Fronte Popolare di Léon Blum, prevalse la tendenza a partecipare. Tuttavia anche Hitler fu a lungo indeciso se ospitare i giochi, che considerava un distillato del "giudaismo internazionale". Si lasciò convincere dal suo inner circle che gli fece intravedere i vantaggi per la propaganda del regime. Ma eravamo alla vigilia della seconda guerra mondiale si dirà e la Germania nazista era una nazione bellicista. Benissimo allora facciamo un salto di qualche decennio, ai giochi olimpici del 1968 che si tengono a Città del Messico. Le Olimpiadi, grazie alla televisione, sono ormai visibili in tutto il mondo, questo le trasforma in cassa di risonanza politica straordinaria. Già prima dei Giochi a Città del Messico cominciano manifestazioni di studenti che criticavano le ingenti spese cui era andato incontro il governo per organizzare l'Olimpiade. Gli scontri che ne seguono sono di una gravità senza precedenti: 400 morti e alcune migliaia di feriti. Quasi contemporaneamente nei vicini Stati Uniti alcuni atleti di colore della squadra olimpica americana, spinti da Harry Edwards, un professore della San José State University, decidono usare il palcoscenico dei Giochi per manifestare contro il razzismo ancora vigente in alcune parti del loro paese. Tommie Smith e John Carlos, sul podio durante l'inno americano chinano il capo e salutano col pugno chiuso avvolto in un guanto nero.Quattro anni dopo, nel 1972, alle olimpiadi di Monaco otto terroristi di Settembre Nero entrano nel villaggio olimpico e uccisono due membri della squadra olimpica di Israele, prendendone in ostaggio altri nove. Chiedono in cambio del rilascio della liberazione degli ostaggi il rilascio immediato di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.Tel Aviv sceglie la linea della fermezza. All'aeroporto di Fürstenfeldbruck si consuma la tragedia: i terroristi vengono assaliti dalla polizia e fanno esplodere una bomba uccidendo tutti gli ostaggi. I giochi vengono sospesi per una giornata, per permettere una cerimonia funebre in onore degli israeliani morti. A Montreal, 1976, il copione non cambia: i venti del conflitto entrano di prepotenza anche in questa edizione dei giochi. Le nazioni africane boicottano manifestazione in segno di protesta per la presenza della Nuova Zelanda, la cui squadra nazionale di rugby aveva avuto di recente relazioni sportive con il Sudafrica dell'apartheid, a suo tempo escluso dalla famiglia olimpica. La tecnica del boicottaggio si ripete alla vigilia dei Giochi di Mosca del 1980. Nel dicembre del 1979 l'URSS aveva invaso l'Afghanistan e il presidente americano Carter minaccia il ritiro della squadra olimpica statunitense se Mosca non avesse ritirato i suoi contingenti Carter tiene fede alla minaccia e cerca di coinvolgere tutti i paesi nato. Il comitato olimpico italiano e quello inglese non seguono però le indicazioni dei governi. La guerra fredda prosegue con i giochi del 1984 a Los Angeles, dove scatta la rivalsa sovietica: tre mesi prima dell'inizio della manifestazione l'URSS annuncia la volontà di astenersi per "motivi di sicurezza", al boicottaggio aderiscono tutti i paesi del patto di Varsavia tranne la Romania e paesi extraeuropei vicini all'Urss come come Cuba, Etiopia, Corea del Nord e Afghanistan occupato. Le cose sono andate meglio con le olimpiadi del 1988 assegnate a Seul. Qui la principale complicazione venne dalla Corea del Nord, a regime comunista, che chiese al Comitato di potere ospitare sul suo territorio metà delle gare olimpiche. Di fronte all'impossibilità tecnica di una concessione ampia ? la richiesta era stata fatta solo tre mesi prima dell'inizio dei giochi - Pyongyang annunciò la sua intenzione di boicottare l'avvenimento. Cuba, Etiopia, Nicaragua e Albania si astengono per solidarietà con la Corea del Nord.Le olimpiadi dei Novanta e inizi duemila si svolgono in un mondo diverso: il muro di Berlino è caduto per un quindicennio si coltiva il sogno di mondo cosmopolita riscattato dai conflitti geopolitici anche se la guerra etnonazionalista della Jugoslavia si incaricherà di smentire presto queste speranza. E dopo di lei il terrorismo internazionale, e le tensioni interne ai pesi ospitanti. Insomma non ci si facciano troppe illusioni sui benefici dello spirito olimpico. Non sarà un'antica festa pagana a portare la pace al mondo. Limitiamoci a godere lo spettacolo.