A far cadere il velo dell’unità basta la sconfitta in Basilicata. Il secondo posto ottenuto dalla coalizione di centrosinistra, con il simbolo del Pd nascosto dietro a una selva di liste civiche, non va giù proprio giù ai renziani, che scelgono di punzecchiare il neo segretario Nicola Zingaretti a colpi di tweet e post su Facebook. I seguaci dell’ex premier non apprezzano, in particolare, il tono trionfalistico in cui il governatore affronta la perdita di una roccaforte di centrosinistra dopo 24 anni di dominio ininterrotto. «La Basilicata conferma che l'alternativa a Salvini e al centrodestra siamo noi. Neanche questo era scontato», commenta il presidente del Lazio, omettendo di ricordare che il suo partito, accorpato alla lista “Comunità democratiche” non va oltre l’ 8 per cento.

Molto più modesto il commento del candidato dem sconfitto, Carlo Treorotola, che ammette di essere deluso dal risultato. «Certamente mi aspettavo un dato migliore: in tutte le cose che faccio io sono abituato a correre per vincere», dice il candidato individuato all’ultimo minuto dal Pd. «Posso dire che abbiamo perso con dignità. Abbiamo fatto quanto di meglio potevamo fare. Avendo più tempo ci sarebbe stato il modo di farci conoscere meglio», aggiunge Trerotola.

Ma ai renziani non basta, la disfatta lucana è il segnale che la minoranza attendeva per scagliarsi contro il leader. Ad aprire le danze è Anna Ascani, vice presidente dell'Assemblea Pd e candidata in ticket con Roberto Giachetti alle primarie, che su Twitter ironizza: «Friuli, Trento, Molise, Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Alla sesta volta credo che persino il grande Toto Cutugno abbia smesso di esultare per il 2 º posto. Noi abbiamo intenzione di andare avanti parecchio?», si chiede l’esponente dem, paragonando il suo partito sullo stesso livello di chi non riesce mai a vincere una competizione, canora in questo caso, nonostante l’enorme popolarità. Non basta portare ai gazebo un milione e mezzo di elettori e ottenere una maggioranza schiacciante, sembra il messaggio recapitato al segretario, bisogna trasformare quella popolarità in vittoria elettorale. E benché si tratti del primo responso delle urne in epoca zingarettiana, i seguaci dell’ex presidente del consiglio non sembrano disposti a concedere nulla al nuovo capo del Pd.

Lo conferma il tweet di un altro fedelissimo dell’ex sindaco di Firenze, il deputato Luciano Nobili. «Da quando Matteo Renzi si è dimesso abbiamo perso Friuli, Molise, Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Trento e Bolzano», scrive sui social l’esponente dem sponsor di Roberto Giachetti alle ultime primarie. «Ma il problema era il carattere di Renzi, ovvio. E finalmente oggi, senza di lui, tutti felici per il secondo posto in Basilicata: felici e perdenti», spiega Nobili, ribadendo il concetto già espresso da Ascani.

A osservare il risultato da un’altra prospettiva interviene Marco Miccoli, coordinatore nazionale della comunicazione del Pd, che aggrega i dati e spiega su Facebook: «Delle 7 liste di centrosinistra a sostegno di Carlo Trerotola, 4 erano di area Pd e civici. Complessivamente, a scrutinio quasi terminato, raggiungono un dato superiore al 23 per cento», spiega. «Il Pd alle politiche 2018 aveva ottenuto il 16,38 per cento. Il centrosinistra invece passa, sempre rispetto alle politiche 2018, dal 26 per cento al 33 per cento, compiendo un balzo in avanti del 7 per cento», argomenta Miccoli, la cui visione però non convince affatto la minoranza.

E tra gli interventi ostili al nuovo segretario c’è anche quello di Francesca Barracciu, ex sottosegretaria ed europarlamentare costretta alle dimissioni dopo un’accusa di peculato che le è costata una condanna a quattro anni di carcere. «Pare che quando i sondaggi danno il Pd in ripresa, il merito sia già di Nicola Zingaretti», scrive su Twitter, «quando, invece, il Pd e il cosiddetto “campo largo” del cs incassano sconfitte storiche come in Basilicata, Zinga non c’entri perché è segretario solo 20 giorni», scrive Barracciu, puntando il dito contro il nuovo corso. Perché nel Pd le asce da guerra non si sotterrano mai, al massimo si mettono sotto il cuscino, sempre pronte all’uso.