Con l’approvazione all’unanimità, nella commissione Giustizia di Montecitorio, del mandato alle relatrici (Carolina Varchi di Fratelli d’Italia, e Ingrid Bisa della Lega), per l’AC 338 su “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, si avvia un percorso che potrebbe essere foriero, in questa legislatura, di importanti novità per il mondo delle professioni, come annuncia Francesco Paolo Sisto, viceministro alla Giustizia, con delega sulle professioni, ed esponente Forza Italia.

Viceministro Sisto, la procedura per l’approvazione del tanto atteso provvedimento sull’equo compenso è partita. Quali sono ora le prossime tappe e con quali tempi?

Il prossimo passaggio è ovviamente l’aula di Montecitorio, e visto il ‘via libera’ alle due relatrici da parte di tutte le forze politiche, si può ben sperare che l’approvazione in prima lettura dell’AC 338 sia rapida. A quel punto, vista la maturità dimostrata ad oggi da tutti i partiti, è ragionevole attendersi altrettanta saggezza a Palazzo Madama, con il risultato che lo stesso impegno consenta una celere approvazione, auspicabilmente senza modifiche, delle norme sull’equo compenso, così da poterle pubblicare in Gazzetta Ufficiale quanto prima. Detto questo, è prematuro ipotizzare con precisione, i tempi in cui la legge di tutela della remunerazione nelle professioni entrerà in vigore.

Ritiene che vi sia necessità di interventi modificativi o esplicativi della legislazione sull’equo compenso, considerate alcune perplessità sollevate su questo testo nella precedente legislatura?

Premesso che l’approvazione dell’attuale proposta di legge va considerata un grande risultato, per cui l’obiettivo primario per il Governo è che il Parlamento la licenzi, è innegabile che vi siano due questioni lasciate aperte dal testo attualmente all’esame del Parlamento: le sanzioni che gli Ordini delle professioni devono infliggere ai propri iscritti che non rispettino le disposizioni della legge sull’equo compenso, e il fatto che la norma non si applichi ai professionisti non ordinistici, circostanza quest’ultima che rischia di creare i presupposti per una concorrenza sleale a vantaggio di coloro che non sono iscritti ad un Ordine professionale. Se la prima questione può, e deve, essere vista anche come motivo di autodifesa del libero professionista nei confronti di un committente che fa pressioni per condizioni remunerative non eque, giacché il lavoratore ben può appellarsi al rischio di essere soggetto a sanzioni disciplinari per non accettarle, l’impatto della seconda potrebbe essere attutito mediante l'applicazione del disposto degli articoli 3 e 5 dell’AC 338, così affidando alla vigilanza e all’iniziativa degli Ordini professionali il compito di eccepire, magari giudizialmente, la nullità delle clausole contrarie ai principi dell’equo compenso, anche relativamente agli accordi tra committente e professionisti non ordinistici. Avvieremo comunque un dialogo con le rappresentanze di tutte le professioni, e in quella sede si potrà valutare se saranno necessari interventi di normazione secondaria, che possano consentire l’applicazione delle disposizioni sll’equo compenso con le modalità più adeguate alla realtà fenomenica.

Quali altri provvedimenti per il mondo delle professioni il suo dicastero sta predisponendo?

Un tema che mi sta a cuore è quello dell’avviamento dei giovani alla professione, e quindi della relativa formazione nelle università. Oggi i neolaureati in Giurisprudenza si trovano subito dopo la laurea alle prese con concorsi e tirocini professionali senza che nel corso degli studi abbiano avuto alcuna occasione di conoscere alcunché che possa prepararli e orientarli. Credo che, per colmare questa lacuna, possa essere utile prevedere dei percorsi di approfondimento, da inserire nei corsi universitari, in modo da facilitare conoscenze e scelte. Abbiamo, a tale proposito, dato la disponibilità a un dialogo con le università.

Considerato che lei, viceministro, è anche un avvocato, ritiene possibile l’inserimento della figura dell’avvocato nella Costituzione, quale garante dei diritti costituzionali alla difesa, modificando a questo scopo l’articolo 111, come preconizzato dal disegno di legge AS 1199, presentato nel 2019 dai senatori Patuanelli e Romeo?

La riforma è sicuramente auspicabile, anche se non semplice, come tutte le modifiche alla Costituzione. Va detto però che già l’articolo 24 della Carta, prevedendo la possibilità per tutti di tutelare i propri diritti e interessi legittimi, in un contesto di sacra inviolabilità, sancisce il ruolo fondamentale e strutturale dell’avvocato, non potendoci essere tutela giuridica senza una difesa tecnica. Al di là della legittima pretesa di ingresso nel lessico costituzionale, ritengo che la principale battaglia vada condotta su un piano strettamente operativo: tutelare i diritti, la dignità, il decoro, anche chiedendo fortemente maggiore rispetto per la funzione. È di questi giorni la pretesa, esternata in una proposta di legge a firma del senatore Roberto Scarpinato, ex pm e parlamentare del M5S, di consentire le intercettazioni senza limiti dei difensori: impedire scempi di tale gravità sarà, come quello di evitare che l’efficienza significhi "tagli" alle prerogative della difesa stessa, uno dei compiti di un Parlamento che voglia essere costituzionalmente rispettoso.